Quando l’allievo supera il maestro. Oppure no



Si potrebbe dire della fotografia ciò che Hegel diceva della filosofia: «Nessun’altra arte, nessun’altra scienza è esposta a così supremo disprezzo che chiunque presume di possederla d’un tratto»[1]

Gorgogliante acqua appena sgorgata, l’inesperienza giovanile cerca un maestro da seguire con modestia per colmare lacune e scorrere verso il successo. Il maestro acuisce lo sguardo sulle giovani potenzialità per forgiarle in uno stile consapevole. Maestri sconosciuti di allievi famosi, allievi poco noti di famigerati maestri. Esempi.

Eugène Atget (1857 Bordeaux – 1927 Parigi)
Le vedute deserte ammaliano i surrealisti, sedotti dall’aspetto straniante degli spazi ordinari fotografati da Atget. I bianchi slavati nelle sue stampe, dovuti probabilmente a uno sviluppo sbrigativo, conferiscono un alone di mistero alle sue scene.
Oltre 10.000 scatti, eseguiti tra il 1897 e il 1927, raccontano la Vieux Paris antecedente alle trasformazioni urbane imposte dal barone Haussmann: vecchie case, chiese, strade, la fotocamera, dal cui lavoro siamo in grado di tessere una grande arazzo della civiltà francese. Alla morte del maestro, Abbott acquista parte del suo archivio contribuendo alla diffusione del suo lavoro negli stati Uniti attraverso saggi e libri fotografici.

Berenice Abbott (Springfield 1898 – Monson 1991)
Assistente di Man Ray a Parigi, nel 1925 conosce l’anziano Atget e lo elegge proprio maestro. Tornata a New York, fotografa gli edifici di Manhattan con la stessa attenzione diligente che aveva ammirato nel lavoro del fotografo francese. La fotografia è selettività. Per compiere un percorso, si deve avere una direzione, e in realtà l’occhio non è più importante della filosofia che lo guida[2].



Yva (Else Ernestine Neuländer Berlino 1900 – Lublino 1944)
Giovane stella della fotografia di moda berlinese, nei primi anni Trenta partecipa a mostre fotografiche internazionali a Roma, Londra e Parigi. La donna dinamica, elegante, misteriosa e sensuale è protagonista delle sue immagini. Conscia del potenziale economico dell’attività fotografica, decide di ingrandire il suo studio proprio mentre Hitler ordina di chiudere tutte le attività commerciali degli ebrei. Nel 1936 Yva assume il giovane assistente Helmut Neustädter, futuro Helmut Newton. Ma due anni dopo viene deportata in un campo di concentramento a Lublino. Gran parte del suo lavoro è andato distrutto.

Helmut Newton (Berlino 1920 – Los Angeles 2004)
Di famiglia ebraica, si forma presso lo studio della fotografa di moda Yva fino al 1938 quando lascia Berlino e si rifugia a Singapore per poi stabilirsi in Australia. Tra gli anni Sessanta e Settanta raggiunge l’apice del successo a Parigi, Londra, Montecarlo e Los Angeles lavorando per importanti riviste di moda: Vogue, Marie Claire, Vanity Fair, Harper’s Bazaar, GQ.
Donne alte, giunoniche, imponenti, sensuali ma prive di emozione. Tutto è algidamente controllato. “Nelle mie foto non c’è emozione. È tutto molto freddo, volutamente freddo.” 
Newton divide la critica tra chi lo ammira per la tecnica e l’audacia e chi, come Susan Sontag, lo accusa apertamente di misoginia. Le donne che ritrae assumono un ruolo di potere o restano meri oggetti sessuali?



Lisette Model (Elise Amelie Felicie Stern Vienna 1901 – New York 1983)
Il linguaggio schietto delle sue immagini accentua le imperfezioni evitando che lo sguardo giudicante rubi spazio all’espressività dirompente dei soggetti. La Model disvela la realtà guardandola senza filtri sociali: le spiagge di Coney Island, i jazz club e l’accidiosa ricchezza della Fifth Avenue si traducono in immagini che occhieggiano la caricatura. Nuove immagini ci circondano dappertutto. Sono invisibili solo a causa di una sterile routine di convenzione e paura.

Diane Arbus (New York 1923 – 1971)
Nel 1956 abbandona la moda e lo studio del marito Allan per iscriversi a un corso della fotografa Lisette Model. Sii specifica. Più si è specifici, più si abbraccia il generale.
Grazie a questo suggerimento, lo sguardo della Arbus si concentra su ciò che è diverso, imbarazzante, sgradevole, brutto. Nello scattare i ritratti, non cerca di abbellire i soggetti, ma di provocarli. Nasce così la celebre Child with a toy hand grenade in Central Park(1962). La sequenza dei provini evidenzia l’espressione rilassata e perfino sorridente del soggetto finché, spazientito dalla lungaggine della sessione fotografica, intima aggressivamente alla fotografa di darsi una mossa. La Arbus non fotografa solo personaggi eccentrici e freaks, ma esegue ritratti su commissione e produce un corposo archivio di fotografie scattate per le strade di New York.



Walker Evans (St. Louis 1903 – New Haven 1975)
Il volume American Photographs (1938) accompagna la mostra di Evans al MoMA. Con uno stile senza compromessi, testimonia le condizioni di lavoratori e disoccupati negli stati del sud durante la grande depressione.L’immaginario del sogno americano viene rovesciato in una realtà di vagabondi, agricoltori alla fame, stazioni di servizio, periferie.

Robert Frank (Zurigo, 1924 – Inverness, 2019)
Nel 1955 Walker Evans lo incoraggia a concorrere alla borsa Guggenheim per la fotografia con questa motivazione: «Quando un osservatore americano viaggia all’estero, i suoi occhi vedono in modo nuovo e fresco e può essere vero l’inverso, quando un occhio europeo vede gli Stati Uniti… Voglio realizzare fotografie che possano fare a meno di parole e rendere inutile ogni spiegazione». Dopo aver attraversato quarantotto Stati, Frank seleziona ottantatré fotografie e le pubblica in Francia (Les Americains). La successiva edizione americana vanta però l’introduzione beat di Jack Kerouac. The Americans viene criticato per le sottoesposizioni, le inquadrature sbilenche e le sfocature ma Frank non è interessato a un’immagine tecnicamente esemplare. Nell’unicum narrativo di una sequenza di immagini, descrive la propria inquietudine nei confronti dell’American way of life: consumista, conformista, razzista.



Note
[1] P.Bourdieu, Un’arte media. Saggio sugli usi sociali della fotografia, Meltemi 2018
[2] R. Valtorta, Il pensiero dei fotografi. Un percorso nella storia della fotografia dalle origini a oggi, Bruno Mondadori 2008 p.119

di Anna Laviosa

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