Chi è il musicista? E dove arriva? L’evasione dall’ego per un’arte mite
«Il mite, quando la singolarità è modellata dal tempo. La mitezza del carattere va spesso fino all’indecisione. Non ci si sente la forza di procedere decisi. Mille dubbi sorgono, ma non si ha neppur voglia di ritirarsi e si tentenna indecisi. In tal caso una militare risolutezza è la cosa giusta; cioè che si compia risolutamente ciò che l’ordine richiede. Disciplina risoluta è molto meglio che indecisa indisciplina».
Essere risoluti è come leggere al di là del testo scritto, trarre informazioni non esplicite e dare il colpo di spada all’improvviso. Prendere in mano la radio che tormenta la testa, infilarsi in bocca il resto del cibo, inviare quel messaggio così com’è, tirando fuori la somma di ciò che siamo.
Sopra di noi il suono del tempo che non ci guarda, imperterrito, distante, forse un po’ assopito. Continua la sua mansione, non si smuove, nemmeno ci prova, nemmeno lo vuole. Il nostro volere così com’è, basta: siamo la moltitudine e non vogliamo renderci conto del vero e unico che ci rappresenta. Inglobiamo la moltitudine, vagliamo il resto del mondo superficialmente, citiamo tutti citando noi stessi.
La Musica non è diversa dalle altre forme d’espressione: pensa al tempo, vibra dunque si muove, non ci mostra altro che il nudo dell’ego. Ci convoglia in un imbuto, al tempo stesso grande e piccolo, dove le possibilità espressive incontrano quel signor tempo, assopito lì dov’è, schivo e saccente. Siamo tutti schiavi del tempo quando incontriamo la Musica: il suono ci accende, spargendo tutte le nostre conquiste porta con sé quel che ci appartiene. Il musicante nuota e scala, corre e cade, spera di non dovere troppo al tempo, oggi. Ha ragione il Libro dei Mutamenti, non vi è alcuna idea di stabilità: non sembra mite colui che crea la vibrazione, la materia dello strumento piomba su di lui, lo porta lì dove il malato chiede di non essere toccato. È un tuono, un’energia elettrica, carica di morte e feci. L’abisso.
Il musicista chi è? Dove arriva? Porta se stesso dove il potere subliminale tendeva a sottovalutarlo. Chi porta propositi simili deve necessariamente qualcosa al tempo; il tempo non è mite. Propizio è avere dove recarsi. Per colui che suona, appare così evidente dove recarsi, dove spezzare una lancia in favore del proprio mestiere, proprio come me ora. Come fare, piuttosto, per raggiungere, perchè no geograficamente, il momento, quell’attimo dove ciascuno trova la propria persona, nascosta da sempre? Cosa serve per tale obiettivo? Lo sento o lo vedo?
Nell’avanzare e nel cedere, è propizia la perseveranza del guerriero. Ecco qui chi dobbiamo interpellare: prima l’energia, prima di tutto il tenore energetico, innanzitutto una sorta di prestanza. Già qui ci fermiamo e riflettiamo: quanta ne ho? È abbastanza? So davvero quanta me ne serve? Tutte domande che ci si pone troppo tardi, quando ormai molte sfide sono state già affrontate con le dovute conseguenze. Meno male, forse. Questa grande arte regala e insegna prima di tutto consapevolezza, con un prezzo da pagare. Ogni singola scoperta sarà più che mai sofferta, sempre un goccio in più di quella precedente, sempre quel tocco in più da diventare insostenibile, facile a sovrastare l’ego. Energia per sopportare tali scossoni ce n’è molta, ma non basta a portare costantemente informazioni per un lineare processo di miglioramento. Il mio argomento, questa volta, è proprio lei: l’energia che, come il vento, dà aria al nostro ingranaggio e che, come il vento, muoverà e creerà vibrazioni. Energia e vibrazione.
Tutto il nostro percorso, e qui non mi rivolgo solo al mondo della musica, è labile e sottile, nonché estremamente breve, per nulla tangibile. Più passa il tempo più ce ne si rende conto: e allora ha davvero senso utilizzare vagonate di energia per un proposito così particolarmente astratto come la musica? Voi avete mai toccato una nota? Avete mai avuto un rapporto fisico con la musica? Il paradosso allora è presto consumato. Il musicista sforzerà il proprio fisico, spenderà ingenti quantità di energia mentale per produrre una vibrazione: questa non verrà mai toccata, bensì sempre solo percepita in un mix sensoriale. Ebbene certo che sì, tutto questo ha una vera ragione d’essere, possiede una commistione di chiare motivazioni per essere cavalcato.
Il percorso che metto per iscritto vorrà dunque dare una visione degli elementi circondanti il musicista, la Musica, il suono e la produzione di vibrazioni. Tutto nel tempo, a tempo.
È bene dunque partire con una pericolosa ma utile svolta, una nuova considerazione che alleggerirà il cammino: la musica è bellezza, la bellezza è intangibile. Il cammino non avrà mai e poi mai a che fare con il concreto, con un vero e proprio prodotto fisico da consegnare all’interlocutore. L’unica materia tangibile è lo strumento musicale che quasi impercettibilmente vibra. La nostra vita, dunque, sarà un cammino di astrazione: per quanto mi riguarda serve costruirsi dei validi motivi, moti interiori che diano un alto valore filosofico al nostro agire. A dire la verità credo sia facile trovarne almeno uno, non credo di essere il solo a ritenere che la causa dell’arte abbia sempre ragione di esistere, ora più che mai. Siamo infatti in un’epoca in cui, nonostante non ce ne dovrebbe essere il bisogno, è fondamentale auto supportarsi, credere in se stessi e far confluire sostanziosi blocchi di energia verso un equilibrio di idee, chiarezza di intenti, solidità. Capiterà che verremo messi in discussione dal prossimo o da considerazioni interne: bisogna avere radici salde e autonomia motivazionale di scorta per queste occasioni.
La figura del musicista mite può essere quindi mostrata prendendo in considerazione le sue connotazioni meno note, quelle che muovono l’intero pacchetto emotivo a poco a poco, in versione tartaruga saggia e ricercatrice in costante studio necessario al perseguimento di un ben più noto alto obiettivo.
Sotto le mentite spoglie di una figura eccentrica, o magari semplicemente abbastanza sicura da frequentare abitualmente un palco mostrando ad un pubblico le proprie capacità, prende forma un ricercatore di se stesso che grazie alla Musica accantona i crismi di un desiderio egocentrico, spostando piuttosto le problematiche altrove. Dove?
Verso un equilibrio di sonorità estremamente complesso, verso il dialogo costante con il collega e l’ascoltatore, verso l’amore per i grandi esponenti, le grandi opere, verso il mondo di possibili competenze utilizzabili in modo estemporaneo o meno. La ricerca è l’autostrada da solcare, ma la motivazione, come si diceva in precedenza, cerca di essere un’altra ancora. Nella mia possibilmente modesta opinione, ciò che fa percorrere quest’autostrada, l’automobile che la solca, è un pensiero che mai potrà essere anacronistico: il desiderio di portare al mondo intero almeno una forma d’arte, ovunque e in qualunque forma possibile. Per essere più chiari, l’interesse nel non avere alcune mire espansionistiche personali, bensì quelle della nostra forma d’espressione: accantonare una visione capitalista e arrivista del proprio lavoro, versione che oggi tende invece ad andare per la maggiore, in favore di un concetto che evade dall’ego. La nostra persona non è l’elemento destinato a risplendere e diffondersi, ma la nostra arte. Siamo dunque lo scheletro, la struttura portante di un’idea, siamo il mezzo di comunicazione che come un’ape impollina di fiore in fiore rappresentando principi di riproduzione, fertilità, divulgazione, vita. Vogliamo essere ovunque.
Questa la ricerca di un mestiere antico, ormai vago e fluttuante nell’ombra di una società che porta le persone verso ben altri interessi e valori. L’importante è, forse, fare pace col tempo, mantenere una docile serenità, possibilmente descrivibile come mitezza. La calma, il desiderio di non coltivare per sé ma per l’arte, la consapevolezza seppur vaga dell’infinito, del percorso di ricerca, il proposito di diffusione, la stabilità e fermezza interiore: mitezza.
Vorrei concludere con due brevi citazioni di Theodor Adorno, importante filosofo, sociologo e musicologo del secolo scorso. Entrambe non possono fare altro che far riflettere.
«L’arte è magia liberata dalla menzogna di essere verità».
«Dietro ogni opera d’arte giace un crimine non commesso».