Il vento solare

Il Solar Probe Plus della NASA affronta la bolla di plasma con cui il Sole abbraccia l’intero sistema planetario

Il Sole non ha bisogno di presentazioni. Da sempre riferimento per le culture più diverse sparpagliate sul nostro pianeta, tutte ne hanno inevitabilmente colto la fondamentale importanza per lo sviluppo della vita sulla Terra e l’hanno venerato fin dai tempi più antichi. Guardiamo il mondo con gli occhi dell’uomo primitivo: il Sole non sarebbe altro che un enorme cerchio luminoso che ogni giorno compare all’orizzonte, sale fino al punto più alto del cielo e poi torna a coricarsi. In questa prospettiva, esso si rivela divino e umano al tempo stesso: divino perché il suo mondo è il cielo, umano perché detta e al tempo stesso vive sommessamente i ritmi della vita dell’umanità; è appariscente (per definizione, vien da dire), ma nel suo ritmo cadenzato si rivela simbolo di mitezza. 

La conoscenza attuale in materia di formazione stellare e planetaria ci porta a pensare che la formazione del sistema solare sia avvenuta di pari passo rispetto alla formazione del Sole stesso, un’ipotesi che aveva formulato già Cartesio e che in seguito fu discussa anche da Kant e Laplace. Circa tra i 4 e i 5 miliardi di anni fa, una nube molecolare molto estesa e in rotazione sarebbe collassata su se stessa, fino a formare un disco protoplanetario. Gas e polveri nella zona centrale giunsero a un certo punto a condizioni fisiche tali da consentire l’accensione delle reazioni termonucleari di fusione dell’idrogeno che sanciscono di fatto la nascita di una stella. Possiamo pensare a questa fase come l’effettiva nascita del Sole, per quanto si sia trattato di fatto dell’inizio della sua lunga evoluzione, durante la quale le sue caratteristiche fisiche sono cambiate. Nel frattempo, nel disco circostante, ripetute collisioni di materia (i cosiddetti “grani”) e fenomeni di cattura gravitazionale fecero prendere forma ai protopianeti, che tramite accrescimento diventarono gradualmente i pianeti come li conosciamo oggi. Un po’ come quando si fa un grande impasto, non tutta la materia si è “ricompattata” nei pianeti; esistono infatti diverse “briciole” lasciate come residui dalla formazione del sistema solare, quali sono le cinture asteroidali (la fascia principale e la fascia di Kuiper), ma anche comete, meteoroidi, lune e polvere interplanetaria.

Anche se centocinquanta milioni di chilometri ci dividono dal Sole (circa ventimila volte il viaggio Milano-Pechino, per intenderci), esso resta la stella più vicina a noi e diventa inevitabilmente l’esempio principe per quel ramo della fisica che si occupa di osservare e capire (per quanto possibile) la struttura e l’evoluzione delle stelle. La struttura interna del Sole, come quella delle altre stelle, è modellizzata secondo uno schema di involucri concentrici, ognuno con caratteristiche specifiche. Si pensa sia presente un nucleo centrale in cui avvengono le reazioni nucleari, circondato da due gusci in cui avviene il trasferimento (radiativo e convettivo) di energia. Più esternamente trova posto la fotosfera, la zona più esterna della sfera.

Eclissi solare totale
Durante un’eclissi solare totale si riesce a distinguere la corona solare.
Credit:  Nicolas Lefaudeux

Per quanto si tratti di gas e non sia quindi del tutto corretto usare l’espressione “superficie”, quel che forse non ci si aspetterebbe è che «siamo stelle, oltre la superficie, c’è di più»: durante le eclissi totali di Sole, infatti, si osserva un’emissione diffusa oltre il “bordo” della sfera. L’atmosfera solare, formata da gas (soprattutto idrogeno) provenienti dagli strati sottostanti, è estremamente rarefatta e lo diventa progressivamente sempre più con la distanza. Eppure, riusciamo a stabilire che essa arriva a estendersi nella sua parte più esterna (la corona) per milioni di chilometri e con temperature di diversi milioni di gradi, molto più calde di quanto sappiamo essere le temperature dei gas nella fotosfera. È un comportamento inaspettato, su cui indaga la missione Solar Probe Plus della NASA che, lanciata nel 2018, arriverà nei pressi del Sole nel 2024.

Un’espulsione di massa dalla corona solare (corona mass ejection, CME), associata a un flare solare.
Credit: Solar Dynamics Observatory spacecraft (NASA), 1 maggio 2013.

La corona è una regione estremamente dinamica, caratterizzata da archi di plasma, brillamenti ed espulsioni, più o meno intense, di massa. È il caso del vento solare: un flusso intenso di circa 800 milioni di chilogrammi di materiale emessi ogni secondo, una cura dimagrante mal riuscita se pensiamo che la massa del Sole è mille miliardi di miliardi di volte maggiore. 

Il vento solare è un fenomeno che si estende ben oltre i pressi del Sole. Esso crea, anzi, quasi un legame che permea l’intero sistema solare accomunando tutti i pianeti in orbita. L’espansione del vento solare nel mezzo interstellare viene a creare una vera e propria bolla (l’eliosfera) che si estende fino a dove la forza del vento solare non è più sufficiente a respingere il mezzo interstellare. Chiamiamo questo “bordo” eliopausa e si hanno prove di una sua collocazione ben oltre l’orbita di Plutone, tanto da essere considerata il vero confine esterno del sistema solare: la sonda spaziale Voyager 1 (che ha l’obiettivo di esplorare le zone più remote del sistema solare) ha superato il confine dell’eliopausa il 25 agosto 2012, a una distanza dal Sole pari a 121 volte quella che separa quest’ultimo dalla Terra.

Il vento solare non è da considerare ovviamente alla stregua di una brezza d’aria: le particelle che trasporta (protoni ed elettroni) possono infatti causare danni alla vita dei pianeti; fortunatamente, il campo magnetico terrestre in questo senso funziona come uno scudo, redirezionando il materiale attorno al pianeta; là dove il campo magnetico agisce meno, assistiamo ad esempio alle aurore boreali. Succede però che il Sole arrivi a emettere quantità di plasma superiori, tramite emissioni di massa coronale o nel corso delle cosiddette “tempeste solari”: questi eventi possono durare diversi giorni e avere effetti dannosi sui sistemi satellitari e sui GPS. Nei casi più violenti potrebbero causare anche dei blackout, come è successo in Québec nel 1989. Centocinquanta milioni di chilometri, eppure il Sole si fa sentire; è l’I Ching che parla:

 Venti che si susseguono: 
L’immagine del mite che penetra.
Così il nobile diffonde i suoi comandi.
Ed opera le sue faccende.

di Amedeo Bellodi

Autore

  • Unisce orgoglio classicista (voleva dedicare la sua vita alla letteratura greca), curiosità scientifica (è poi finito a studiare astrofisica) e passione per la musica (il pianoforte su tutti).