San

di Federico Filippo Fagotto

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Ichi, ni, san…

Contava sempre fino a tre per cercare di concentrarsi, la piccola tigre: “San” la chiamavano lassù, al tempio [1]. Era ancora cucciola che si nascose al terzo piano della pagoda. I maestri e gli altri monaci praticanti, ma anche gli addetti al refettorio e al giardino… tutti la cercarono senza sosta, la piccola tigre nata nel monastero, come un gioiello cullato in grembo.

Finché si affacciò con aria sorniona, strofinando il capo su una delle sacre mensole in legno della torre (kuminono), e guaì:

– «Dov’eravate tutti?» – fra le risa generali.

San fu allora il suo nome, come il piano che aveva profanato e alle cui reliquie tentava ora, per quanto giovane, di ridonare purezza con il pensiero e la meditazione. Ma qualcosa, a quanto pare, la distraeva. Anche contare lentamente – già lo sapeva – era inutile. Arrivata a “tre” (san), la parola la riportava a se stessa, la destava, richiamandola al dolore della postura seduta.

«Come mai una giovane tigressa, non riesce a combinare le gambe nell’incrocio del loto?» – Si chiedeva tormentosamente, digrignando i denti, ma senza vibrare la vera domanda: «Perché mai una tigre dovrebbe praticare?» – Il suo stesso corpo, a quanto pare, non era fatto per questo. Gli arti posteriori erano nati per violenti balzi, per ghermire, non per sedere in meditazione. Ma perché ad una bestia dovrebbe essere preclusa la strada del risveglio? Questo no, non lo accettava.

E vide allora una pianta di ginko dalla finestra. Ne scrutò la forma biforcuta e finì col chiedersi:

È una sola cosa viva, che in se stessa si è divisa?

O son due, che hanno scelto che le si conosca in una? [2]

Si sentì allora brutalmente coinvolta nel problema. Il fatto che ciò fosse del tutto ingiustificato le rivelò la sua mancanza: un compagno! Sì, aveva desiderio di un compagno. Meditazioni, desiderio d’ascesi, rinunce… il suo maestro l’aveva avvertita: «Il giorno che pensando a queste cose non percepirai più la tua potenza ma una mutilazione, dovrai andartene subito! Senza dubbi, senza voltarti indietro…».

Gli obbedì solo in parte. Si voltò per dare un ultimo sguardo al Kokubun, il suo tempio d’infanzia, mentre si slacciava dall’abbraccio montuoso del Takayama [3], e rivide il ginko. Vantava milleduecento anni di affascinante longevità, come quella donna celebrata dal suo paese per l’assidua tenacia alla vita [4], di cui vide una pubblicità trasmessa dal piccolo televisore della camera dove trascorse quella notte in paese, la prima nel mondo esterno, da sola. Ma vivere non bastava, forse, senza l’impossibilità di chiamarla soltanto sopravvivenza. L’avrebbe capito il mattino dopo, osservando un cartellone affisso sul muro di una palazzo, con la foto di un’atletica vecchietta capace di battere un record di nuoto con un sorriso indelebile [5].

– «Prego! Partecipa anche tu al Waw [6], l’evento con cui il Giappone si impegna al mondo per far risplendere le donne» – strillò un ragazzo imponendole un volantino davanti agli occhi. Che strana la vita di là fuori, pensò, e quante persone diverse. Ma questo ragazzo: non vedeva che lei era una tigre? Tigressa d’accordo, ma pur sempre bestia! Altrimenti non avrebbe patito certi insuccessi meditativi, e non sarebbe lì.

Ma donna lo era, senza dubbio, ci si sentiva sempre più. E che dire degli uomini, intanto e con loro degli umani tutti? Stipati in uffici dal suicidio in agguato, pur nascosto sotto una coltre di onore. Così gli apparivano. Lesse ad esempio sul giornale, mentre aspettava il treno veloce (shinkansen), una recente classifica delle aziende a più alto rischio di suicidi. Alla “Yamada Denki” spettava questo record di ben diverso valore di quella longeva nuotatrice [7].

Non tardò, purtroppo, a vedere altri difetti in quello strano, nuovo mondo. Il viso rigido e addolorato di un uomo in giacca e cravatta parlava da un’altra di quelle scatole televisive di cui aveva visto un esemplare nella camera d’albergo, e che adesso sostava assieme ai suoi simili dietro la vetrina di un negozio.

– «We feel greatest sorrow and profound grief!» [8].

E quel dolore da lei udito la spinse ad allontanarsi ancora. Vagò parecchio, finché giunse al cospetto del Mar del Giappone, nei pressi della prefettura di Ishikawa. Sentì l’impulso di distanziarsi dal frastuono di locali, negozi e izakaya del quartiere di Katamachi e raggiunse così, senza premeditarlo, il parco delle Sei Sublimità [9].

Fu allora, dopo che la scomparsa dell’olezzo di pesce del mercato omicho lasciò la parola al profumo dei fiori che aleggia intorno all’hanamibashi, il ponte che scavalca le acque del parco, solo allora che capì di appartenere ad un altro mondo.

Un giorno il suo vecchio maestro le aveva detto:

– «Hai mai provato a guardare le immagini delle tigri nella nostra venerata pittura? Fanno ribrezzo! E lo sai perché? Perché nessun giapponese aveva idea di come accidenti fosse fatta una tigre, la copiavano dalle opere cinesi e indiane».

– «Maestro, perché mi racconta questo?».

– «Perché il Buddhismo avrebbe fatto la stessa fine, se i nostri venerabili non fossero andati dai patriarchi cinesi a verificare l’origine della dottrina! In questo mondo di oggi, lo vedrai, non possiamo rimanere reclusi. Finché rimarrai qui, sarai sempre bella e colorata, come un dipinto, ma non sarai mai una Tigre».

– «Ma Maestro! Io non posso lasciarla…».

Il Maestro, ritornato dentro la sala del tempio, per quel giorno non disse più una parola…

PER I MATERIALI RINGRAZIAMO IL CONSOLATO GENERALE DEL GIAPPONE A MILANO, IN PARTICOLARE NELLA PERSONA DI FRANCESCA PRATO, ADDETTA ALLA SEZIONE CULTURA STAMPA.

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Note:

  1. Hida Kokubunji, Tempio buddhista nella città di Takayama, con una pagoda a tre livelli.
  2. Poesia composta da J. W. Goethe, il 15 settembre 1815 a Francoforte, per Marianne Willemer, dopo averle regalato una foglia di ginko.
  3. Lett. “Città della montagna”, piccola città nei pressi della prefettura di Gifu.
  4. Il 5 marzo ha compiuto 116 anni Misao Okawa, la donna più vecchia del mondo, detentrice dal 2013 del Guinness World Record.
  5. La cent’enne Mieko Nagaoka ha portato a termine 1.500 metri di nuoto in vasca corta – (articolo apparso sul Corriere della Sera di mercoledì 8 aprile 2015).
  6. Waw! Il Giappone per il mondo è l’evento di tutela dei diritti della donna promosso dal Ministero degli Affari Esteri del Giappone.
  7. Almeno secondo la classifica 2014 del Black Corproations Award che ogni anno elegge le compagnie giapponesi più criticate sotto il profilo del trattamento al personale.
  8. Parte del discorso del Primo Ministro tenuto in data 1 febbraio 2015, in risposta all’esecuzione degli ostaggi giapponesi ad opera dell’Isis.
  9. Si tratta del Kenroku-en, lo splendido giardino nei pressi della città di Kanazawa – (articolo apparso su La Repubblica di mercoledì 8 aprile 2015).

Autore

  • Federico Filippo si risveglia dal sonno dogmatico nella bella facoltà di Filosofia in Statale e si riaddormenta con gli studi a Venezia. Tornato a Milano, dopo il gong della laurea in Scienze Filosofiche, inizia collaborazioni con la cattedra di Estetica e nel frattempo, in fuga dall’accademismo, ha la fortuna di radunare un gruppo di ragazzi pieni di stoffa e fondare la rivista di arte e cultura La Tigre di Carta, cui segue l’Associazione culturale La Taiga che gestisce il teatro e circolo culturale Corte dei Miracoli. Fra editoria ed eventi, gioca col violoncello il bridge e lo yoga. Tutto ciò non fa bene alla salute... meglio scrivere!