Il Ballet de la Nuit

L’ascesa di Jean-Baptiste Lully

Luigi XIV, non ancora quindicenne, rientrò solennemente a Parigi il 21 ottobre 1652 alla testa dell’esercito, dopo quattro anni di guerra civile. Le gravi tensioni della Fronda si stavano risolvendo a favore delle politiche assolutiste del potente primo ministro, il Cardinale Mazzarino. In seguito alla sconfitta dei suoi più accaniti oppositori fra parlamento e nobiltà, Mazzarino stesso fu libero di tornare dall’esilio pochi mesi dopo, il 2 febbraio del 1653.

L’atmosfera apparentemente trionfale voleva celare il malcontento di un Paese spossato dall’asfissiante pressione fiscale imposta per finanziare la Guerra dei trent’anni. Il conflitto franco-spagnolo era stato sospeso a causa della gravissima mancanza di provviste. Mazzarino si trovava in una posizione delicata: doveva dimostrare di agire in conformità alla volontà del sovrano per assicurarsi il sostegno della fazione filomonarchica della nobiltà.

In questo contesto commissionò uno spettacolo di corte di dimensioni mai viste prima, con il preciso intento propagandistico di celebrare il giovane Luigi XIV quale forza unificatrice del Paese, in grado di guidare la Francia fuori da un periodo oscuro.

ouis XIV interpreta il dio del sole Apollo nel Ballet de la nuit. Illustrazione di Henry de Gissey 1653

Louis XIV interpreta il dio del sole Apollo nel Ballet de la nuit. Illustrazione di Henry de Gissey, 1653.

Le Ballet Royal de la Nuit fu rappresentato il 23 febbraio 1653 alla Salle du Petit-Bourbon del Palais Royal. Il successo fu così clamoroso che seguirono sei repliche nel solo mese successivo. Lo spettacolo durava ben dodici ore, dalle sei del pomeriggio fino alle sei della mattina. Il passare della notte veniva messo in scena “in tempo reale” attraverso il susseguirsi di scene divise in quattro parti, o “veglie”, di tre ore ciascuna. Un testimone oculare, il poeta Loret, racconta che per assistere alla prima rappresentazione dovette attendere alla porta più di tre ore e, quando gli fu concesso di entrare, si trovò seduto così in alto, così lontano e così di lato che non poté vedere nulla. I balletti di corte (Ballets de Cour) erano stati importati a fine Cinquecento dall’Italia, grazie a Maria de’ Medici, consorte di Enrico IV, e si erano evoluti in spettacoli poliedrici composti di danze, musiche strumentali e vocali, recitazione e pantomime. Le Ballet de la Nuit replicava questa forma di intrattenimento su larga scala, avvalendosi della partecipazione di membri della nobiltà nelle vesti dei vari personaggi notturni. Il libretto, scritto da Isaac de Sanserade, prevede una sequela di personaggi di natura mitologica (Venere, Diana), fantastica (demoni, streghe, lupi mannari) e realistica (pastori, ladri, storpi, mendicanti). Di questi ultimi ci offre una testimonianza diretta Loret: guadagnatosi una buona postazione per una rappresentazione successiva, poté assistere alla famosa scena della Corte dei Miracoli, rifugio notturno di ladri, dove gli storpi danzano grottescamente rendendo omaggio al loro “Maître”, impersonato dal collezionista d’arte e Maestro della Camera dei Denari, Louis Hesselin. La scelta del nome “Corte dei Miracoli” era un’allusione alla sua splendida residenza. “Le Splendide Sieur” morrà di indigestione in un hotel parigino nell’agosto del 1662.

Le vicende notturne del balletto non concorrono a creare una trama unitaria ma servono da elaborato preambolo alla spettacolare scena finale: un’allegoria dell’alba nella quale il giovane Luigi in persona appare sotto forma del dio Apollo. Il re danzava in uno splendido costume dorato[1], annunciato dal recitativo: Le Soleil que me suit c’est le jeune Louis[2]. Fu in seguito a questo episodio che Luigi XIV si guadagnò il celebre appellativo di “Re Sole”[3].

2_Ballet de la Nuit_Ouverture di Jean de Cambefort. Libretto di Isaac de Bensérade.

“Ballet de la Nuit”. Ouverture di Jean de Cambefort. Libretto di Isaac de Bensérade.

Nei primi decenni del Seicento la danza era divenuta in Francia parte indispensabile del corredo di ogni individuo di rango, poiché capace di educare all’eleganza necessaria per esprimere superiorità sociale. Il giovane sovrano si era esercitato in questa disciplina per due ore al giorno fin dalla più tenera età, diventando un abile ballerino. Nel 1661, Luigi fonderà l’Académie Royale de Danse, dando impulso alla codificazione del linguaggio alla base del balletto moderno e a un sofisticato sistema di notazione coreutica. Delle elaborate coreografie del Ballet de la Nuit, che precedette di pochi anni queste innovazioni, non è rimasta alcuna testimonianza scritta. Le vicende che ne accompagnarono le musiche si rivelano altrettanto sfuggenti. Alla partitura, tradizionalmente attribuita a Jean-Baptiste Lully, contribuirono in realtà vari autori, fra cui Jean-Baptiste Boësset, Sovrintendente di Musica della Camera Reale, Jean de Cambefort, Michel Lambert e Louis de Mollier. Della partitura originale possediamo solo una piccola selezione di brani incompleti, copiati in un periodo successivo alla rappresentazione. Il contributo di Lully all’opera in veste di compositore resta tutto da dimostrare, ma è molto probabile che la sua improvvisa ascesa alla posizione di Strumentista di Corte, avvenuta poche settimane dopo la messa in scena del Ballet de la Nuit, sia riconducibile alla sua partecipazione allo spettacolo come ballerino.

Celato dalla sfarzosa apparenza, il Ballet della Nuit conteneva in sé un germe di oscurità. Il messaggio di potenza e di speranza, incarnato dall’apparizione del Re Sole danzante, inaugurò in realtà un periodo tetro della storia francese. L’assolutismo monarchico, promosso da Mazzarino, raggiunse l’apogeo alla morte del primo ministro, avvenuta nel 1658, quando Luigi XIV avocò a sé il potere legislativo, spogliando della sua funzione il parlamento. La sua politica economica avviò la Francia verso la crisi che portò, un secolo più tardi, alla rivoluzione.

L’inaugurazione dell’assolutismo di Luigi XIV coincise con la promozione di Lully a Sovrintendente della Musica di Corte e andò di pari passo con l’instaurazione di una vera a propria dittatura musicale. Lully ebbe certamente un ruolo di primo piano nello sviluppo di un nuovo stile di opera francese, risultante dalla fusione di generi precedenti, ma fu allo stesso tempo il monopolizzatore del panorama musicale della sua epoca. Approfittando della sua posizione, relegò nell’ombra compositori di grande talento, in particolare M.A. Charpentier. Nel 1672 divenne direttore della Académie Royale de Musique, comprando il privilegio dell’Opera di Parigi. Dopo la morte di Molière, nel 1673, espulse la sua troupe dal Palais Royal. Nessuna opera poteva essere rappresentata senza la sua approvazione personale, concessa dietro pagamento di una tassa considerevole. Nel 1681 divenne protagonista assoluto del progetto di selezione, copiatura e catalogazione della musica composta a Versailles, avviato dal Bibliotecario Musicale di Corte Philidor. Con abile operazione di propaganda vennero oscurati gli anni di collaborazione musicale fra Lully e molti altri compositori, consacrandolo unico autore di molti ballet de Cour, compreso Le Ballet de la Nuit. Nacque così il mito di Lully solitario innovatore e prototipo dello stile francese[4]: un secondo “Re Sole”, unico astro nel suo microcosmo musicale.

Note

[1] Sono giunti fino a noi centinaia di meravigliosi disegni di costumi e scenografie ideati da Henri de Gissey, Disegnatore Ordinario del Gabinetto Reale, conservati alla Bibliothèque de l’Institut di Parigi e Waddesdon Manor in Inghilterra.

[2] “Il Sole che mi segue è il giovane Luigi”.

[3] Per una rappresentazione cinematografica di questa scena si rimanda al bel film Le Roi Danse di G. Corbiau (2000), tratto dalla biografia di Lully di P. Beussant Lully ou le musicien du soleil (1992). La pellicola che rimane molto suggestiva nonostante alcune inesattezze storiche, musicali e coreutiche.

[4] J. Carey, “Le Ballet de la Nuit” in Early Music Magazine, vol. 3, n. 3, agosto 2001, p. 486.

di Beatrice Scaldini

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