BENVENUTA CATASTROFE!

catastrofe

Il 18 dicembre 2021 ha debuttato a Milano, all’Atelier del Teatro e delle Arti in piazza della Repubblica, lo spettacolo Benvenuta Catastrofe! con la regia di Mario Gonzalez. In scena ci sono soltanto io: un solo attore per oltre dieci personaggi. Inoltre, lo spettacolo è privo di scenografia e di costumi. Cosa che ci ha permesso, nell’ultimo anno, di portarlo non solo in teatro ma anche in spazi non teatrali: locali (LibrOsteria, Radio Aut), centri sociali (Baronata, LUMe), musei (Spazio Alda Merini). Il lavoro con Mario Gonzalez, durato oltre un anno, è stato incentrato sulla stesura del testo e sulla messa in scena, sull’interpretazione, sulla ricerca di una voce e di un corpo per ogni personaggio. Per il resto lo spettacolo è agilissimo: non ha bisogno di nulla se non di un pubblico con cui condividerlo.

Il testo è una liberissima interpretazione di un libro tardo di Dario Fo. Era il 2008 quando la casa editrice Guanda diede alle stampe L’apocalisse rimandata. Ovvero benvenuta catastrofe!. In quell’anno, l’inimitabile giullare lombardo, ex premio Nobel per la letteratura nel 1997, aveva da poco superati gli ottanta anni di età e non ebbe mai il tempo, o la voglia, o l’energia di mettere in scena questo suo ultimo lavoro. Ecco uno dei motivi principali per cui ho ben pensato di “rubarglielo” (come sempre ci ripeteva Paolo Rossi quando lavoravamo insieme alla strutturazione del progetto Brigata Brighella: «in arte rubare è lecito, copiare è da coglioni»). Ho sempre amato Dario Fo come poche altre personalità artistiche del suo tempo e ho sempre sognato di mettere in scena una sua opera. Per ragioni di umiltà, però, non avrei mai avuto l’ardore di confrontarmi con uno dei suoi testi “sacri”, come ad esempio Mistero Buffo, Morte accidentale di un anarchico, La signora è da buttare o Johan Padan a la descoverta de le Americhe…

Così, nell’estate del 2020, ho proposto al regista che mi ha formato, Mario Gonzalez, ex attore e co-fondatore del Theatre du Soleil di Arianne Mnouchkine, di lavorare insieme a L’apocalisse rimandata. Uno spettacolo nato, in primis, dall’urgenza di parlare di un tema attualissimo e a me assai caro: la catastrofe climatica in corso.

Del testo originale è stata presa soltanto – e non è poco – l’idea portante della narrazione. La catastrofe avverrà, questo è certo, ma se il suo avvento non si rivelasse così catastrofico come siamo portati a pensare?

A partire da questa domanda, Dario Fo si immagina che un bel mattino, di punto in bianco, a Roma, a Milano e in qualsiasi altra città del mondo, le lampadine non si accendano più, i frigoriferi rimangano spenti, i locali e le attività commerciali restino chiusi, i mezzi pubblici non funzionino: niente caffè al bar, niente benzina ai distributori. In un batter d’occhio crollano banche e assicurazioni, il denaro non ha più nessun valore, il panettiere con forno a legna è preso d’assalto.

Cos’è successo? Semplice, sono terminate tutte le riserve di combustibili fossili del pianeta: non è rimasto più un goccio di petrolio né un grammo di carbone da estrarre, l’umanità è avvolta dalle tenebre: in tutto il pianeta è avvenuto un blackout senza precedenti, pervasivo, totale. La situazione iniziale, insomma, è carica di tensione e di panico per il crollo immediato e fulmineo del nostro intero sistema sociale.

Ma ecco il capovolgimento del comico: sulle ceneri di una società consumistica ormai distrutta e obsoleta, ecco che iniziano a tornare in auge le biciclette e le energie rinnovabili, prodotte dal sole, dal vento o da combustibili vegetali. Dal momento che il denaro non ha più alcun valore, i ricchi smettono di essere ricchi e i poveri smettono di essere poveri: davanti al cataclisma siamo tutti, inesorabilmente, uguali. I politici e i religiosi smettono di fare chiacchiere inutili e si ritrovano sfollati e affamati al pari della gente comune. Il continente africano smette di essere sfruttato – gli imprenditori occidentali vengono cacciati a pedate – e si trasforma in una terra libera, fertile, rigogliosa: un paradiso in terra in cui tutti sognano di andare o di tornare. Nel mentre in occidente le città si svuotano, tornano a popolarsi le campagne, le guerre per il petrolio non hanno più ragione di esistere, e ovunque si ritorna spontaneamente a riunirsi, a discutere per dare vita a un mondo nuovo, migliore e soprattutto sostenibile: per questo motivo la catastrofe, a conti fatti, risulta essere la benvenuta. Questa, in poche parole, la trama di partenza, il materiale su cui lavorare.

Luigi Vittoria

Su queste basi io e Mario Gonzalez abbiamo iniziato a edificare lo spettacolo. Del testo di partenza non è rimasto che qualche monologo – per essere precisi sono rimaste del testo originale due pagine su oltre venti di copione. Abbiamo cambiato tutti i personaggi: la trama de L’apocalisse rimandata è stata presa e trapiantata nella Milano dei nostri giorni, tutto lo spettacolo è ambientato nella Milano del 2020, appena uscita dal periodo del lockdown e ripiombata, dopo appena cinque minuti di spettacolo, in un nuovo periodo di crisi ancora più nera della precedente: il periodo del blackout.

Dopo aver parlato con molti spettatori che hanno visto Benvenuta Catastrofe! ho notato che uno dei punti di forza dello spettacolo è esattamente questo: ai più lo spettacolo è risultato, con mio grande piacere, come una sorta di inno alla mia città, Milano, vera protagonista delle vicende. Un inno carico di amarezza e di rimpianto poiché, oltre alla tematica ambientale, risultano centrali nella riscrittura anche altre tematiche ad essa più o meno collegate: la gentrificazione dei quartieri più poveri della città, l’impennarsi del caro vita milanese, la critica radicale al non-evento di Expo 2015, la trasfigurazione edilizia di Milano (basti pensare al Bosco Verticale, o ai monumentali complessi di City Life e di piazza Gae Aulenti, tutti grattacieli che sono spuntati come funghi nell’ultimo decennio, sotto la spinta di una speculazione edilizia forsennata e priva di alcun senso e controllo).

Oltre a questo, abbiamo finito per discostarci dal testo di partenza anche per un motivo generalissimo di carattere teorico. Dario Fo aveva infatti formato le sue convinzioni su testi ambientalisti degli anni ‘80/’90, testi che oggi per alcuni aspetti risultano ormai obsoleti. Un esempio su tutti per chiarire questo punto. Nel testo originale de L’apocalisse rimandata l’improvviso esaurirsi dei combustibili fossili veniva presentata come una previsione, se non certa, quanto meno assai probabile. Molti pensatori di quarant’anni fa, infatti, erano convinti che, continuando a produrre e a consumare senza freno né controllo, prima o poi le scorte di combustibili fossili del pianeta sarebbero esaurite (a testimonianza di ciò adducevano spesso ad esempio l’improvviso impennarsi del prezzo del petrolio durante tutti gli anni Settanta). Nei primi anni Duemila, però, sono stati scoperti nuovi e innovativi metodi di trivellazione che hanno permesso di raggiungere giacimenti petroliferi ancora illibati, nel profondo degli oceani o sotto il duro permafrost siberiano. Ergo: il petrolio non finirà, avremo energia a sufficienza per completare senza troppi intoppi il processo di degradazione ambientale che abbiamo avviato all’inizio della Prima Rivoluzione Industriale e che ha subito una vertiginosa accelerata a partire dall’avvento della società dei consumi. Per questo motivo tutte le vicende narrate, che nel testo originale vengono presentate come la fedele previsione di un prossimo futuro, vengono al contrario da noi presentate come le vicende di un sogno assurdo, di un’utopia, o meglio di una distopia. Solo al termine dello spettacolo, con il violento e insistente “DRIIIN” della sveglia, il pubblico e l’attore si rendono simultaneamente conto dell’abbaglio che hanno preso.

Benvenuta catastrofe!

Prima di concludere, mi sento in dovere di citare un altro autore oltre a Dario Fo che è stato fondamentale nel processo di riscrittura de L’apocalisse rimandata: Luciano Bianciardi, autore di uno dei miei libri preferiti in assoluto, La vita agra, edito da Rizzoli nel 1962. Verso la fine dello spettacolo, infatti, tutti i personaggi che si sono avvicendati sulla scena a partire dall’inizio del blackout si ritrovano in piazza Ventiquattro Maggio a discutere del futuro della città, mossi dalla necessità di scrivere delle nuove leggi per evitare di tornare a inquinare senza controllo come prima della catastrofe.

Ora, nel testo originale la scena era una parodia della Costituzione Italiana. I personaggi leggevano gli articoli della nostra costituzione e li commentavano, li modificavano, li stravolgevano. Confesso che è stata l’unica scena dell’intero testo dalla quale io e Mario siamo rimasti profondamente delusi: cercavamo di più, uno stravolgimento ben più radicale rispetto a una semplice riscrittura di una vecchia costituzione con una nuova, aggiornata e revisionata. Ecco allora che Bianciardi è venuto in nostro aiuto: tutto il monologo finale de La vita agra, quello in cui il protagonista sogna a occhi aperti di una futura utopia anarco-primitivista in cui gli uomini e le donne ritroveranno la felicità in un ritrovato rapporto con la natura e con la terra, è confluito per intero nella nostra riscrittura.

Ma non solo, oltre alle pagine “rubate” da Dario Fo e da Luciano Bianciardi, qualcosa abbiamo scritto anche noi di nostro pugno, come la scena in cui un ricco imprenditore ormai in rovina tenta di uccidersi lasciandosi cadere dall’ultimo piano del bosco verticale, o come i monologhi e i dialoghi con Cheng, il proprietario cinese di un bar tabacchi in Porta Genova dove realmente mi reco spesso (lì lo spritz costa ancora tre euro e cinquanta!).

Ma non voglio anticiparvi altro. Non vi resta che venirlo a vedere: Benvenuta Catastrofe! sarà in scena nel 2023 al Teatro Nascosto di Bologna, all’Atelier del Teatro Fisico di Torino, in LibrOsteria e all’Atelier del Teatro e delle Arti di Milano, insomma tante date sono già in programma e altre ne spunteranno ancora: restate sintonizzati sui canali del Dopolavoro Stadera per non perdervele.

di Luigi Vittoria

Foto di Anna Minor

Autore