Mindsharing

L’intelligenza collettiva al servizio della comunità

Il pensiero è alla base di ciò che siamo ed è lo strumento ultimo con cui analizziamo la realtà che ci circonda. Ma se non fossimo più soli in questo processo? Se ragionassimo tutti insieme come un enorme sistema nervoso? Se fossimo in grado di compensarci a vicenda?

Tanti nella storia sono rimasti affascinati dall’idea del pensiero e da come si manifesti sia da un punto di vista filosofico che fisiologico. Già da tempi antichi, si è identificato il contenuto del cranio come sede del pensiero. Eppure, nonostante gli scienziati abbiano fatto moltissima strada dagli albori, gran parte delle domande che ci siamo posti su tutta questa attività elettrica resta ancora senza risposte.

Partiamo dalle cose – si fa per dire – facili. Da cosa è fatto il sistema nervoso da un punto di vista biologico? La sua unità più semplice prende il nome di neurone e ha un corpo, detto soma, e delle estroflessioni tramite le quali si rapporta con il mondo esterno. Quelle in cui il segnale è in entrata si chiamano dendriti, mentre l’unica estroflessione che trasmette il segnale ad altri neuroni è detta assone. Esiste, tra i due versanti della membrana, una differenza di potenziale elettrico. Nel complesso, il versante esterno risulta essere più negativo di quello interno. Esistono però anche dei canali di membrana che permettono, tramite passaggio di ioni carichi, variazioni ulteriori di polarità.

Interconnessioni neuronali. Rappresentazione grafica di Anna Laviosa, 2018
Interconnessioni neuronali. Rappresentazione grafica di Anna Laviosa, 2018

Come funziona la trasmissione tra neuroni? Il linguaggio è quello elettrico: i neuroni sono in grado di aprire o chiudere i canali ionici della cellula ricevente inducendo cambi locali di polarizzazione tramite potenziali d’azione. Questo avviene grazie all’invio di neurotrasmettitori, molecole che – molto ecologicamente – vengono poi riciclate perché riassorbite da parte della cellula inviante il segnale. Queste variazioni di polarità sono poi trasmesse per via centrifuga nella membrana ricevente a distanza anche considerevole lungo il soma e l’assone, proprio come avviene allo stadio quando qualcuno fa partire la ola. Questa struttura di trasmissione del segnale (l’insieme del neurone trasmettente, il ricevente e l’esiguo spazio che li separa) prende il nome di sinapsi ed esiste solo tra due neuroni o tra un neurone e un muscolo.

Il neurone di per sé non è molto diverso dalle altre cellule del nostro corpo. Ovviamente è relativamente complesso, ma anche l’assai più banale fegato è fatto di cellule a loro modo complesse. E allora come mai non pensiamo con il fegato ma con la testa? E perché la somma dei neuroni non è, da sola, in grado di spiegare l’attività mentale? La risposta a questo affascinante interrogativo sta nelle proprietà emergenti del sistema nervoso.

«Nella teoria della complessità il comportamento emergente è la situazione nella quale un sistema complesso esibisce proprietà macroscopiche ben definibili, difficilmente predicibili sulla base delle leggi che governano le sue componenti prese singolarmente»[1].

Per capire meglio il concetto, ci può tornare utile applicarlo alla popolazione umana o animale, anziché a quella neuronale. Parliamo di “intelligenza dello sciame”: una formica singola non ha proprietà cognitive notevoli, ma la colonia di formiche è un sistema tanto complesso, che il formicaio viene considerato un superorganismo. Il formicaio acquisisce esperienza e cresce anche in maturità nel tempo. Eppure, ogni tre mesi c’è un ricambio completo di tutte le formiche. Pur senza un leader, esse sanno quali strade percorrere per arrivare al cibo e quali lasciar perdere. Come? Grazie ai feromoni che rilasciano zampettando: se il percorso è molto battuto (quindi se la formica esploratrice non è solo andata ma è anche tornata e ripartita), quella strada sarà più marcata di tutte le altre in cui un’esploratrice sia solo andata senza mai fare ritorno. Le formiche si dividono i compiti: c’è chi esplora, chi aiuta nel trasporto di legnetti, chi si prende cura delle larve dell’intero formicaio. Chi le orchestra? Nessuno. Nessuno è indispensabile, tutti sono parte integrante e vitale del formicaio.

La forza non sta dunque negli individui, ma nelle connessioni che esistono tra loro.

Applicare questi discorsi sulle popolazioni ai neuroni sembra essere un mero esercizio didattico. Sembra in qualche modo un ragionamento fallace perché rischia di antropomorfizzare quelle che, alla fine, sono solo cellule. Gli uomini presi singolarmente sono più complessi dei neuroni singoli o anche delle formiche singole, verrebbe da obiettare. L’intelligenza si spalma su una gaussiana estremamente stratificata che va dal ritardo mentale grave al livello MENSA. Non è così per il neurone: le sue proprietà biologiche di base sono la permeabilità e la resistenza di membrana. Ovviamente ci sono neuroni più lunghi, più grossi o più specializzati (per esempio quelli della retina che permettono la vista) ma nel complesso ciò che davvero li contraddistingue è il posizionamento e con quali altri neuroni interagiscono.

E allora perché assimilare i neuroni alla popolazione? Perché in realtà l’umanità si sta evolvendo in questo senso. Il senso di collettività si sta affermando sempre più: stiamo man mano allontanando il focus dai singoli elementi e ci stiamo concentrando, invece, sulle connessioni e sul network che andiamo a creare insieme. Il concetto di leadership è sempre più sfumato e meno autoritario. Un buon leader è quello che riesce a creare un network solido che gli sopravviva. La sinapsi è possibile grazie a una vicinanza estrema e ultrarapida tra i neuroni in gioco. Noi abbiamo rafforzato le relazioni nella rete umana grazie alle nuove tecnologie che ci permettono di velocizzare le nostre interazioni e di avvicinarci virtualmente.

Parliamo di intelligenza collettiva. Questo concetto si manifesta con dinamiche di sharing o di fundraising in cui non c’è bisogno di qualcuno che abbia più intelletto o risorse economiche: se la collettività vuole qualcosa, si porta a termine. È l’umanità ad avere conoscenza: non importa chi siano i singoli che contribuiscono a Wikipedia. Se la collettività ritiene valido ciò che il singolo riporta, diventa di proprietà di tutti e di nessuno.

Di criticità possono essercene diverse. Il gruppo tende a compensare i difetti del ritardo mentale ma tende anche ad appiattire la superintelligenza che in questo modello non trova spazio. Ciò che conta sono le connessioni e l’estremo superiore, se vuole essere ascoltato, dovrà avere abilità di networking pari a quelle cognitive. Dovrà non solo avere idee geniali, ma anche trovare un modo geniale di trasmetterle alla rete. Non è anche questa una forma di intelligenza?

Il discorso delle connessioni è importante perché mutevole. L’esperienza è in grado di modificare le connessioni esistenti tra neuroni, instaurando nuovi legami e annientando quelli inutilizzati. Questo fenomeno, che prende il nome di plasticità neuronale, ha un valore prezioso anche, per esempio, quando ci sono danni neuronali: il sistema nervoso tenta così di battere nuovi percorsi per bypassare l’ostacolo, creando nuove sinapsi.

Sempre rimanendo nel contesto della popolazione, secondo il filosofo francese Lévy, la diffusione delle tecniche di comunicazione su supporto digitale ha permesso la nascita di nuove modalità di legame sociale: non sono più così rilevanti i rapporti di potere o le appartenenze territoriali, ma conta di più l’interazione, il raduno, la voglia di mettersi in gioco insieme condividendo il sapere. Questo fenomeno dà vita all’idea di “intelligenza collettiva”. Si potrebbe controbattere alle critiche sull’appiattimento notando come in realtà sia la massima espressione dell’individuo, il cui parere, se rilevante, non si perde più tra migliaia d’altri. Da una parte questo è eccellente: ognuno di noi può mettersi al servizio della comunità in tempo reale. Le risorse sono veramente disponibili a tutti. Dall’altra, bisognerebbe stabilire un’idea uniforme di intelletto e saper ascoltare quelli tra noi più intelligenti e visionari anche qualora mancassero di intelligenza comunicativa e capacità di networking. Ascoltarli può far crescere le capacità cognitive di tutta la collettività.

Note

[1] P. Bridgman, The Logic of Modern Physics, MacMillan, New York 1927.

di Yasanthi Ilayperuma

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