Un ortolano alla corte di Rodolfo II

Frutta e verdura nei volti di Arcimboldo

Uccelli impagliati provenienti da tutto il mondo, madreperle, conchiglie enormi, corazze di tartarughe, gemme, ambre, cristalli, coralli, piume di colibrì, corni di rinoceronti, noci di cocco, pitture giapponesi, preziosità dall’India, automi, mummie, diavoli imprigionati in recipienti di vetro, piante esotiche: le meraviglie collezionate da Rodolfo II non si contavano. Affollavano le mensole e i tavoli, gli armadi e i forzieri dei gabinetti d’arte e curiosità nel suo castello, facendosi largo tra dipinti antichi e moderni, sculture, reperti antiquari, migliaia di libri in tutte le lingue e manoscritti rari. Tanti di quei volumi erano di contenuto ermetico e possibilmente in odore di eresia. Ma nella sua Praga le pratiche magiche e alchemiche erano più che ben accette.

Nel 1583, Rodolfo II aveva spostato la corte del Sacro Romano Impero da Vienna a Praga. Nel mezzo di un’Europa scossa da turbolenze politiche e religiose, Rodolfo si era costruito la sua città ideale, libera, cosmopolita, sontuosa, dove aveva chiamato a raccolta artisti, scienziati e uomini colti provenienti da ogni dove. Da collezionista appassionato e insaziabile quale era, amava circondarsi tanto delle cose quanto delle persone più insolite e straordinarie. Col tempo, la sua più grande ossessione era diventata ottenere la più ricca Kunst und Wunderkammer di tutti i tempi: a tal scopo aveva costituito una vera e propria squadra di consulenti, con informatori inviati in ogni parte del continente a cui scriveva affannosamente, esortandoli a cogliere ogni opportunità, a segnalargli le imminenti morti dei grandi collezionisti, i fallimenti, le aste dei mercanti, le disavventure degli artisti costretti a svendere le loro opere. In squadra, in qualità di intenditore d’arte, vi era anche il pittore milanese Giuseppe Arcimboldo.

L’Ortolano (Il Giardiniere) è un dipinto di Giuseppe Arcimboldo del 1587-1590, conservato nel Museo civico Ala Ponzone di Cremona. Passa il mouse sull’immagine per vedere come appare a testa in giù…
 
Arcimboldo a testa in giù
Arcimboldo a testa in su
L’Ortolano (Il Giardiniere) è un dipinto di Giuseppe Arcimboldo del 1587-1590, conservato nel Museo civico Ala Ponzone di Cremona. Clicca l’immagine per vedere come appare a testa in giù…
 
Arcimboldo a testa in su

Alla corte asburgica Arcimboldo aveva già lavorato per Ferdinando I e Massimiliano II come ritrattista, architetto, scenografo e costumista per i magnifici tornei e le feste in maschera, ingegnere edile e idraulico. La sua fantasia era inesauribile: durante uno spettacolo celebrativo per i regnanti e i loro ospiti fece marciare dei cavalli mascherati da draghi e un elefante vero. La fonte di tanta visionarietà veniva probabilmente dal gabinetto delle meraviglie dell’Imperatore, che con le infinite bizzarrie lì custodite alimentava il suo gusto manierista e gli fornì l’ispirazione per la creazione di uno stile figurativo eccentrico mai visto prima. Nei suoi dipinti più famosi volti umani caricaturali e quasi grotteschi prendono forma illusionisticamente a partire da composizioni di frutti, fiori e vegetali. Con questa tecnica aveva eseguito più volte dei cicli allegorici delle Stagioni e degli Elementi e alcuni ironici ritratti di personaggi di corte come il Cuoco e l’Ortolano. Visti al dritto, questi due quadri non sembrano altro che delle nature morte molto realistiche, di chiara influenza fiamminga, che raccontano tutta l’abbondanza del regno; ma se si prova a capovolgerli, ecco il rivelarsi di fisionomie umane popolaresche e ruvide. La ciotola colma di ortaggi diventa il copricapo dell’Ortolano, la grossa cipolla una guancia rubizza, i funghi un paio di labbra carnose.

Lo stesso Rodolfo II era stato ritratto con una pera al posto del naso e due pesche per guance. Raffigurandolo nelle vesti di Vertunno, il dio romano della vegetazione e dei cambiamenti, Arcimboldo intendeva celebrare la magnificenza del re, signore dell’armonia e della prosperità sulla terra. Ma al tempo stesso sembra di poter riconoscere una vena sarcastica dietro quella fronte di zucca e quelle palpebre di piselli…

Non se ne risentì, Rodolfo, che anzi rimpiangeva che il suo pittore, dopo undici anni di servizio, avesse infine deciso di tornare a Milano. Dopo la sua morte nel 1593, la fama e il consenso di cui Arcimboldo aveva goduto in vita si attenuarono e nei secoli a venire fu considerato un manierista originale ma di poco spessore. Saranno i Surrealisti a riscoprire tutto il fascino, l’immaginario, il gioco e il gusto di questo straordinario pittore.

di Ilaria Iannuzzi

Autore

  • Comincia gli studi a Pisa per poi approdare a Milano, dove si laurea in filosofia. Grande appassionata di arte, si ostina ad andare in giro senza gli occhiali per vedere il mondo come se fosse un quadro impressionista.