L’esercito che non c’è più

La Russia nelle immagini di Dmitry Markov

Ancora una volta mi imbatto in un autore grazie a Instagram. Luogo: Russia. Nome: Dmitry Markov, o meglio dcim.ru. Uno sguardo fotografico con 217mila follower, un dato che rafforza il mio sgomento per non averlo scoperto prima. Tutto nelle immagini di Markov parla di un esercito che non c’è più, ma che permea con le sue tracce l’intera società. Un fotografo in viaggio nella sua terra, un ragazzo che di soppiatto ama farsi selfie con le persone conosciute nel corso del suo cammino e che ci conduce in una Russia piena di echi di un passato imponente, concluso eppure ancora indelebile.

Dmitry Markov

Saune di regime, giochi e svaghi di adolescenti sbarbati, volti segnati, marginalità, sorrisi e tenerezza. La geografia culturale di Dmitry cattura chi la osserva perché l’immagine fotografica incontra una realtà deforme, mostrandocela nei suoi più svariati paradossi. Guardando gli scatti di questo osservatore si assiste all’attraversamento trasversale di più generazioni, ognuna apparentemente e comunemente liberata, eppure fatta di prigionieri segnati da un’esperienza condivisa di spazi laceri, di denti corrosi, di corpi offesi. Come se ogni militarizzazione, e ogni sua seguente liberazione, necessitasse di un tempo di smaltimento, un tempo visibile nei luoghi del corpo e della vita condivisa. La liberazione dunque come rivelazione del brutto, dove ciò che abbiamo sopportato diventa visibile e osservabile in momenti disattenti che lo sguardo analitico di Dmitry coglie, registra e trasmette.

Questo tema diventa così un concetto senza morali che porta con sé tracce di sofferenza miste a una leggerezza improvvisa, un respiro che prima non c’era, fatto di sfacciataggine, onesta spossatezza e visibili contraddizioni, ma soprattutto di divisioni mai spezzate. Un’ossatura di gruppi, di appartenenze che sembrano quasi necessarie a ridefinire autonomamente il presente, partendo da qualcosa di conosciuto e tangibile da sempre. È in questo modo che accade di osservare immagini di donne che stanno solo con donne, uomini con uomini, religiose signore in abiti floreali che escono da una chiesa mentre nere suore vi entrano. E tatuaggi, tanti, ovunque: toraci, mani, braccia – appartenenze rafforzate, promemoria visibili di ciò che siamo, vogliamo o desideriamo essere.

I bambini e i loro giochi di salti si liberano davanti al nostro sguardo in tuffi aerei e volteggi, facendoci sfiorare la loro leggerezza. Dmitry passeggia nella Liberazione mostrandoci il racconto di una sigaretta fumata su di un sacco con amici, una felicità sbirciata e goduta, la soddisfazione di un momento condiviso tra gruppi di ragazzi. Ma al contempo il suo sguardo ci porta a raduni di militari con volti segnati e alterati dalla loro storia oppure ci conduce a una fermata di un bus dove donne loffie e annoiate siedono davanti a un cartellone pieno di sorrisi posati e convincenti che ti guardano, invitandoti a osservare.

Tutto ciò si raduna in un libro intitolato #Draft (letteralmente: bozza), edito da Treemidia nel 2017 e contenente centoquarantatré fotografie a colori scattate con un telefono cellulare in due o tre anni passati nella Russia provinciale. Immagini che mostrano attraverso i dettagli la biografia, l’ambiente, lo stile di vita di molti che sono nati in questi luoghi e che ci ricordano che la liberazione è visibile anche attraverso i segni di una repressione non ancora totalmente superata, quasi come a confermare che la liberazione sia un momento, un periodo transitorio, uno stato di fatto in cammino e nel mezzo tra repressione e libertà.

Biografia

Dmtry Markov, classe 1992, è un fotografo pluripremiato nato e cresciuto in Russia e divenuto famoso per i ritratti della sua nazione e dei suoi abitanti. Le sue foto, scattate esclusivamente con un iPhone, gli hanno fatto guadagnare oltre 210.000 fan su Instagram. Sebbene la sua giovinezza sia contrassegnata dall’uso di droghe, a sedici anni inizia a interessarsi al giornalismo e a scrivere per i giornali locali. In seguito alla perdita e alla carcerazione di molti suoi amici si trasferisce a Mosca dove inizia a lavorare per testate più importanti e in seguito ottiene una sovvenzione da Instagram e Getty Images per documentare gli orfani che vivono nella sua città natale, Pskov. Nel 2017 pubblica una tiratura di 1000 copie del suo libro #Draft, edito da Treemedia.

 

di Camilla Giannelli

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