La Repubblica del mattarello

Agrodolce

di Gloria Brolatti

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Che altro è un processo di lievitazione, se non accrescimento? In senso letterale, ma non solo. Una pasta messa a lievitare al tepore di un corpo estraneo come potrebbe essere un panno, curato e spostato, controllato e sbirciato dalle donne di casa, è una massa che triplica il proprio volume. Cresce. E dunque accresce, perché poi – come i libri e le persone che ne sanno più di noi – nutre. Il tema è bello, ma io non so trattarlo in altro modo che facendo ricorso alla metafora del cibo. Parlato, mangiato, promosso, spettacolarizzato, sfruttato, decantato… Oggi il cibo è protagonista assoluto, almeno nella parte di mondo che ha la fortuna di averne (a volte anche troppo: al punto che uno dei cardini di Expo 2015 – tanto per fare un riferimento alla stretta attualità – sarà incentrato sugli sprechi: come evitarli, come azzerarli, come riutilizzarli).

Ma che il cibo oggi sia un indiscusso protagonista, per il nostro Paese non è affatto una novità. La ritualità del sedersi a tavola, il desco familiare, il pranzo della domenica, le donne che preparano da mangiare, i profumi che escono impudichi dalle finestre sul far della sera, le credenze dallo sportello cigolante che nascondono biscotti fatti in casa o profumate salsicce, i vetri delle cucine appannati dal vapore di pentole che borbottano da ore sui fornelli, “quel” pane di cui sopra, messo a lievitare in un angolo della cucina, vicino al calorifero magari, fanno parte del vissuto di tutti. Fast food, finger food, food spazzatura e consumo dei pasti in piedi (o peggio, camminando) sono consuetudini che stanno avanzando al galoppo, ma in Italia c’è sempre stata almeno una pastasciutta a stopparli; e ci sarà sempre un sugo “fatto a modo mio” a sconfiggere un cheeseburger.

Dobbiamo continuare a credere nella stagionalità, perno di civiltà culinaria, come fosse una dea: suggerita da una terra che è sempre stata buona con noi, non cediamo al fascino torbido delle fragole a dicembre (o delle melanzane a febbraio, poco cambia). Altrimenti nulla cresce e ci accresce. Un pomodoro sa dire molte cose a chi ha la pazienza di ascoltarlo, ma d’estate si spiega meglio. Pensiamo il cibo legato a doppio filo alla tradizione: guai smettere di sfogliare quaderni vergati da nonne lontane, dalle incerte grafie ormai sbiadite, veri o immaginari che siano. È lì la nostra forza. È nella repubblica del matterello il nostro italian cooking style.

Destinato a lievitare e accrescere la materia di cui siamo fatti, che ci piaccia o no.

Autore

  • Giornalista e scrittrice, caporedattrice del settimanale di Mondadori Tu Style. Si considera “foodblogger” per la passione del cibo, che la porta a pubblicare il libro A tavola con le quattro stagioni (Morellino Ed.) assieme a Monica Sartori Cesari, con prefazione dello chef Filippo La Mantia - www.emoticibo.com