Il racconto La città tonda

Il racconto di Daniel Bidussa dal titolo <i>La città tonda</i>

Mirko, rosso in faccia, si stravaccò sul pouf tondo della cucina col cuore che batteva molto più di quanto non facesse di solito per pompare il sangue in ogni vena ostruita del suo grasso pancione. Mentre, legata come un salame dalla gola in su, col collo tirato come quello di un pollo; Luisa, con tutti i suoi novantadue chili e il grembiule a fiorellini, pendeva dal lampadario.

Tutto ciò avveniva perché il marito alla domanda «Cosa vuoi per cena?» aveva risposto: «Arrosto».

Mirko aveva scelto, fra le tre proposte della moglie, il rotolo d’agnello al forno legato con lo spago da cucina, e quindi, come richiesto da Luisa, le aveva dato una corda, non lo spago.

Vedendola però ignorare la carne e stringersi il cappio attorno alla gola, Mirko di primo istinto si era sfilato il guanto blu scuro di lana della mano destra, parecchio sudata, e, dopo che lei era saltata dalla sedia, aveva anche tolto le mutandine dalle cosce della moglie, lasciandole poi cadere a terra, ondulando all’aria, come una piuma che si fosse staccata dalla pancia di un colombo appoggiato sopra un traliccio. Poi cominciò a massaggiare il clitoride di Luisa. Come tutti i giorni alla catena di montaggio, ogni tanto staccava la mano, per poi riprendere sùbito, su un nuovo bullone, il movimento circolare, tipico dell’avvitamento. Nessuna reazione.

Nessun respiro da parte di Luisa.

Si sentivano soltanto gli spasmi di Mirko dovuti alla fatica di dover tenere il braccio sollevato sopra l’altezza della propria spalla per infilare le sue tozze dita, una alla volta, fino all’intero pugno e poi mezzo braccio, nel corpo sollevato a mezz’aria, e gli scricchiolii della trave della volta del soffitto simili al cigolio di un vecchio portone.

Ma non poteva essere già morta, pensava Mirko, il bambino ancora non era uscito. Non che avesse mai sentito di una gravidanza di Luisa, ma che altro poteva pensare vedendola tentare il suicidio?

Non c’è da sorprendersi che il lampadario avesse retto il colpo: nella città tonda, tutto è a prova di ciccione (dato che nella città tonda anche la vita degli abitanti è visibilmente circolare). Circola la moneta e regolarmente gira la fortuna. Con un colpo al cerchio e uno alla botte, prima o poi tutto ritorna o ricomincia daccapo.

Sarebbe invece rimasto molto sorpreso più tardi, dopo aver fatto uscire il braccio dal corpo di Luisa, vedendo che in mano non stringeva nulla: solo il sangue mestruale, appiccicoso, ormai seccato, ma nessun feto, nemmeno un dente, né un braccio o parte di organi in via di formazione.

Già a Mirko sembrò strano che sua moglie forzasse il processo di trapasso: nella città tonda, dove il tempo scorre, tutto circola, ritorna e ricomincia daccapo, le donne muoiono, solo, di parto. Sono gli uomini che si suicidano per lasciare il loro lavoro ai ragazzi. Ma per di più, pensò Mirko sedendosi confuso, lei non si stava nemmeno impiccando con lo scopo di indurre il parto, cioè, non solo non moriva partorendo (fatto già singolare), ma nemmeno faceva il contrario.

Appena Qualche minuto prima, al suo rientro in casa dalla fabbrica, come Mirko aveva estratto la chiave dalla toppa, era corso a spegnere il riscaldamento. Era dicembre inoltrato, ma entrando nell’appartamento sentì un caldo infernale: l’acqua bollente delle tubature aveva di certo fatto più e più volte il giro di tutti i muri della casa.

Faceva tanto caldo che le pergamene sugli scaffali della libreria si erano seccate, i vinili si erano squagliati lasciando piccole pozzanghere nere sul parquet in salotto, e altri oggetti decorativi appesi alle pareti si stavano lentamente fondendo o deformando. Perfino le lancette dell’orologio a muro si erano decentrate perdendo il contatto con la corrente e si erano fermate. Quella piccola, troppo vicina al calorifero, si era aggrovigliata su se stessa, mentre la lancetta dei minuti era schizzata fuori dal quadrante: dritta per dritta, e si era ficcata nel pavimento, rompendo la piastrella contro la quale si era incastrata ad angolo acuto.

Spento il riscaldamento e ordinato alla buona i danni causati dalla temperatura eccessivamente elevata, Mirko entrò in cucina, già un po’ sudato sotto l’impermeabile, e vide Luisa, che rimodellava un maglione a collo alto per farlo diventare un più elegante (almeno secondo lei) maglione a V, seduta davanti al tavolo. Su una tovaglia a quadri bianchi e rossi invece dei piatti c’erano un coltello da pesce, un rotolo di spago per fare il rollè d’arrosto e una boccetta di salnitro per marinature.

«È troppo presto per la cena?» chiese ansimando Mirko.

«Non so, l’orologio si è rotto» rispose lei senza staccare lo sguardo dal colletto del maglione.

«Fosse solo l’orologio!» esclamò spazientito il consorte maschio «Gli LP, i libri e tutto il resto… da quanto il riscaldamento era così alto?»

«Non so, un po’, ma perché ti arrabbi?»

«Tesoro, hai visto il buco che ha lasciato la lancetta dei minuti sul pavimento? Com’è potuto accadere?» chiese lui intendendo “Come hai potuto permetterlo?” mentre si ricomponeva e tornava ad assumere atteggiamenti civili. Ma Luisa rispose alla domanda così come Mirko l’aveva posta: «Ha fatto un movimento strano, si è staccata dal resto dell’orologio come un colpo di pistola, ma non ruotava su se stessa, e non ha disegnato una parabola nel suo tragitto, né una circonferenza, né una curva. È andata velocissima e dritta, solo un po’ inclinata»

«Nulla va dritto da queste parti da almeno due secoli, e di certo nulla è andato dritto qui stasera: riscaldamento al massimo per chissà quanto, oggetti preziosi rovinati, la cena non è pronta. Tutto va decisamente storto. Il maglione del nonno ha il collo che non gira, e… e… Che strana tovaglia…».

«L’ho fatta io! Questa mattina.» lo interruppe Luisa entusiasta, sovrapponendosi alla domanda di Mirko «ma che forma è?»

«Ma anche se la lancetta fosse schizzata dritta» riprese il marito «perché dopo aver visto tutti questi danni non hai spento il riscaldamento?»

Luisa non rispose, soffocò un accenno di lacrima e puntò timida un dito verso la tovaglia. Come a far intendere: “L’aver visto la lancetta muoversi in quello strano modo mi ha ispirato a provare cose nuove, non più solo cerchi!”

Ma Mirko cercava una risposta nelle parole di sua moglie e continuava a fissarla negli occhi, neanche notò la mano.

«Cosa vuoi mangiare?» chiese lei dopo una pausa impossibile da quantificare senza orologio. Mirko preferì non tornare alla lite, avrebbe affrontato di nuovo la discussione con Luisa il giorno dopo, con più calma. «Stasera inaugurano un locale che fa il giropizza» rispose quindi lui.

«No dai, voglio provare a cucinare una cosa nuova, che ti preparo?»

«Mi sembri stanca, non preferisci riposare?» gli tremava la voce, era preoccupato vedendo gli scatti compulsivi dell’ago in mano a Luisa «Il caldo ti ha dato alla testa, io già respiro male qua dentro. Cosa stai facendo a quel golf?» urlò alla fine, e glielo strappò di mano. Non riusciva più a trattenersi.

Luisa si alzò per carezzare il marito sulla guancia, dopo avergli tolto delicatamente il cappotto e la felpa. Poi lo guardò nei grandi occhi castani sfumati dietro le lenti appannate degli occhiali e gli diede un bacio sulla fronte per convincerlo a indossare il maglione.

«Sei più bello così, non trovi?» chiese lei cingendolo fra le sue braccia.

«No. È strano».

«Va bene, domani lo aggiusto» mentì Luisa «ma stasera voglio provare qualcosa di nuovo, è tutto il giorno che sperimento: il maglione col collo a V, la tovaglia a quadri, e un sacco di cose che non aveva mai fatto nessuno ancora; ora voglio innovarmi ai fornelli. Scegli tu».

Indicando nell’ordine il coltello, lo spago e la boccetta sul tavolo propose rispettivamente: tartare, arrosto al forno e lingua marinata nel salnitro, o lingua salmistrata, come la chiamava lei. Se lui avesse optato per la tartare di pesce o per la lingua salmistrata, lei sicuramente non si sarebbe impiccata, lasciandolo di stucco: al contrario, Mirko si sarebbe meravigliato, non di vederla pendere dal lampadario, ma, rispettivamente, di vederla prendere in mano un coltello e affettarsi i polsi (o solo un polso) fino a dissanguarsi completamente, invece di tagliare a tocchetti un dentice; oppure avrebbe un avuto un momento di silenzioso sussulto, nell’osservare Luisa bere da un flacone di qualche sostanza velenosa. Non necessariamente il salnitro di fronte a lei, che è, come noto, letale solo in quantità assai maggiori; ma fortunatamente in qualunque casa non mancano prodotti che possono causare la morte, se ingeriti. Del resto Mirko non poteva certo immaginare che l’ultimo dei molti azzardi di Luisa quella sera sarebbe stata l’abitudine maschile di morire senza partorire, addirittura senza nemmeno essere incinta; piuttosto che la novità, altrettanto rivoluzionaria, più adatta al suo sesso, di partorire senza morire.

Comunque Mirko rispose sollevato: «Arrosto? Forse?» Lei sorrise di rimando «Servirà più spago allora». E chiese gentilmente al marito di passarle la corda.

di Daniel Bidussa

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