Epifanìa

Stanco, avvolto di scienza e pensiero,
cammina l’uomo nei tempi incerti.
Dove sei, sfera, che tutto racchiudi?
Dove ti porta la mano del re?

Tratto dal mare è il pesce gemello,
e già la terra scorge il venuto.
Ma ancora nuoti, tu, acquifero!
Prima di giungere all’amata riva.

Ecco, l’occhio si apre,
non più flutti, ma dolce vento.
Agita, agita la tenue pinna!
Sorgere è sempre faticoso.

Risuona nell’aria il galoppo severo,
il tempo è venuto, gira il tuo volto!
Viene colei che ogni uomo chiama;
viene la Giusta, dal manto d’oro.
Sul suo destriero, l’universo.
Dalle sue mani scorrono gli dèi.

Nasce di nuovo la prima Voce,
Uomo! Impara a parlare!
Colei che cavalca per la Terra,
porta con sé il corno profondo,
l’origine di ciò che è sacro.

Festa, giubilo, tutto canta!
Ogni creatura saluta i venuti!
È caotico parto, suonate i flauti!
Dolci fratelli!
Padri e sorelle!
Così vi mostrate a colui che vaga!

Il grande Padre è tramontato,
ora il cielo è più sereno.
Si apre il Vuoto, eterno amico,
torna la Vergine, l’Antica,
e con lei tornano tutti gli dèi.
L’acqua di mare si fa di monte,
i tempi scorrono per i campi.
Dalla sua mano un tenue zampillo
diventa tempesta, diventa onda.

Coprite la terra, divini esseri!
Che tutto danzi l’incanto del mondo!
Così esclama la Vostra Signora,
che tutta la Terra rifulga di fuoco!

Sale la gioia nel cuore del vecchio,
l’anziano riscopre la calda passione,
si riempie il fanciullo di affetto fecondo,
Ogni dio è di nuovo in noi.

Danzate, danzate! Che tutto si muova!
O voi alberi, fatevi torri!
Crescete forti, toccate il cielo!
Sui vostri rami si facciano case,
i vostri tronchi, colonne sacre!
L’uomo già guarda l’astro futuro,
torna al cielo che l’ha generato.
Le luci ricordano il nostro legame,
non fate leggi, respirate!

Riversatevi, immortali!
Nelle case, nelle madri!
Nel sesso e nel terrore,
nel corpo di chi muore.

Torna Afrodite, e con lei la guerra,
torna il titano senza catene,
Vieni Eshu, barbaro amico,
che danza nel sangue dei morti violenti.
Tutti ridono, prorompono assieme,
i muri cedono, l’argine cade.
Chi può fermare colei che vuole?
Alzati coro, che lo spazio suoni!
Ogni pianeta canta e rinnova,
il cielo si è fatto acque infinite.
Tutto è un unico oceano.
Tutto è abbondanza di dèi.

Autore

  • Alessandro Mazzi nasce a Pompei nel 1990. Si laurea in Estetica con il prof. Giampiero Moretti all’Università “L’Orientale” di Napoli, con una tesi originale su Hölderlin e il Taoismo. Approfondisce la psicanalisi junghiana e le filosofie orientali. Continua gli studi di filosofia e scienze all’Università di Urbino. Collabora con diverse testate online.