Hegel – Il seme del Nuovo Mondo

di Stefano Geatti

///

Il lento ma inesorabile processo di crescita della storia dell’uomo viene attraversato dal pensiero hegeliano e la figura forse più interessante per la riflessione filosofica è rappresentata dalla nuova giovinezza che lo Spirito vive nelle Americhe.

Per riuscire a raccontare l’importanza filosofica del tema dell’accrescimento mi è parso lampante e inevitabile dover fare riferimento alla filosofia di Hegel: la speculazione filosofica del pensatore tedesco, infatti, si è interamente orientata verso la costruzione di un sistema teorico in cui ogni aspetto particolare dell’esistenza umana possa essere considerato come tappa che lo spirito universale compie, e deve compiere, per giungere a piena consapevolezza di sé.

Si può brevemente descrivere il concetto di Spirito (Geist) – così come emerge dalle riflessioni dell’idealista tedesco – affermando che esso consiste di una razionalità teleologica che governa la storia del mondo poiché coincide con essa e con la realtà intera; compito del filosofo, in tale orizzonte di pensiero, è quello di comprendere teoricamente l’intima unità di razionalità e realtà di tale Spirito, ponendo così il tassello finale al mosaico storico del Geist stesso. Così egli ci dice che «avendo a che fare solo con l’idea dello Spirito e considerando nella storia mondiale ogni cosa solo come manifestazione dello Spirito, quando percorriamo il passato, per quanto grande esso sia, abbiamo a che fare solo con un presente»1 e in quest’ultimo possiamo però scorgere il risultato dei differenti gradi di crescita che lo Spirito ha faticosamente attraversato. Per Hegel, quindi, se è possibile affermare che ogni manifestazione concreta è una tappa dello Spirito, è dunque vero anche che le diverse epoche della storia umana sono costellazioni di eventi particolari che comportano l’accrescimento e l’avanzamento universale del Geist.

Non potendo tuttavia sperare di esaurire qui sia le numerose implicazioni che l’idea di Spirito comporta nel quadro generale del pensiero hegeliano, sia l’importanza del ruolo che il tema dell’Accrescimento riveste in quest’ultimo, vorrei semplicemente porre l’attenzione sulla particolare declinazione del concetto di crescita storica che il filosofo tedesco ravvisa nel nuovo mondo del continente americano. E, quasi come se le immagini che compongono il concetto dell’esagramma fossero metafore del progressivo passaggio della storia dello Spirito da Oriente verso Occidente presentatoci da Hegel, siamo autorizzati a concepire le caravelle di Colombo come emblemi del trigramma superiore –“legno” e contemporaneamente “vento” – guidate dal necessario percorso d’accrescimento del Geist, ovvero dalla forza simboleggiata dal trigramma inferiore, il “tuono”. D’altra parte è lo stesso I King che, nell’esagramma 42, ci suggerisce che l’autentico accrescimento si ottiene solo attraverso la paziente interazione tra l’inferiore e il superiore, nella quale quest’ultimo deve appunto saper cedere il passo a ciò che in apparenza è inferiore2.

Hegel, nelle sue Lezioni sulla filosofia della storia (tenute nel decennio dal 1821 al 1831, ma raccolte e pubblicate solo postume nel 1840), analizzando i caratteri della civiltà cinese da cui avrebbe avuto principio l’intera storia, dimostra di conoscere l’esistenza e l’importanza dell’I King e, tuttavia, fa precedere l’intera trattazione – che lo porterà fino al mondo germanico e alla più moderna cultura europea – da un accenno alle giovani terre delle Americhe. È proprio tale introduzione alle Lezioni, unita al carattere di giovinezza del Nuovo Mondo, che ci incuriosisce, poiché, come un novello Colombo, Hegel sembra tentare di “buscar el levante per el poniente”, ossia sembra voler porre l’attenzione sul fatto che lo Spirito stia procedendo progressivamente verso una terra incontaminata e ancora da formarsi, così come doveva apparire l’origine storica dell’umanità.

Tuttavia, se è vero – come egli stesso ci presenta – che l’accrescimento della storia dell’uomo si muove da est verso ovest, è lecito domandarsi: perché sente poi la necessità di queste riflessioni introduttive? Sembra logico supporre, invece, che esse debbano trovarsi come conclusione del cammino dello Spirito, rappresentando il punto più a occidente del mondo. In tal modo, Hegel crea una paradossale prospettiva in cui sono presenti “due giovinezze” della storia dello Spirito. Inoltre, come se tali problematiche non fossero sufficienti, egli afferma che nella proiezione temporale del Geist, attraverso le differenti epoche la Storia trova compimento nella civiltà germanica moderna, in quanto espressione più completa dell’idea di libertà: «A questo punto si fa avanti il mondo germanico […]: nel paragone con le età dell’uomo esso dovrebbe corrispondere alla vecchiaia. La vecchiaia naturale è debolezza; al contrario, la vecchiaia dello Spirito è la sua maturità completa, dove esso ritorna sì all’unità, ma come spirito»3.

Pertanto, non costituisce forse una contraddizione il fatto che Hegel, prima ancora di mostrare l’intero viaggio dalle civiltà dell’Estremo Oriente fino al perfetto equilibrio dello stato prussiano, ci inviti a guardare ad ovest per scorgere gli embrioni di una nuova vita della storia del mondo?

Se, giunti a questo punto, può sembrare che le domande ci abbiano portato lontano e che la situazione sia divenuta più complicata del previsto, possiamo opporre a tutto ciò un punto fermo: ossia, il fatto che Hegel non si pone mai come un profeta a priori di ciò che potrebbe essere nel percorso dell’umanità, ma tenta di constatare il disegno reale, e dunque razionale, che guida ogni dimensione, fino al punto in cui esso ha potuto estrinsecarsi in forme concrete. Siamo di fronte allora a contraddizioni apparenti. Il percorso dello Spirito che si estrinseca nella storia, infatti, disegna una parabola in cui esso cresce in maniera costante, ma il compimento che realizza non può essere mai inteso come definitivo; al contrario, Hegel ci mostra la storia come un seme che cresce progressivamente e che ad ogni ciclo delle stagioni chiude il cerchio, portando sempre con sé la propria essenza, ma aprendosi insieme ad un nuovo tempo: «Quando noi desideriamo vedere una quercia nella robustezza del suo tronco […], non siamo soddisfatti se al suo posto ci venga mostrata una ghianda; similmente la scienza, corona del mondo dello Spirito, non è compiuta all’inizio. L’inizio del novello Spirito è il prodotto d’un vasto sovvertimento di molteplici forme di civiltà, è il premio di una via molto intricata e di una non meno grave fatica. [Lo Spirito] è l’intero che dalla successione nonché dalla sua estensione è tornato in se stesso […] ma divenuto»4.

Pertanto, alla luce dell’interpretazione della storia dell’umanità che si cela dietro queste immagini hegeliane, è ora chiaro che sia il seme che la pianta, sia lo Spirito nella prima giovinezza della storia che nella sua maturità – per uscir dalla metafora – rappresentano dimensioni semplici e particolari rispetto alla ricchezza vitale del Geist, il quale necessita tuttavia di comprendere appieno il punto da cui ha preso le mosse e il momento a cui è approdato. In ciò risiede il senso profondo del suo accrescimento e la varietà di ogni compimento. Non solo non vi è dunque contraddizione alcuna nell’esistenza di un nuovo mondo oltre l’orizzonte germanico, ma ciò realizza inoltre il compito essenziale dello Spirito, secondo cui anche la civiltà apparentemente superiore deve guardare con interesse alla novità e cedere il passo affinché l’inferiore possa eternare tale processo di crescita.

Così, la terra giovane d’America era tale in virtù del fatto che i suoi abitanti, ancora non influenzati dal grado di civilizzazione europeo, potevano rappresentare, agli occhi di Hegel, l’occasione per restituire giovinezza e nuova vita al corso storico dell’umanità intera, poiché «invero lo Spirito non si trova mai in condizione di quiete, preso com’è in un movimento sempre progressivo»5.

La curiosa prospettiva, attraverso la quale Hegel tenta di inquadrare la nascita e lo sviluppo del Nuovo Mondo, si corona di quel disegno razionale in cui confluiscono tutti gli eventi particolari; ovvero, anche le numerose persecuzioni occorse alle popolazioni indigene amerinde, rientrano a rigore nella necessità storica grazie alla quale gli indios possono esser tratti fuori dalla pre-istoria e confluire nel regno universale dello Spirito e della Ragione, come acutamente sottolineato da José Ortega y Gasset: «Non è esagerato affermare che Hegel vede nell’America – nella sua fauna, nei suoi indios e […] nel suo germoglio coloniale – come un’infanzia della Ecumene»6.

Tutto ciò non può che aprire, dunque, un confronto tra il pensiero hegeliano e, ad esempio, la posizione assunta nelle intricate vie dei Saggi da Montaigne, prospettiva di forte condanna delle violenze al Nuovo Mondo da parte del Vecchio. La contrapposizione nasce evidentemente dal fatto che Hegel, in quanto un post-illuminista, coglieva nella forza della ragione il principio che muove, in pace e in guerra, l’accrescimento della realtà umana, aspetto che, invece, Montaigne, figlio dell’ampio movimento umanista, non avrebbe mai accettato né potuto teorizzare. Ma che cosa scaturisca da tale scontro filosofico non può essere qui sondato e noi, che come Hegel ci esimiamo dal formulare profezie, lasceremo che una proposta emerga da sé nel tempo, dalla crescita speculativa di cui questo articolo spera di aver gettato il seme.


Note:

1. G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, a cura di G. Bonacina e L. Sichirollo, Laterza, Bari 2010, p. 69.
2. Si segnala qui il curioso parallelo tra i concetti espressi dall’I King e uno dei passaggi più celebri e commentati della Fenomenologia dello Spirito di Hegel, nella quale viene presentato appunto il rapporto dialettico tra “signore” e “servo”, tra dominare e servire, il cui necessario avvicendamento permette allo spirito stesso di crescere verso una nuova condizione.
3. G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, cit., p. 94.
4. G. W. F. Hegel, Fenomenologia dello Spirito, a cura di E. De Negri, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2008, p. 9.
5. Ivi., pp. 8-9.
6. José Ortega y Gasset, Hegel e l’America, in Storia e sociologia, a cura di L. Infantino, Liguori, Napoli 1983, pp. 118-119. Si rimanda in generale al breve saggio nella sua interezza, al fine di avere un quadro chiaro e ben strutturato del problema.

Autore