Nuovi orizzonti enologici

indian wine

di Francesca Bresciani

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Alla scoperta della cultura enologica indiana attraverso un confronto con il sommelier Paolo Perillo.

«L’India era talmente grande! Come descrivere qualcosa che sembrava non avere né frontiere né fine?»

In viaggio con Erodoto, Ryszard Kapuściński.

Kapuściński ben esprime ciò che è facile provare ogni volta che si pensi a un paese sconfinato quale l’India, o a qualsiasi fenomeno che in essa avvenga. L’occasione di parlare del mondo del vino in questo paese viene dall’incontro con Paolo Perillo, sommelier per piacere e ora importatore di vini, indiani per l’appunto.

Un giorno che la sorte volle far coincidere con l’estate di San Martino, ovvero l’Indian Summer, – «La vita è tutta fatta di coincidenze», diceva Saramago – Paolo conobbe un ragazzo che da diverso tempo produceva vini in India e da questo incontro nacque l’idea di un viaggio. A febbraio, in occasione della vendemmia, Paolo arrivò nel Maharashtra, lo stato maggior produttore di vino nel paese. L’itinerario ebbe inizio con le folle e gli odori di Mumbai, per finire nelle campagne dello Stato, dominate da vigneti popolati da donne sorridenti in sari dai colori sgargianti, intente a vendemmiare.

Sebbene quest’immagine possa sembrare un po’ bizzarra, evidenze archeologiche e letterarie localizzano la vite in India da numerosi secoli prima della nascita di Cristo. In numerosi testi del periodo vedico si parla di una bevanda sacra, associata al dio Indra, proveniente da uva fermentata cui si attribuisce un potere curativo e che si dice anche essere in grado di donare coraggio e purificare dai peccati. A questi testi antichi non si può proprio dare torto.

In occasione di questo viaggio, Paolo scoprì la sconosciuta viticoltura indiana e i suoi prodotti.

Per comprendere a fondo il vino indiano è necessario partire dall’impronta portoghese. I portoghesi giunsero infatti a Goa nel XVI secolo e importarono metodi e tradizioni della produzione del Porto; nel gusto degli indiani contemporane echeggiano ancora, lontane, le reminiscenze di quei profumi e colori nel vino.

L’abbinamento di un vino ai piatti tipici della cucina indiana potrebbe apparire difficile, essendo questi caratterizzati da aromi e sapori molto decisi; occorre che il vino partecipi alla complessità aromatica del pasto e si caratterizza perciò per alcolicità, morbidezza e, soprattutto, elevata personalità.

Paolo si trovò davanti, in quell’occasione, un mercato con incredibili margini di espansione, un paese con un consumo di vino pro capite all’anno irrisorio, che però, considerato l’alto numero di abitanti, rappresenta un volume importante. Tale volume cresce del 30% ogni anno, in quanto il vino viene considerato dalla nuova e ascendente borghesia indiana più salutare delle altre bevande alcoliche e permette a questa di distinguersi dalle classi meno agiate larghe consumatrici di gin e birra.

Dal fascino della scoperta derivò un lavoro: Paolo è ora ambasciatore di questi vini in Italia.

L’uomo è da sempre caratterizzato dall’esigenza di scoprire altre realtà e di “varcare la frontiera”; ciò spesso porta a un approdo, anche solo temporaneo, in India. Tale sorte toccò anche a Paolo Perillo che ci ricorda come al vino non si riconduca solo e soltanto ciò a cui siamo già abituati e che ci riporta, finalmente, alla confortante idea che ci sarà sempre una bottiglia da stappare con sorpresa.

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