1, 370… Infinito

di Gabriele Pichierri

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Autore di teoremi ma soprattutto di dimostrazioni, il matematico deve spezzare gli ostacoli con efficacia ed eleganza, mentre la prima, scontata e brutale soluzione rischia di allontanarlo da una verità più profonda. Per lui, 370 dimostrazioni di un solo Teorema non sono abbastanza.


La somma dei quadrati costruiti sui cateti di un triangolo rettangolo è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa: tutti conosciamo a memoria questa proposizione, nessuno dubita della sua esattezza. Siamo anche tutti d’accordo nel denominarla Teorema di Pitagora, sebbene fosse una proprietà dei triangoli rettangoli nota alle antiche civiltà del Mediterraneo probabilmente già prima del VI secolo a.C., quando il matematico (filosofo, politico, scienziato, mistico…) nato sull’isola di Samo fondò una scuola a Crotone, e nonostante fosse stata scoperta indipendentemente anche dai cinesi e dagli indiani. Ma se qualcuno vi chiedesse di dimostrarla? Probabilmente se foste capaci di ricavare una dimostrazione o almeno di ricordarvi quella che vi è stata recitata a scuola, vi sentireste giustificati ad occuparvi di faccende ben più utili. Allora vi sorprenderebbe sapere che invece non solo i matematici si dilettano a dare risposte alle domande che troppo spesso nessuno si era mai posto, ma una volta trovata una dimostrazione del noto Teorema che ci vede tutti d’accordo, si apprestano subito a cercarne un’altra. E un’altra. Il libro The Pythagorean Proposition di Elisha Loomis ne contiene addirittura 3701. Perché? Una dimostrazione è una dimostrazione, basta e avanza! Se è corretta il Teorema è vero, punto. Che motivo c’è di cercarne un’altra?

Il fatto è che di fronte a una proposizione da provare, o un problema da dipanare, non tutte le dimostrazioni o le tecniche risolutive sono equivalenti2. Eccovi un indovinello, nella forma di un ormai celebre aneddoto, anche se non documentato con certezza3. Quando il maestro di scuola elementare J.G. Büttner cercò di mantenere l’ordine in classe chiedendo agli studenti di calcolare la somma di tutti i numeri da 1 a 100, non poteva certo immaginare quale matematico sarebbe diventato l’allora giovanissimo studente Carl Friedrich Gauss che sedeva tra quei banchi, e di questo non ha colpa. Ma avrebbe potuto intuire altri modi, più eleganti, ingegnosi e veloci, al di là dell’esecuzione diligente ma ottusa del calcolo di tutte le somme, evitando così una figuraccia. Essa cade nella categoria dei metodi chiamati in modo suggestivo “forza bruta”: si chiudono gli occhi e senza ragionare si portano avanti tutti i conti necessari. Gauss invece ottenne la risposta in pochi secondi. E voi, ci siete arrivati? Basta notare, come probabilmente fece Gauss,  che 1+100=2+99=3+98=…=49+52=50+51 fa sempre 101, e si hanno esattamente 50 coppie di addendi,  1 e 100, 2 e 99,…,50 e 51, quindi il risultato è 50·101 = 5050. L’astuzia del metodo è poi arricchita dalla sua generalizzabilità: la somma dei primi n numeri sarà

 

dove la scrittura a sinistra dell’uguale è chiamata una sommatoria e indica in questo caso appunto la somma 1+2+3+…+n.

Se non siete troppo convinti della validità della formula che leggete sopra con quella strana sommatoria, perché la “dimostrazione” vi sembra un po’ troppo inconsistente, sappiate che esiste un bellissimo e potentissimo strumento chiamato Principio di induzione matematica che permette di dimostrare elegantemente in soli due passi, e spesso in maniera molto semplice, che alcune proprietà valgono per tutti i numeri naturali. Il Principio, un vero e proprio morso che spezza, si può a sua volta vedere come una Proposizione, che discende direttamente dagli assiomi ideati dal matematico italiano Giuseppe Peano per definire i numeri naturali, in particolare dall’ultimo assioma, il quinto, anche se di fatto ne è equivalente. Supponiamo (A) di aver verificato un’affermazione per n=1 e (B) di aver dimostrato che se vale per un numero naturale n allora vale anche per il successivo n+1; allora, come in un infinito domino, l’affermazione vale per tutti i naturali da 1 a +∞.

Ad esempio, verifichiamo per induzione quanto ci ha suggerito Gauss. Che  = 1 coincida con la somma dei primi n numeri naturali per n=1 è garantito, perché ho un solo addendo uguale a 1, quindi ho  la (A). D’altra parte, per la (B), se

allora

Forse qualcuno nel leggere questa seconda dimostrazione, esatta ma così formale ed enigmatica, avrà pensato di preferire in realtà la prima, un po’ pericolante ma più accessibile. Non ne provi vergogna, perché la verità è che sono utili entrambe, ma in maniere diverse: «Solo durezza e eccitazione sarebbero troppo violente […]. Solo chiarezza e dolcezza sarebbero troppo deboli. Riunite, queste due coppie producono la misura giusta», ci suggerisce l’I King. Di sicuro la prima, intuitiva e solo abbozzata, fornisce un obiettivo a cui puntare; con la seconda, precisa ed anche esteticamente più soddisfacente, abbiamo fatto della matematica.

Tornando allora al nostro Teorema di Pitagora, potete intuire quanto sia prezioso disporre non di una ma di ben 370 dimostrazioni! Forse non è un caso se la più antica dimostrazione di cui abbiamo traccia sia in realtà solo abbozzata e in forma di disegno, senza una vera propria argomentazione (Figura 1): si tratta proprio di quella cinese, che compare nel trattato Chou-Pei Suan-King4. Vi sono altre giustificazioni grafiche del Teorema di Pitagora (in altri antichi testi cinesi ma non solo naturalmente), che però rappresentano casi particolari, di solito ristretti a un triangolo di lati 3, 4 e 5, e vi possono sembrare troppo poco rigorose per contare come delle vere e proprie dimostrazioni. Per accontentarvi, anche per questo secondo articolo non posso non menzionare Euclide, «lo scrittore di manuali di maggior successo che il mondo abbia conosciuto»5, che dedica di fatto tutto il Libro I degli Elementi alla dimostrazione rigorosa della Proposizione 47, quella prova del Teorema sui triangoli rettangoli che probabilmente avete sentito recitare sui banchi di scuola. Il Libro I degli Elementi contiene in realtà un’aggiuntiva Proposizione 48, che risponde ad un’altra domanda che il matematico si pone immediatamente di fronte a un Teorema della forma “se X allora Y”: vale il viceversa? Se in un triangolo la somma dei quadrati costruiti su due lati è uguale al quadrato costruito sul terzo6, segue che il triangolo è rettangolo? In effetti la risposta è sì!

Gli Elementi, scritti intorno al 300 a.C., avevano il pregio di aver catturato l’essenza delle accumulate conoscenze matematiche dell’epoca, più di qualsiasi trattato mai scritto, ma non posso esimermi dal sottolineare soprattutto quanto sia lo schema formale di Definizioni, Assiomi e Postulati e logicamente ordinate Proposizioni così magistralmente padroneggiato dal matematico alessandrino a rappresentare un traguardo fondamentale. Quest’opera immortale ha influenzato profondamente anche l’idea di armonia e bellezza della dimostrazione matematica, argomento che merita di per sé più di un intero articolo.

Figura 1 “Dimostrazioni” grafiche del Teorema di Pitagora nel trattato cinese Chou-Pei Suan-King.

Ma ancora un’altra questione riesce a tenere occupata la mente del matematico: quante tipologie di dimostrazioni del Teorema di Pitagora ci possono essere? Secondo Loomis7, solo quattro sono possibili usando gli strumenti della matematica moderna: Algebrica, Geometrica (Euclidea o non Euclidea), Quaternionica (analisi vettoriale) e Dinamica. È interessante l’osservazione8 secondo cui non ci possono essere dimostrazioni basate sulla Trigonometria (nel senso delle proprietà dei seni, coseni, ecc.), sulla Geometria Analitica (quella introdotta da Cartesio) e sul Calcolo Infinitesimale. La Trigonometria stessa si regge sulla affermazione

che altro non è che il Teorema di Pitagora quindi dimostrare il secondo con la prima sarebbe un cortocircuito logico. Anche Cartesio inserì la Proposizione 47 tra le basi della Geometria Analitica, che anzi altro non è se non la Geometria Euclidea trattata algebricamente, quindi si ricadrebbe in due dei quattro metodi già menzionati. E il Calcolo Infinitesimale introduce nuovi concetti analitici a partire da quello di limite, ma dà per buona tutta la geometria del piano e dello spazio.

Ciò nonostante le dimostrazioni possibili per via algebrica e per via geometrica sono infinite9. Di fronte ad un semplice problema risolto più di 2000 anni fa un matematico non può ancora dirsi soddisfatto, nella sua ricerca di raffinatezza dei metodi e di precisione dimostrativa. Ed è anche per questo che la matematica è così affascinante e feconda: oltre ad esserci sempre domande nuove, se anche avessimo trovato tutte le risposte, potremmo sempre proficuamente ricominciare da capo.

“Good proofs are proofs that make us wiser” – Yuri I. Manin, in un’intervista di Martin Aigner e Vasco A. Schmidt


Note:

1. Elisha Scott Loomis, The Pythagorean Proposition, ristampa della seconda edizione, The National Council of Teachers of Mathematics, Inc, Washington, D.C., 1968.

2. E spesso in matematica dentro una dimostrazione si nasconde in realtà una tecnologia per attaccare un problema, fondendo l’una con l’altra.

3. Si veda il resoconto sul sito

4. La datazione di quest’antichissima opera è questione delicata: i suoi contenuti sembrerebbero databili addirittura fino a oltre l’anno 1000 a.C., risultando quasi contemporaneo dell’I King, ma forse si tratta di materiale tramandato oralmente e probabilmente il testo venne perfezionato fino a qualche secolo prima dell’anno zero. Si veda David Eugene Smith, History of Mathematics, Dover Publications, Inc, New York, 1958, Vol 1, pp. 29-30-31.

5. David Eugene Smith, History of Mathematics, Dover Publications, Inc, New York, 1958, Vol 1, p. 103.

6. Non li posso mica chiamare cateti e ipotenusa, posso farlo solo se il triangolo è rettangolo, ma è quello che voglio dimostrare!

7. Elisha Scott Loomis, The Pythagorean Proposition, ristampa della seconda edizione, The National Council of Teachers of Mathematics, Inc, Washington, D.C., 1968 pp. vii e seguenti, p. 244.

8. Ivi, p. 244.

9. Ivi, p. vii.

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