Natura e distribuzione dei circuiti integrati

Da febbraio 2020, la pandemia da Coronavirus ha stravolto la nostra quotidianità. Dai rischi per la salute fisica, all’impatto sul benessere psicologico, fino alla trasformazione della socialità, gli effetti di questo stravolgimento sono noti. Un aspetto che forse ha ricevuto meno attenzione mediatica è stato l’impatto della pandemia sul mercato dei semiconduttori, elementi base per la creazione dei chip. Il prezzo dei chip infatti è aumentato fino al 20% tra il 2019 ed il 2021, con un conseguente aumento dei costi di assemblaggio e smercio dei dispositivi finali, i quali hanno subito un rallentamento della produzione globale. Uno dei motivi principali relativi all’avvento di questa crisi dei chip, conosciuta nel mondo come chip crunch, è legato direttamente al ruolo di un piccolo, ma fondamentale paese asiatico: Taiwan. Quali sono le cause del generale aumento dei prezzi di dispositivi e mezzi che richiedono l’uso di chip e qual è la relazione con la pandemia? Per rispondere a questa domanda, dobbiamo innanzitutto comprendere cosa siano i chip, chi e come li produca e quale sia il loro ruolo nella nostra società tecnologica.

I chip (lett. “pezzetto”) sono fondamentali per il funzionamento e la realizzazione della maggior parte dei dispositivi e mezzi usati oggi, dalle lavatrici ai televisori, dalle automobili ai PC, fino a velivoli, mezzi militari, satelliti e cellulari. Originariamente, la parola indicava solo la piastrina di silicio sulla quale venivano innestati gli elementi del circuito, ma nel gergo comune è passato a indicare ciò che più correttamente viene definito un circuito integrato, ovverosia un circuito elettronico in cui tutti i transistor presenti sono stati formati contemporaneamente per mezzo di un unico processo fisico-chimico.

I chip inviano ed elaborano informazioni e comandi in ambito digitale usando il codice binario. Questo codice sfrutta unicamente la combinazione di due valori, ovverosia 0 e 1, le cui sequenze possono essere “tradotte” dalla macchina in comandi specifici. La trasmissione di questi valori avviene tramite il passaggio (valore 1) o il non passaggio (valore 0) di corrente. La combinazione e la traduzione, invece, avviene mediante porte logiche, elementi di una branca dell’informatica, detta algebra booleana, tramite la quale è possibile appunto associare a un comando esterno la risposta del dispositivo.

Per comprendere meglio la logica su cui si basa il funzionamento della trasmissione delle informazioni, potremmo immaginare di voler comunicare una lettera dell’alfabeto tramite l’uso di una decina di lampadine. Per comunicare la lettera “A” potremmo mantenere spente tutte le lampadine mentre per la lettera “Z” potremmo accendere invece tutte le lampadine. Per la lettera “F” potremmo invece associare l’accensione solo delle prime due e della quarta lampadina accesa, lasciando invece spente le altre (chiaramente è fondamentale mantenere fisso l’ordine delle lampadine). Chiamando 1 lo stato della lampadina accesa e 0 lo stato di quella spenta, si può quindi comprendere come sia possibile sfruttare la combinazione di decine di questi stati per l’invidio di informazioni.

I transistor funzionano come le lampadine: permettendo il passaggio o meno di corrente, tramite la quale è possibile generare i segnali di 0 e 1 e le conseguenti combinazioni, inviano informazioni al dispositivo, consentendone così il funzionamento. I chip possono essere realizzati in forme e materiali differenti, a seconda delle esigenze che devono soddisfare, e ormai possono avere dimensioni nanometriche. Il loro livello di integrazione, cioè il contenuto di transistor, ne determina le prestazioni e tende a raddoppiare ogni anno, secondo la legge enunciata dall’imprenditore e informatico statunitense Gordon Moore nel 1965: la complessità di un microcircuito, misurata tramite il numero di transistor per chip, raddoppia ogni 18 mesi e quadruplica quindi ogni 3 anni.

Con qualche limitazione teorica legata alla complessità dello sviluppo di nuovi materiali e modelli che controbilancino i limiti fisici di miniaturizzazione dei transistor, l’enunciato del cofondatore di Intel Corporation e della Fairchild Semiconductor resta ancora sostanzialmente valido. La potenzialità dei chip ancora non è stata espressa appieno, nemmeno immaginando di lasciare inalterati gli attuali schemi produttivi di fondo, ma già oggi ne esistono contenenti miliardi di transistor per millimetro quadrato. Poiché è la composizione dei transistor a incidere maggiormente sul prezzo finale dei chip, conviene soffermarci più da vicino sul tema. L’elemento base per la creazione dei transistor è il silicio, il semiconduttore più comune e storicamente più utilizzato nella realizzazione di dispositivi elettronici. I semiconduttori, come suggerisce il nome, hanno proprietà intermedie tra gli isolanti (tipicamente materiali ceramici e polimeri) e i conduttori (per lo più metalli): una conducibilità legata alla loro struttura atomica e modulabile tramite processi di doping. Il doping (traducibile come drogaggio) è l’aggiunta controllata di impurità di altri elementi (tipicamente fosforo, boro o alluminio) differenti da quello che costituisce la matrice del materiale principale, cioè il già citato silicio. È importante che questo processo non produca un’asimmetria nella struttura atomica del semiconduttore: una distribuzione errata degli atomi o uno sfasamento dei piani cristallini. Qualora questo avvenisse infatti le proprietà del cristallo, in particolare la conducibilità, verrebbero compromesse irreparabilmente. Una volta concluso il doping, si deve procedere alla realizzazione del transistor vero e proprio, lavorando su grandezze inferiori allo spessore del capello umano.

Il costo finale nella realizzazione dei chip non riguarda quindi le materie prime, le quali abbondano nella crosta terrestre (composta al 28% da silicio), ma il processo di produzione. La realizzazione dei transistor passa infatti per una serie di complessi step che avvengono in apposite fonderie, le quali necessitano di costose tecnologie per essere realizzate.

A oggi le principali fonderie di semiconduttori si trovano in Corea del Sud e in Cina, soprattutto a Taiwan. Questi due Stati e il territorio conteso taiwanese detengono l’86% della produzione globale. Nonostante l’enorme differenza di dimensioni, Taiwan detiene non solo la più ampia produzione a livello globale (65%), ma anche la qualità migliore dei prodotti finali. La maggior parte delle altre nazioni, comprese quelle occidentali, non possiede la tecnologia adatta alla produzione propria di chip, malgrado la maggior parte delle aziende produttrici di elettronica sia anglosassone (Intel, Invidia, Apple, Tesla). Queste aziende si occupano quasi solo del design dei chip, mentre la produzione viene svolta nelle fonderie asiatiche (modello fabless). Il blocco del commercio globale, portando a ritardi nelle consegne dei prodotti e dei pezzi di ricambio, non poteva che produrre effetti deleteri sul mercato dell’elettronica oltreché un generale aumento dei prezzi.

Proprio per evitare la dipendenza da possibili blocchi imprevisti del commercio internazionale che l’allentamento dell’egemonia statunitense, le instabilità geopolitiche e l’esperienza traumatica della pandemia, hanno reso sempre più tristemente ipotizzabili. Il raggiungimento di questo risultato è ancora lontano, ma è chiaro che il suo collocamento nelle agende politiche si sia stabilizzato in una posizione preminente e che molte risorse verranno mobilitate in questo senso nel prossimo futuro, contribuendo a ridefinire gli equilibri globali.

Bibliografia
[1] Record-Level Semiconductor & Component Price Increases in 2021
[2] Moore’s Law to roll on for another decade, Michael Kanellos, Cnet
[3] Tensions with Beijing throw spotlight on Taiwan’s unique role in global tech, CNN Expansion 05/11/21 By Eric Cheung, CNN Business
[4] Taiwan’s Semiconductor Sector Is Dissuading China From Invading, but for How Long? By Anchal Agarwal
[5] Leading semiconductor foundries revenue share worldwide from 2019 to 2021, by quarter, by Statista
[6] Which Country Produces the Most Number of Chips/Semiconductors?, Ajit Kumar Yadav, Tecvalue
[7] MORRIS CHANG, CHM, Computer History Museum, 2007

di Alessandro Perego

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