Ognuno è suolo sul cuor della Terra

L’importanza e la ricettività del terreno su cui poggiamo i piedi

suolo

Conoscerete tutti la messa a terra di protezione, fondamentale per far sì che il potenziale elettrico “scarichi” a terra nel caso in cui ci sia una pericolosa dispersione di energia, si tratta di una sorta di salvavita negli impianti elettrici.

Esiste una sorta di messa a terra anche per noi, si chiama grounding, un pratica che ci permetterebbe di beneficiare del contatto fisico con la terra e il terreno.

Come se in qualche modo questo potesse stabilizzarci e radicarci di più nel presente, fare una camminata a piedi nudi nel bosco.

Inizialmente il suolo era una superficie spoglia e inospitale, il suolo come lo conosciamo noi oggi è nato miliardi di anni dopo la formazione della Terra, ed è stato originato dagli essere viventi. Grazie a loro esiste il suolo rigoglioso che conosciamo adesso.

Se dovessimo prendere una zolla di terra ed analizzarla, la potremmo definire un miscuglio eterogeneo di vari elementi. C’è una parte solida, minerale inorganica e una componente organica, la parte liquida e quella gassosa.

La componente minerale, che si origina dalla degradazione delle rocce, ne costituisce oltre il 95%. La componente organica invece è costituita dai resti decomposti di organismi che vivono nel suolo o che stanno su di esso. Si tratta di batteri, actinomiceti, funghi, lombrichi, artropodi, acari, piccoli mammiferi e moltissime specie vegetali. Tutto ciò che ricade sullo strato superficiale del terreno, viene attaccato da organismi terricoli e viene decomposto in humus. L’humus poi viene mineralizzato, grazie ai funghi e i batteri.

I fenomeni chimici, fisico-chimici e climatici insieme agli essere viventi determinano le proprietà del terreno, questi aspetti poi definiscono la fertilità di un terreno e la sua produttività.

Esistono tre tipi di fertilità: fisica, chimica e biologica.

suolo fiori

La fertilità fisica del suolo dipende dalla sua capacità di dare alloggio ad un sistema di pori, di apparati radicali e di acqua; di garantire quindi lo spazio biologico per tutte le comunità edafiche e di garantire la protezione dall’erosione. La fertilità del suolo si basa su diversi indicatori e parametri: la tessitura, cioè la ritenzione idrica ed il movimento dell’aria; la stabilità della struttura, cioè quanto gli aggregati sono coesi e resistenti all’erosione; la densità apparente e la porosità, cioè il grado di compattazione del suolo; l’infiltrazione, cioè il movimento dell’acqua e la sua permeabilità; il drenaggio del terreno, cioè il controllo dei flussi idrologici e la profondità utile del terreno, cioè il volume di espansione radicale e la disponibilità di acqua e di elementi nutritivi nel suolo.

La fertilità chimica riguarda la capacità del suolo di provvedere al nutrimento minerale per le piante. Alcuni aspetti della composizione chimica di un terreno hanno effettivamente un ruolo nel determinare poi la sua fertilità chimica, ad esempio la percentuale di humus e sostanza organica o la presenza di calcare e minerali. L’humus è solo una parte della percentuale organica terricola totale, ma è fondamentale. Si tratta di un composto rielaborato e umidificato, che parte da aggregati organici semplici incorporati insieme in un eteropolimero condensato, probabilmente derivato dalla decomposizione delle lignine, secondo alcune ipotesi.

La sostanza organica nel suolo in generale e soprattutto l’humus influiscono sulla fertilità in vari modi: migliorando la struttura, aumentando la ritenzione idrica, migliorando il potere di assorbimento, rendendo più fruibili alcuni microelementi e aiutando il ciclo del carbonio.

L’humus dà anche la capacità al terreno di ridurre l’impatto ecologico di diversi inquinanti residui di fitofarmaci o erbicidi, viene così impedito il conseguente dilavamento delle sostanze dannose verso la falda acquifera.

La fertilità biologica è strettamente correlata con la quantità e la qualità della sostanza organica terricola, che è la fonte energetica e di nutrienti per i microrganismi. È quindi collegata all’attività delle comunità microbiche del terreno, dalle quali dipendono i cicli biogeochimici degli elementi nutritivi come il carbonio (C), l’azoto (N), lo zolfo (S) e il fosforo (P). All’interno del sistema vivente che è il suolo, ci sono degli spazi tra i vari aggregati minerali che possono ospitare, in presenza di un film di acqua, dei micro-ambienti dove poi si sviluppa la componente biologica attiva del suolo. La biomassa del suolo presenta batteri, funghi, protozoi, nematodi, insetti, aracnidi, molluschi e vermi.

Il suolo è la sede di importanti processi di sviluppo dei cicli biogeochimici (C, N, P e S), di sintesi di humus e degradazione organica, di degradazione di molecole xenobiotiche, di azotofissazione biologica, di rilascio di enzimi extracellulari e di interazioni pianta-suolo-patogeni.

Il suolo è un complesso sistema vivente a sé che collabora attivamente per il benessere di tutti i cicli vitali.

siccità

I cambiamenti climatici in atto ormai da anni stanno impattando anche sul terreno su cui, senza rendercene veramente conto, ci affidiamo tanto. Si parla continuamente di degradazione dei suoli, si tratta di un insieme di processi degenerativi, irreversibili, che portano poi alla scomparsa di un terreno o alla perdita totale della sua fertilità chimica, fisica e biologica. La degradazione del suolo ha origini in parte naturali e in parte dovute all’uomo. Le modalità di degradazione possono essere per: erosione, salinizzazione, urbanizzazione, inquinamento e desertificazione. Anche un fenomeno naturale come la pioggia può essere dannoso per i nutrienti del suolo. L’erosione avviene appunto ad opera delle piogge e del vento, è più intensa nelle zone predesertiche, e aumenta la sua gravità se in quei territori si attua una coltivazione annuale senza riposi alternati. La salinizzazione è provocata soprattutto da una cattiva irrigazione, infatti irrigando scarsamente dei terreni mediamente aridi questo peggiora la loro fertilità e fa sì che i sali dell’acqua rimangano localizzati sulla superficie. Il risultato finale, invece di idratare i terreni è quello di renderli sterili. L’unica soluzione alla salinizzazione nelle zone aride è quella di dilavare completamente il terreno per disciogliere i sali superficiali ed evitarne quindi l’accumulo.

L’urbanizzazione e l’inquinamento vanno un po’ di pari passo e sono strettamente legati all’attività umana, i loro effetti riguardano soprattutto i terreni nelle pianure delle grandi città. L’Italia, nel periodo di sviluppo economico, ha sacrificato un terzo di tutte le sue aree di pianura nel processo di urbanizzazione. Tutti questi fattori insieme, la salinizzazione, l’impermeabilizzazione, lo sfruttamento eccessivo ecc., sono solo alcune delle cause riconducibili all’uomo e al suo modo di utilizzare il suolo. Gli effetti della desertificazione e della perdita di fertilità sono poi molto più ampi di ciò che si pensa, tutti i nostri equilibri sociali, politici ed economici dipendono dal suolo e dalla sua produttività, dato che dal suolo dipende la nostra stessa sopravvivenza.

La questione dello sfruttamento territoriale, secondo lo Stockholm Resilience Center, è la problematica più urgente della nostra crisi ambientale moderna, per quanto impatterebbe sulla biodiversità. Basti pensare che un suolo sano aiuterebbe già a ridurre la quantità di CO2 presente nell’atmosfera, assorbendola. Iniziare dalla cura e dalla tutela vera del territorio e del suolo potrebbe essere il modo giusto di cambiare la degenerazione climatica.

Bibliografia

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di Veronica Fiocchi

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