In compagnia delle compagnie

Recitare è un rischio condiviso. Sul palco nessuno può sapere cosa succederà finché non è già successo: ogni battuta e ogni azione è soggetta all’imponderabile, eppure coinvolge tutti i partecipanti.

Quel che Pirandello stima e ama di più nel teatro è il pubblico, quel pubblico che vede, osserva, analizza ogni sera, di cui studia e rispetta le reazioni, quel pubblico che non riesce mai a offenderlo anche quando lo contrasta e gli si oppone.

(Diego Fabbri, Pirandello poeta drammaturgo)

Il teatro è uno dei veri azzardi della vita moderna. Per fare teatro è necessaria una buona dose di incoscienza e ogni teatrante è a suo modo un folle sognatore o un inguaribile ottimista che ogni sera si getta nella mischia confidando nel successo ma senza avere alcuna garanzia.

Eppure egli è sempre in buona compagnia: non è lʼunico che fa atto di fede e aspetta di vedere quale sorte gli è destinata. Ogni sera vi sono infatti molte persone che dipendono da lui e ognuna crede e spera di vedere un risultato che, per quanto talento e prove siano state messe in campo, non è mai scontato. Per questo è tanto più prezioso.

A teatro il pubblico si fida a tal punto da pagare in anticipo il biglietto dʼingresso, senza le garanzie che possono dare in simili casi un film passato tra le mani di innumerevoli montatori o unʼautostrada collaudata per la quale è ragionevole corrispondere un pedaggio. A mio avviso la fiducia che il pubblico di un teatro accorda ai suoi artisti è una commovente e necessaria ingenuità in un tempo dominato da un inestinguibile scetticismo. Per la maggior parte degli osservatori contemporanei il teatro è infatti un falso conclamato che non si accontenta di essere esaminato; è molto più facile e naturale rivolgersi allʼimmagine cinematografica, cui è sufficiente essere verosimile per risultare credibile. Il fenomeno teatrale al contrario necessita di essere completato da una buona dose di immaginazione: è necessario interpretare, mediare e comprendere a fondo. Se il teatro mantiene ancora una sua forza, questa risiede senza dubbio nello sguardo dello spettatore. La sua radice è la meraviglia, lʼammirazione e lo stupore. Andare a teatro corrisponde a un rito collettivo, una professione di fede.

Alecchino trasformato dall'amore | Illustrazione di Pietro Tedeschi

Alecchino trasformato dall’amore | Illustrazione di Pietro Tedeschi

Vi è perciò una certa affinità tra chi va a teatro e chi crede negli oroscopi o consulta gli oracoli, forse perché queste pratiche un tempo accostate sono oggi quasi risibili.

In quanto appartenente allʼesiguo numero di persone che si cimenta in entrambe queste attività, so che sia gli oracoli sia gli spettacoli teatrali quando sono degni di fede parlano sempre al presente; tuttavia a volte capita che usino un tempo passato. Perciò, seguendo le linee dellʼI Ching, credo che mettere in dialogo il tredicesimo esagramma con una scena di un passato molto remoto possa creare immagini interessanti e vivide. Immaginate: il fuoco si protende verso un cielo più giovane dʼun milione dʼanni mentre degli uomini, che la scienza ancora definisce a rigore ominidi, cuociono carni e terracotte. «Compagnia fra uomini allʼaperto ha riuscita». Si stanno riposando dal lungo viaggio che li porterà da un capo allʼaltro del pianeta attraverso gli oceani mai ancora solcati, caparbi e ostinati come solo una massa di uomini-scimmia può essere.

«Propizio è attraversare la grande acqua. Propizia è la perseveranza del nobile». Le fiamme lambiscono il tramonto, suono e corpo stimolano i sensi; i grugniti diventano parole, dai gesti nasce un racconto. «Il cielo insieme al fuoco: lʼimmagine della compagnia fra uomini. Così il nobile ripartisce le stirpi e distingue le cose». Il caos preistorico si è già trasformato in narrazione, lʼinvenzione della scrittura è solo lʼepilogo di questa vicenda. Ormai lʼominide è diventato uomo, è successo nellʼesatto momento in cui si è reso conto di partecipare al rito dellʼoralità, collegata nellʼetimo allʼoracolo. Lʼuomo si scopre tale quando riveste un ruolo nella comunicazione con altri uomini, se questa venisse meno, tornerebbe di certo a essere una scimmia.

Chiaramente non tutte le forme di comunicazione sono teatrali, anche se si dice che tutto il mondo è palcoscenico. Si tratta di una frase che dimostra quanto a fondo Shakespeare conoscesse la vera natura del teatro. Queste poche parole, pronunciate nel II atto della VII scena della commedia pastorale As you like it, rendono memorabile il personaggio del melanconico innamorato Jaques e istituiscono una relazione fondamentale tra la vita e la sua rappresentazione teatrale: lʼuna si rispecchia nellʼaltra e ne dipende nella misura in cui ne è la derivazione o lʼemanazione.

Vi è nella storia del teatro un importante capitolo che rispecchia questo rapporto ed esemplifica come il fenomeno teatrale sia per sua natura strettamente legato alle contingenze sociali che si trova ad attraversare, che in questo caso si verificarono appena una quarantina dʼanni prima della stesura di As you like it.

Oltre queste brevi generalità vi sono svariati riferimenti assai più remoti nascosti nel passato della Commedia e sopratutto dietro le sue maschere, lʼelemento che più la caratterizza e che ne costituisce il grande e immediato fascino: pur senza nominare e classificare i moltissimi personaggi che compongono questo pantheon, si può individuare nel gruppo dei “servitori” i caratteri più antichi e tra questi sono di essenziale importanza lo Zanni bergamasco e la sua evoluzione: Arlecchino, declinato in seguito in mille cangianti versioni su cui lʼabbondanza di letteratura rende superfluo soffermarsi. Contrapposti a questi vi erano i “padroni”, cioè i vari Pantaloni, originati dalla figura del Magnifico.

La Commedia e la sua evoluzione ha rappresentato senza dubbio un momento fondamentale per la concezione tanto del mestiere dʼattore quanto del teatro nel suo complesso, anche perché non avvalendosi di testi definiti ma di semplici canovacci di situazione fu più volte reinterpretata e riscritta nel corso dei secoli; le trasformazioni più importanti sono state la cosiddetta riforma goldoniana, per opera della quale la Commedia entrò nel panorama borghese del settecento perdendo gran parte della sua verve satirica, e la successiva fortuna nellʼambito delle avanguardie del Novecento che accolsero i suoi stilemi in quanto portatori di una consolidata tradizione di successo e di riferimento.

Nel corso dei circa tre secoli compresi nella parabola di vita della Commedia propriamente detta sono state molte le novità introdotte e poi canonizzate dalle compagnie di commedianti; trattandosi di Compagnia tra uomini le sentenze dellʼesagramma 13 possono descriverle alla perfezione. «Compagnia tra uomini sul portone. Nessuna macchia». Indica regole condivise; la prima testimonianza nota di un gruppo di attori con uno regolamento è uno statuto legale è la Fraternal Compagnia di Ser Maphio (alias Maffeo del Re detto Zanin), 25 febbraio 1545.

«Compagnia tra uomini dentro la schiatta: Svergognamento». Indica che le compagnie di Commedia dellʼArte erano aperte a tutti. Infatti una formula totalmente inedita di questo fenomeno fu la presenza delle donne sul palcoscenico; la prima di cui vi sia una menzione legale è Lucrezia Di Siena, in un contratto stipulato a Roma il 10 ottobre 1564. «Nasconde armi nella fratta, sale sullʼalta collina antistante. Per tre anni egli non si solleva». Indica la diffidenza. Fare lʼattore non era comunque un mestiere onorevole; dʼaltronde è probabile che molte delle prime performance femminili fossero più simili a spogliarelli che a spettacoli teatrali per come li intenderemmo oggi.

«Egli sale sulle sue mura, egli non può assalire. Salute!». Le difficoltà portano allʼunione; le compagnie più importanti erano quelle con il patrocinio di un potente e gli attori che ne facevano parte erano di fatto membri di una corporazione dʼarte e mestieri, un sindacato. «Gli uomini piangono prima e gemono, ma poscia ridono. Dopo grandi lotte riescono ad incontrarsi». Indica che spesso, per difficoltà interne alla compagnia, per il salario o per il prestigio del mecenate gli attori cambiavano compagnia. In realtà, ancora oggi succede la stessa cosa. «Compagnia fra uomini fuori mura: nessun pentimento». Le compagnie erano spesso itineranti e in assenza di un mecenate in città erano costrette a girare per il contado. Il fatto che la Commedia sia stata di fatto un fenomeno di cultura popolare di massa, uno dei primi dellʼepoca moderna, significa che erano molte le compagnie itineranti, ben diffuse sopratutto in Italia e in Francia; anche i guadagni, spesso a cappello e in natura piuttosto che a sbigliettamento o in denaro, dovevano essere soddisfacenti.

di Giulio Bellotto

Autore

  • Rappresenta l'anello di congiunzione tra l'attore e il critico teatrale, panni che indossa uno sopra l'altro come maglioni in un giorno uggioso. Si sta formando alla Scuola di Teatro dell'Arsenale e nel tempo libero studia Lettere Moderne in Statale.