L’azione di riduzione

Ovvero: la soluzione a tutte le chiacchiere da bar sulle successioni

Sarà capitato a tutti sicuramente, tra una chiacchiera con gli amici al bar o una discussione di alto livello socio-culturale con un anziano incontrato in fila alle poste, di aver udito la proverbiale frase “a lui non lascio nulla”, pronunciata alludendo al fatidico momento in cui ciascuno di noi può esprimere gli oscuri desideri che da anni tiene celati nel proprio animo: il testamento.

Che si tratti dell’odiato coniuge che per anni avete a malapena sopportato o del figlio sfaticato fuori corso che vi ha fatti penare per anni salvo poi decidere all’ultimo di trasferirsi in Brasile e mollare tutto, è sempre bene tenere a mente alcuni articoli del codice civile che potrebbero sollevarvi da ogni singolo dubbio. Ecco quindi una breve guida su come cavarsela in queste questioni.

Innanzitutto occorre sapere che non tutti gli eredi sono trattati allo stesso modo. Il nostro ordinamento prevede all’art. 536 del codice civile la categoria dei c.d. legittimari; costoro sono: il coniuge, i figli (sia legittimi che naturali, sullo stesso piano) e gli ascendenti qualora manchino discendenti. Questo principio, volto a tutelare la famiglia, è inderogabile; rappresenta quindi uno dei maggiori limiti alla capacità di testare[1]. Il testatore non può disporre di una parte che verrà chiamata quota di legittima[2], o riserva, cosicché i legittimari possono anche essere chiamati riservatari o eredi necessari; ma ciò non significa che questi debbano per forza divenire eredi, poiché è ben possibile che rifiutino (nel caso, ad esempio, di eredità in passivo) oppure che abbiano già ricevuto donazioni sufficienti a colmare la parte che gli spetta.

Inoltre non è detto che ciò esaurisca le pretese: il coniuge superstite ad esempio ha diritto anche all’abitazione e all’uso dei mobili adibiti alla residenza famigliare, e tutto ciò va ad aggiungersi alla quota di riserva del coniuge secondo l’art. 540 comma 2.

Orbene, ciò che rimane è definito quota disponibile. Di questa il testatore può disporre a suo piacimento, alterando gli equilibri, dando qualcosa in più ad uno piuttosto che ad un altro. La quota disponibile non può in alcun modo essere inferiore alla piena proprietà di ¼ del patrimonio del defunto, calcolata aggiungendo le donazioni.

Una domanda sorge spontanea: cosa accade se il testatore, preso da eccessiva prodigalità, sfora la quota disponibile? Tramite la sopracitata azione di riduzione il legittimario leso potrà chiedere al giudice che dichiari inefficaci le vostre gesta illuminate da novello San Francesco qualora non sia rimasta una parte sufficiente per colmare i suoi diritti di legittimario. Anzi addirittura potrebbe chiedere che vengano ridotte persino le donazioni fatte in vita: ciò è concesso dagli artt. 555 e 559 del codice civile, a partire dall’ultima e risalendo via via alle anteriori.

Va sottolineato come un testamento lesivo della legittima non sia di per sé nullo; anzi i legittimari potrebbero giungere alla conclusione di voler rispettare le decisioni del de cuius e decidere di non impugnare l’atto.

William Hogarth, A, Rake's Progress, Plate 1: The Young Heir Takes Possession of the Miser's Effects (Il giovane erede prende possesso degli effetti dell'avaro)

William Hogarth, “A Rake’s Progress, Plate 1: The Young Heir Takes Possession of the Miser’s Effects” (“La carriera di un libertino, Scena 1: Il giovane erede prende possesso degli effetti dell’avaro”)

Infine è utile tenere presente che, tutte le volte che qualcuno è stato minacciato con un sonoro “ti diseredo!” quel genere di minaccia ha un valore nullo. L’istituto della diseredazione era conosciuto dai romani, presso i quali il pater familias poteva escludere i propri eredi necessari verso i quali nutrisse rancore per offese ricevute. Ridotta di portata da Giustiniano nel 542 d.C., oggi è sanzionata con la gravissima forma della nullità.

È tuttavia possibile che anche un legittimario venga escluso dalla successione tramite l’istituto della indegnità, il quale prevede sette casi all’art. 463 che in sintesi abbracciano fattispecie di estrema gravità come: tentato omicidio del testatore, o di un suo coniuge o discendente o ascendente; chi sia decaduto dalla responsabilità genitoriale (es. tramite una pronuncia del tribunale dei minori per comportamenti gravi del genitore); chi abbia soppresso o celato un testamento oppure addirittura utilizzato un testamento falso; chi abbia indotto con dolo o violenza una persona a redigere testamento contro la sua volontà o a impedirglielo.

Insomma ben poche speranze vi restano per poter lasciare a mani vuote un parente stretto: la sua tutela è un valore di interesse pubblicistico e non privatistico, come tale fortemente difeso dal nostro ordinamento.

Quello che il nostro diritto fa è un tacito invito (può risultare un flebile sussurro ai più accorti) a scegliere con cura le persone con cui desideriamo passare la nostra vita. Ci richiama all’attenzione sull’importanza di avere rapporti sani e costruiti sulla fiducia reciproca. Il testamento in fondo non è strumento per sfogare le frustrazioni e rigurgitare tutto il male che abbiamo sopportato per anni; le problematiche vanno prevenute e risolte; la legge deve essere l’ultima ad entrare in campo. Spesso mi è stato detto che il miglior atto è un atto non fatto. Criptiche parole di saggezza che danno significato all’intero sistema dello ius civile. Oggigiorno ci viene messa a disposizione una innumerevole quantità di strumenti[3] volti ad evitare le controversie: usiamoli, poiché la legge può e deve essere nostra amica ora e per sempre.

In pratica, se tra le mie mani ho la possibilità di evitare una lite sarebbe meglio farlo, così nella vita personale come anche nel business. Mi vengono in mente le parole di uno dei cofondatori di Paypal, tale miliardario Peter Thiel[4], il quale tra i vari segreti del suo successo cita la capacità di evitare i conflitti. Nei conflitti di questo tipo si hanno solo sconfitti, essi logorano corpo e anima e non portano vantaggi a nessuno.

Così l’azione di riduzione dovrebbe essere l’extrema ratio, per due semplici ragioni. Facilmente questa questione sarà di dominio familiare, ergo una lite familiare è doppiamente sanguinaria rispetto a una lite con estranei. In secondo luogo è una questione largamente prevedibile, tale per cui ci si può sedere al tavolo carta e penna e fare le giuste proporzioni in modo da accontentare chiunque. Il male maggiore poi lo si compie lasciando una bomba innescata che andrebbe a esplodere tra le mani dei successori, i quali si ritroverebbero immischiati in una diatriba che non hanno cercato.

Di conseguenza quando la prossima volta sentirete qualcuno proferire certe frasi da bar sarete legittimati ad alzarvi, sbattere i pugni sul tavolo e ricordare che: al caro parente tanto odiato è obbligatorio per legge un lascito e che le questioni sarebbe meglio risolverle in due intorno a un tavolo e non dietro al bancone del tribunale.

Note

[1] Sia nel caso in cui si faccia testamento che nel caso in cui si proceda con la successione legittima troveranno applicazione le norme sulla legittima.

[2] Se non ha figli al coniuge spetta ½, del patrimonio, se ha un figlio gli spetterà 1/3, se ha due figli ¼, se concorre con gli ascendenti ½, come previsto dagli artt. 540, 542 e 544 c.c.

[3] Ad esempio il legato in sostituzione di legittima.

[4] Peter Thiel, Da zero a uno, Rizzoli Etas, 2015.

di Michele Chierici

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