L’inaspettato nel bar di Scimone e Sframeli

Un duo messinese fra situazioni bizzarre e sensibilità umana

Non è propizio imprendere una cosa qualsiasi. Lo sa bene ogni artista che tenta di appassionare un pubblico. Dalla Sicilia di E. Dante, di V. Pirrotta e del compianto F. Scaldati il teatro di ricerca contemporaneo ha ricevuto anche la «propizia perseveranza» del duo messinese qui presentato.

Bisogna fare ogni lavoro per amore del lavoro stesso come lo richiedono tempo e luogo, e non occhieggiare verso il risultato; allora si riesce e ciò che si intraprende ha successo.

L’interpretazione della seconda linea dell’esagramma che marchia questa rivista commenta in modo perfetto il percorso dell’autore-attore siciliano Spiro Scimone. La sua coerenza nella scelta – rischiosa da un punto di vista “commerciale” – di descrivere la marginalità sociale, l’inettitudine, il «dolore umano» di cui parlava Camus e, in un certo senso, l’innocenza è stata ampiamente ripagata dal plauso riscosso negli ultimi due decenni. All’allestimento dei primi testi[1], sotto la direzione di C. Cecchi, di V. Binasco e di G. Imparato, hanno fatto seguito, come è noto, l’impegno in tournée internazionali e il conseguimento dei massimi premi italiani per la drammaturgia.

La caratteristica più interessante della scrittura di Scimone è, a mio parere, il misto di grazia, sensibilità e ironia con cui sono presentati i moti d’animo di individui insicuri, ossessivi, a volte irascibili e a volte pavidi, tesi verso la difficile soddisfazione di modesti desideri o di bisogni elementari e generalmente in cerca di reciproca rassicurazione.

Amore di Scimone e Sframeli

“Amore” di Spiro Scimone, regia di Francesco Sframeli. Premio Ubu 2016 Miglior Novità o Progetto Drammaturgico, Miglior Allestimento Scenico e Nomination come Miglior Spettacolo. Da sinistra: Spiro Scimone e Francesco Sframeli. Foto di Paolo Galletta.

Grazie anche all’esattezza e alla musicalità con cui alternano le frasi brevi e i silenzi che ritmano i dialoghi degli spettacoli, Spiro Scimone e Francesco Sframeli (da sempre compagno di scena – con prove d’attore assai elogiate – e negli ultimi anni anche regista delle pièce del primo)[2] hanno interpretato con piena credibilità personaggi coinvolti in situazioni in apparenza tanto bizzarre e irrealistiche quanto in verità universali. A riprova dell’apprezzamento della compagnia è significativo che persino un palese richiamo nei drammi a un capolavoro come Finale di partita o Il calapranzi non sia percepito dal pubblico come un inutile manierismo[3].

Per non insistere in valutazioni critiche che poco possono avvantaggiare chi non ha udito le voci e osservato i corpi – elemento centrale pure in un teatro “di parola” – della coppia di artisti in esame, vorrei invece citare alcuni brani dell’opera del 1997 Bar (redatta in lingua messinese al pari di Nunzio, l’esordio dell’autore, di tre anni precedente).

Nel retrobottega della caffetteria dove Nino – impersonato da Sframeli –  ha lavorato (in nero) sin da ragazzo, sognando di poter un giorno… preparare gli aperitivi, Petru – Scimone – racconta di avere rimediato un impiego:

PETRU Un me’ amicu mi truvau ‘u travagghiu.
NINO Cui?
P. Unu chi gioca ‘e catti cu’ mmia!
N. Comu si chiama?
P. Gianni, u canusci?
N. No. Chi travàgghiu fai?
P. Non m’u dissi.
N. Ti truvau u travagghiu, ma non t’i dissi chi travagghiu fai?
P. Sì.
N. E si poi ‘u travagghiu non ti piaci?
P. Nino, si vògghiu travagghiari è così! Gianni m’i dissi chi è un postu di travagghiu sicuru. Paganu bbonu… Iddu si pìgghia sulu i primi tri misi.

Il compagno di partite a carte, Gianni, è nominato costantemente nella tragicommedia. Ha sottratto a Petru, per i debiti di gioco, non solo un prezioso orologio del nonno, l’abito e la fede delle nozze, i gioielli della moglie e gli elettrodomestici, ma persino le scarpe da tennis.

Nino, come detto sopra, non lo ricollega a colui che egli chiama «l’animali», il magnaccia che opprime Sara (una gentile peripatetica che frequenta il bar).

PETRU A facisti ‘mmazzari di bastunati!
NINO Fu l’animali chi ‘a mmazzau ‘i bastunati!
P. Ma tu vaddavi!
N. Jo vulìa reaggiri!
P. E picchì non reaggisti?
N. Me’ mamma non vulìa! (Pausa)

Nino dorme nella stessa stanza della madre, che ogni mattina anticipa e disattiva la sveglia per poterlo destare portandogli il caffè a letto. Si intuisce che la donna ha sempre sconsigliato al figlio di assumere atteggiamenti eroici.

Bar di Scimone e Sframeli

“Bar” di Spiro Scimone, regia di Valerio Binasco. Premio Ubu 1997 Nuovo Autore a Spiro Scimone. Premio Ubu 1997 Nuovo Attore a Francesco Sframeli. Da sinistra: Francesco Sframeli e Spiro Scimone. Foto di Andrea Coclite.

Entrambi hanno dunque un conto aperto con lo stesso prepotente. Lo stratagemma che Petru architetta per far fronte ai propri stenti è quello di invitare una sera Gianni e altri suoi sodali nel locale per “ripulirli” alle carte, con la complicità di Nino. Il barista però, una volta riconosciuto «l’animali», non è capace di emettere, dal bancone, i colpi di tosse convenuti come segnale con l’amico. Il turbamento e la paura lo portano a concentrarsi per tutta la notte in un’infantile vendetta: adulterare il vino da servire a Gianni nascondendovi moscerini morti. I debiti di Petru sono cresciuti, come la delusione di Nino. Se il piano avesse funzionato, avrebbero addirittura acquistato il bar! Ai due non rimane che fantasticare circa una rivincita.

Tuttavia… alcuni giorni dopo Nino spiega a Petru di aver parlato con dei poliziotti che avrebbero voluto restituire un vecchio orologio (quello del nonno di Petru) al legittimo proprietario. Gli agenti hanno altresì interrogato Nino sulle abitudini di Gianni, che è stato ritrovato cadavere.

PETRU Tutti non ci dannu cchiù i trentanni [all’orologio antico], picchì me’ patri s’u misi sulu tri voti, poi non funzionau cchiù.
NINO Ora funziona.
P. Com’u sai?
N. Quannu Gianni murìu, ll’avìà ‘nto pusu.
P. Com’u sai tu?

Nino cambia argomento. Gli spettatori non sapranno mai con certezza se uno (e quale) dei due apparentemente indifesi amici ha eliminato il sopraffattore.

Se quindi il moto segue la legge del cielo l’uomo è innocente e senza falsità.

Note

[1] La cui pubblicazione in Italia è stata merito di Ubulibri. Per approccio iniziale al teatro di Scimone si può ricercare… una copia del film: Due amici, del 2002. Si consulti inoltre: www.scimonesframeli.org.

[2] A partire da La festa, del 1999, il duo ha accolto altri attori nelle produzioni e ha sostituito il dialetto con l’italiano.

[3] Scimone parte da un’ispirazione diversa da quella che, e.g., ha animato Franco Branciaroli per il pastiche beckettiano Dipartita finale.

di Gianmaria Marrara

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