L’ascendere

nanbanjin

Pannello d’epoca Edo (1603-1868) che descrive l’approdo dei nanbanjin in uno dei porti nel sud del Giappone.

Il ventaglio si è aperto, l’elastico è stato teso a più non posso! Il nuovo numero ci porta infatti all’esagramma 46, intitolato: L’ascendere (Sciong). Sembra il logico coronamento della scalata che ha cominciato a decollare con la terza uscita della rivista, dal tema La potenza del grande, per proseguire in planata con il numero successivo, L’accrescimento. Occasioni che, qualche fedele lettore ricorderà, si erano prese cautamente per non darsi ai facili entusiasmi che questi temi dell’I King potrebbero suggerire pensando al recente sviluppo della nostra rivista.

Yj - 46-1​Proprio adesso però, smesso di essere guardinghi per festeggiare in pace l’ennesimo segno fausto del sacro libro cinese, ecco che lui gioca un tiro più mancino di McEnroe, propinando come esagramma di sviluppo il numero 48, Il pozzo… un inciampo degno del Presidente Ford! [Video]. Ecco il perché di ventaglio ed elastico: in un colpo solo abbiamo toccato il punto più alto e il più basso descritti dall’I King. Come interpretare la faccenda e aggirare la conclusione che il progetto della rivista stia per colare a picco? Anzitutto calma, continuiamo a leggere il testo. Dunque… ah ecco: «Avviarsi verso il sud reca salute», recita la Sentenza. Il moto verso il basso, verso le regioni fresche e umide simboleggiate dal pozzo stanno quindi a significare un concetto cogente: andate in vacanza che è ora!

Yj - 48-1​Certo, la strada verso il sud, sinonimo di mare e ferie, non è sempre così allegra. I giapponesi avevano definito viaggiatori e mercanti portoghesi, sbarcati sull’isola di Tanagashima nel 1543, dei nanbanjin, cioè dei «barbari del sud». Anche all’interno della forma dell’esagramma vediamo l’unica linea mobile – ossia, per chi comincia a familiarizzare il meccanismo, il discrimine fra i due esagrammi che abbiamo ricavato – portare con sé un commento che invita a «non voler saltare alcun gradino, bensì avanzare come esitanti passo per passo». È curioso che i due esagrammi (n. 46 e 48) stiano proprio a distanza di un salto l’uno dall’altro. In mezzo resta quello dal titolo L’assillo o L’esaurimento. Stiamo venendo forse redarguiti per la pigrizia di non pubblicare un numero estivo, adducendo come scusa il classico stress da fine anno? “Poverini!” – sembra sbeffeggiarci l’I King – ma noi abbiamo replicato così: “Col piffero che usciamo con un numero in pieno agosto!”. Vero è, infatti, che non bisogna saltare i gradini, ma nemmeno indugiarvi troppo a lungo, dato che il pubblico di lettori per primo andrà a riposarsi sotto l’ombrellone. Il Buddha non diceva forse che, una volta raggiunta la sponda opposta, occorre abbandonare la zattera? Non a caso gli elementi naturali contenuti nell’esagramma di questo mese sono il legno e la terra.
Era stato Erodoto ad accusare Serse di aver stravolto gli elementi naturali costringendo le barche ad andare sulla terra per fare una scorciatoia nell’Ellesponto, motivo per cui le ha poi prese di santa ragione. Ben gli sta, noi preferiamo evitare. Vedo già gli indologi pronti a ricordare che nel Rāmāyaṇa, il poema epico indiano, i protagonisti gettano dei massi in acqua per poter camminare fino al regno di Lanka e recuperare la bella Sita. Il prof. Boccali, in una recente conferenza alla Casa della Cultura, ha ricordato in proposito la diffidenza degli indiani per la navigazione sui mari.
Nonostante i timori, però, sembra che pur di andare su di una bella e ricca isola (significato di Sri Lanka, prima che quei “barbari” dei portoghesi la chiamassero Ceylon), si farebbe proprio di tutto. Soprattutto se la posta in gioco è, come nel celebre Sutra della discesa a Lanka, la verità fornita dal Buddha in merito alle dottrine erronee. Anche qui un’altra discesa comunque. È proprio vero che «avviarsi verso il sud reca salute», allora. Ma essa arrivò dopo la visita del Principe Illuminato nelle profondità dell’oceano fino al regno dei nāga. Due movimenti estremi ed opposti, dunque, come nei due esagrammi che fanno capolino in questo numero, atti a sintetizzare la grande intuizione di questo sūtra: l’essere illuminato (detto qui tathāgata, cioè «colui che è arrivato», un po’ come il nostro praticante che, degno di un Géricault, è finalmente approdato con la sua simpatica zattera), arriva anche a coincidere perfettamente con la “Coscienza deposito” (ālaya-vijñāna), cioè l’essenza del mondo, raffigurata ancora una volta come un profondo bacino. Un altro pozzo insomma.
Che si scriva una rivista dunque, barcamenandosi fra sospette ascesi e rischi di sprofondamenti, o che si vada solo in vacanza, bisogna pur sempre scegliere: mare o montagna? Un altro testo cinese, il Shan hai jing, il Libro dei monti e dei mari, narra a tal proposito della stirpe umana dei Miao un tempo dotata di ali che, per vari motivi, finisce col far inalberare nientemeno che il Re delle Altezze, il quale spezza loro le ali (anche i cinesi hanno il loro peccato originale e i loro Icaro!). La situazione finisce perciò col ribaltarsi. Curioso pensare che in giapponese proprio l’ideogramma di ‘isola’ combini i caratteri di ‘montagna’ e ‘uccello’ in due possibili versioni, una in cui è quest’ultimo a volarle sopra

Jima (1) (島)

e un altro in cui invece ne viene soverchiato

Jima (2)(嶌).

Ogni popolo sembra avere perciò i suoi trascorsi. I latini ci hanno insegnato che il mare è altus perché profondo ma, al contrario, il nostro verbo ‘ascendere’ – per tornare infine all’esagramma – proviene etimologicamente dal sanscrito skandati, che racchiude in due sensi antitetici il ‘saltare’ (o ‘elevarsi’), e il ‘cadere’.
Dato che questo numero uscirà a settembre, tuttavia, se avrete anche soltanto avuto la possibilità di leggere il presente articolo, significa che le cose, in fondo, non hanno avuto un esito troppo nefasto!

Per le calligrafie ringraziamo il maestro Bruno Riva e il sostegno dell’associazione shodo.it

Autore

  • Federico Filippo si risveglia dal sonno dogmatico nella bella facoltà di Filosofia in Statale e si riaddormenta con gli studi a Venezia. Tornato a Milano, dopo il gong della laurea in Scienze Filosofiche, inizia collaborazioni con la cattedra di Estetica e nel frattempo, in fuga dall’accademismo, ha la fortuna di radunare un gruppo di ragazzi pieni di stoffa e fondare la rivista di arte e cultura La Tigre di Carta, cui segue l’Associazione culturale La Taiga che gestisce il teatro e circolo culturale Corte dei Miracoli. Fra editoria ed eventi, gioca col violoncello il bridge e lo yoga. Tutto ciò non fa bene alla salute... meglio scrivere!