Ovvero come unità e particolare si fondono in armonia
Pieter Bruegel il Vecchio (1525/1530-1569) è stato uno dei più grandi pittori fiamminghi e le sue opere sono spesso caratterizzate da una profonda meditazione sulla vita, soprattutto quella dei ceti più bassi della popolazione, colti in attività quotidiane e prive di idealizzazione che permette di indagare in profondità l’animo umano. Tutto questo è ottenuto con una pittura minuziosa, ricca di particolari, che fa diventare l’opera un contenitore di storie, movimenti e azioni sempre nuove e sorprendenti.
Tra le varie opere che ci ha lasciato ve ne è una, conservata alla Gemäldegalerie di Berlino, che ha tutto questo: i Proverbi fiamminghi (1559).

Siamo davanti a un’opera che è un labirinto, dove vediamo disposti in un paesaggio unitario e concreto, che partecipa alla narrazione, almeno ottanta episodi che raffigurano altrettanti proverbi.
Ma cosa sono questi proverbi? Sono piccole perle di saggezza popolare, modi di dire che si tramandano di generazione in generazione, racchiudendo in sé l’esperienza e l’osservazione della vita.
L’opera di Bruegel non è solo una semplice raccolta di proverbi, ma è anche un dialogo con il pensiero umanistico del suo tempo, infatti è profondamente influenzata dagli Adagia di Erasmo da Rotterdam, una raccolta di proverbi greci e latini che offriva una chiave di lettura della realtà e una riflessione sulla condizione umana. Usciti per la prima volta con il titolo Adagiorum collectanea a Parigi del 1503 con 818 proverbi, una seconda edizione con 3260 detti venne stampata nel 1508 da Aldo Manuzio a Venezia e la terza edizione uscì nel 1533, contenente 4151 proverbi. Erasmo era interessato a esplorare la saggezza popolare e a utilizzarla come strumento critico nei confronti della società del tempo in cui viveva e Bruegel, reinterpretandoli, li trasforma in immagini potenti e cariche di significato.
Tra i tanti proverbi individuabili nel dipinto possiamo provare a vedere quelli più interessanti e curiosi, qualcuno in uso ancora oggi.
In basso a sinistra vediamo una figura femminile intenta a legare una figura demoniaca, questo è il proverbio “Riuscire a legare il diavolo con un cuscino”, che vuole indicare sia l’astuzia femminile che grazie alla caparbietà si può raggiungere qualsiasi risultato. Scorrendo il dipinto vediamo una donna che mette un manto azzurro sulle spalle di un uomo che, appunto, raffigura il proverbio “Mettere un panno azzurro sul marito”, ovvero che chi subisce un torto diviene famoso suo malgrado, mentre sul muretto vediamo un soldato che sta mettendo un pendaglio a un gatto, significa “Mettere una campana al gatto”, cioè avere poca segretezza.
Tra quelli più simpatici e particolari possiamo vedere, poco sopra il soldato con il gatto, un uomo che tocca delle galline, questo proverbio suona come “Tastare il culo alle galline (per vedere se hanno le uova)” che significa far conto di cose non ancora accadute. Oppure ci sono proverbi che richiamano nostri modi di dire, ad esempio possiamo vedere due sederi scoperti che escono da un buco nel muro che significa “Cacare in due dallo stesso buco” che è il corrispettivo del nostro modo di dire “Essere culo e camicia”, mentre nella zona alta del dipinto, a destra, vediamo due teneri orsi che si tengono per la zampa che rappresenta il detto “Gli orsi selvatici preferiscono la loro compagnia” che il nostro “Chi si somiglia si piglia”.
Gli Adagia di Erasmo non sono l’unica fonte d’ispirazione per Bruegel e tra queste vi sono anche i testi sacri, come si vede nel proverbio “Gettare rose ai maiali” che è preso dal Vangelo secondo Matteo (Mt 7,6).
Bruegel, attraverso la rappresentazione dei proverbi, crea una sorta di satira sociale, ironizzando sui vizi e le follie dell’umanità. I personaggi del dipinto sono spesso rappresentati in modo grottesco o caricaturale, sottolineando le loro debolezze e le loro contraddizioni.
Questo stile e questa tematica fa sì che I Proverbi Fiamminghi si inseriscano all’interno di una produzione artistica più ampia, caratterizzata da un profondo interesse per la vita quotidiana e per la rappresentazione dei tipi umani. Questo è visibile in opere come la danza dei contadini (Vienna, Kunsthistorisches Museum, 1568 circa) o La battaglia di carnevale e quaresima (Vienna, Kunsthistorisches Museum, 1559), dove in un paesaggio urbano si affrontano su due carretti le raffigurazioni di Carnevale e Quaresima mentre attorno miriadi di figure sono intente a partecipare alla battaglia.
Un dipinto derivante dai Proverbi Fiamminghi è sicuramente Dodici proverbi (Anversa, Museo Mayer van den Bergh, 1558) dove su sfondo nero sono allineati in tre file dodici medaglioni, ciascuno contenente una figura che illustra efficacemente un proverbio e accompagnato da una scritta esplicativa.
I Proverbi Fiamminghi di Bruegel sono un’opera complessa e multiforme che ci invita a un viaggio alla scoperta della saggezza popolare, della follia umana e della bellezza della vita. Attraverso l’analisi dei proverbi, dei simboli e dei riferimenti culturali, possiamo comprendere meglio la società fiamminga del XVI secolo e apprezzare l’originalità e la profondità dell’opera di Bruegel. Questo dipinto è un invito a riflettere sulla natura umana, sui suoi vizi e sulle sue follie, ma anche sulla sua capacità di ironizzare su sé stessa e di cercare un senso più profondo dell’esistenza, è un recipiente dove l’Uomo si rispecchia per trovare la sua identità.