Lo scoprirò da solo

Sto fissando da un tempo indefinito il soffitto, chiedendomi se gli inquilini al piano di sopra faranno durare ancora per molto il loro amplesso. Il mio, con il ragazzone sdraiato a pancia sotto sul letto, è durato probabilmente come i loro preliminari. Promettono una notte di passione e poi hanno la stessa resistenza di un palloncino baciato da uno spillo. Mi dispiace andarmene. Mi sembra un uomo a modo. Preoccupato più del mio piacere che di soddisfare se stesso. Rarità di questi tempi.

Racimolo da terra il mio vestito e con la mano libera afferro le scarpe. In punta di piedi abbandono quella stanza con la consapevolezza di non rivedere mai più quest’individuo per il resto della mia vita. I rapporti occasionali hanno la sfacciataggine di regalare emozioni forti, un po’ di sana adrenalina, quella sensazione di proibito ed eccitante. L’unica cosa che mi sta tenendo viva di questi tempi.

«Te ne vai così presto?», la voce impastata del ragazzone mi coglie impreparata mentre tento di uscire indisturbata dalla camera da letto. «Torna a dormire, domani mi devo svegliare all’alba».
«Quindi è vero quello che si dice di te in giro», con la mano si sfrega la barba di qualche giorno guardandomi con aria perplessa, come se fossi un enigma da risolvere mentre sono completamente nuda davanti a lui.

Mi avvicino al letto infilandomi il vestito dalla testa e poi con l’indice indico il soffitto «non
posso riposare con tutto questo chiasso» mi giustifico, «che voci girano su di me?».
Rimane in silenzio ancora un po’. «La tua fama ti precede, dolcezza», si siede sul bordo del letto, «non sei una da secondi appuntamenti». «Questo perché nessuno mi ha incuriosita così tanto da volerne altri, di appuntamenti». «Perciò io faccio parte di questa categoria, corretto?».

Lo guardo stupita. Nessuno prima d’ora mi aveva posto questa domanda. Da me si aspettano questo. Usciamo insieme, mi concedo, me ne vado. Sono solo un’avventura, una scappatella extraconiugale, una notte di passione. Prendere o lasciare. Faccio fatica ad amare me stessa, figurarsi se posso amare un perfetto sconosciuto. «Hai detto che la mia fama mi precede, quindi ti chiedo: tu vorresti ancora uscire con me? Non ti importerebbe nulla di quello che potrebbero dire le persone se ti vedessero in mia compagnia?», mi appoggio al bordo del letto con una mano per non perdere l’equilibrio mentre indosso una décolleté.


«Di quello che pensa la gente, ho imparato a fregarmene tanto tempo fa», si alza in piedi
incamminandosi verso la porta, «visto la vita che fai, mi stupisce che a te importi». Infilo anche l’altra scarpa e lo osservo mentre tiene la porta aperta, invitandomi ad andarmene. «Non ti obbligo a rimare qui a dormire, ti riporto a casa se vuoi». Nel frattempo, la coppia del piano superiore sembra aver finalmente trovato pace tanto da non sentire più alcun rumore. Improvvisamente il silenzio mi sembra più rumoroso dei gemiti della coppia focosa.

Muovo qualche passo incerto verso di lui. «Non serve che mi accompagni, posso farcela anche da sola». «Questo non lo metto in dubbio. Mi lasci come ricordo le tue mutandine?», indica il mio intimo appoggiato sopra il comodino, come un piccolo cimelio da collezione. «Facciamo che me le porti la prossima volta che ci vediamo». «Quindi, mi stai dando un secondo appuntamento. Posso saperne il motivo? Mi lusinga». «Perché non l’ho mai fatto e tu mi sembri il tipo giusto per sperimentarlo. Mi piace provare cose nuove».


Il suo silenzio è un chiaro segnale che non gli basta questa risposta. «Vuoi sapere la vera ragione per cui non concedo mai il secondo appuntamento?», mi avvicino al suo orecchio per sussurrare quello che mi spaventa di più al mondo. Ma lui mi precede, «Non sarai tu a dirmelo, lo scoprirò da solo».

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