A scoppio ritardato la primavera di quest’anno.
Allunga i tempi dell’estate, sconfina la siccità. I letti dei fiumi autostrade di sabbia, le cicatrici sul terreno arrese per non rimarginare. Mezze giornate al villaggio senza elettricità e, dunque, senza la pompa del pozzo. Nelle ore buone, Anifa raccoglie l’acqua nei catini sotto il sole assassino, la porta in casa dove la nonna la bolle per renderla potabile.
La piccola Lea percuote il bracere dalla cenere di ieri.
Anifa si lamenta del caldo, insulta l’arsura e il clima che si rivolta offeso contro di loro. La nonna la sprona a star serena, ne ha viste lei di stagioni, e poi dal cielo scendono felici regali. L’epidemia è spenta, lo dicono tutti.
Lea torna nei paraggi perché vuole origliare.
Merito degli sciamani, loda la nonna, che hanno benedetto il villaggio.
Macché sciamani, reagisce Anifa, quelli farebbero meglio a chiamare la pioggia! Se siamo guariti è solo grazie ai medici, avessero atteso la magia sarebbero già straziati di epatite e febbre gialla.
Ma questo era un male più oscuro, accenna la vecchia.
Anifa ripete compunta la sua convinzione e dà un occhio a sua figlia che glielo rende indecisa. A volte mamma la perseguita col matrimonio, altre invece vorrebbe studiasse medicina, valla a capire. A proposito, intona la piccola sentendosi chiamata in causa, com’è andata la visita di papà dal dottore?

Anifa rovescia un po’ d’acqua bollente in una caraffa e prende un’espressione incerta.
Il dottore dice che il suo è un caso più grave degli altri e stenta a guarire, tuttavia il mzungu conosce una cura. È necessario che Ismahil si rechi da lui ogni settimana di domenica, dopo la messa.
Ma non è chiusa la clinica quel giorno? Domanda la nonna.
Sì, ma farà un’eccezione per lui, è tanto caritatevole il dottore. Siamo nelle sue mani e in quelle di Dio.
Traballando per il gran vento, le finestre prendono un velo che quasi le appanna.
Negli ultimi giorni lo vedo molto meglio però, commenta la nonna, è più allegro, più acceso.
Anifa annuisce. Con lei è anche più affettuoso, ammette guardando d’intesa la nonna perché Lea non capisca.
La piccola tanto è distratta dalle nuvole che nuotano in cielo, si ripiegano come un impasto e poi scuriscono impazienti.
Guarda mamma!
Il suo ditino torna a colpire, mirando stavolta più lontano, sull’orizzonte.
Le tre donne si affacciano alla porta, colte di sorpresa dal temporale che sta per scoppiare.



