Dado D&D

C’erano una volta i draghi, le caverne e le regole

Il coacervo di (quasi) tutte le fantasie

Quando menzioni i giochi di ruolo (GDR, per gli intenditori) il pubblico solitamente si divide in tre grosse categorie. I migliori (a modesto parere dello scrittore) sono quelli che strizzano l’occhio e intendono i giochi zozzi, dove lui è un imprenditore spregiudicato e lei interpreta una sexy ispettrice del fisco. Il secondo gruppo storce il naso e dichiara che non ne sa nulla, e che in fin dei conti non gli interessa nemmeno: i giochi possono essere da tavolo, e ridursi a Risiko o alla briscola, oppure devono essere giochi veri, come il calcio. Nulla da ridire a riguardo, per carità. Non siamo qui ad accusare chi non ama il Signore degli Anelli, né a difendere a spada tratta i nerd. Perché la terza categoria sono proprio loro, i nerd che rispondono “Giochi di ruolo? certo, come Dungeons&Dragons!” (D&D, d’ora in avanti)

Ma cos’è questo D&D? E cosa diamine sono i giochi di ruolo? Partiamo dalla seconda domanda. Per gioco di ruolo si intende qualsiasi tipo di finzione in cui i giocatori interpretano un personaggio. Se state interpretando un imprenditore spregiudicato o una sexy ispettrice del fisco state effettivamente giocando un gioco di ruolo. Sono giochi della stessa categoria quelli in cui vi calate nei panni di una truppa di soldati italiani della prima guerra mondiale che prende a baionettate gli austriaci, o in cui indossate le vesti di potenti maghi e muscolosi guerrieri.

Inventori D&D



D&D è un gioco di narrazione collettiva, in cui ogni giocatore interpreta il proprio personaggio, mentre il Game Master (il narratore) tesse la trama della storia, interpretando e rendendo vivo il mondo narrativo che ruota intorno ai giocatori. Fin qui tutto bene, i miei due amici interpretano rispettivamente un mago altero e un guerriero iracondo. Io, che gioco come Game Master, propongo loro delle situazioni narrative e loro decidono come comportarsi.

I giocatori interpretano ciascuno il proprio personaggio, vivendo con l’immaginazione mille avventure. Il Master prepara la storia, i combattimenti coi nemici e, per chiudere in bellezza, uno straordinario colpo di scena.

Da quando sono comparsi, i giochi di questo tipo hanno avuto fortune alterne: negli anni Ottanta, quando uscì la primissima versione di D&D, il gioco ebbe un’accoglienza piuttosto fredda. Molti americani benpensanti erano sinceramente convinti che fosse un gioco per convertire i bambini a pratiche oscure e blasfeme, dal momento che nel manuale di gioco si menzionano creature come demoni e bestie magiche di sorta.

Negli anni successivi D&D ha ottenuto una cittadinanza sempre più marcata e consistente nel panorama dei giochi da tavolo, fino ad affermarsi come “il” gioco di ruolo per eccellenza. Oggi abbiamo delle serie TV che lo citano (come Stranger Things o The Big Bang Theory), un film interamente dedicato al merchandising (D&D – L’onore dei ladri) o addirittura dei podcast con larghissimo seguito di ascoltatori (Critical Rolls, o persino uno spazio su Radio Deejay dove potrete avere il piacere di ascoltare Rocco Tanica che gioca di ruolo).

Tra la coppia di giovanotti che si diverte a interpretare l’appaltatore e l’ispettrice e il gruppo di amici che si ritrova intorno al tavolo c’è una differenza importante. Tutti loro vestono i panni di personaggi fittizi e inventati, ma gli amici intorno al tavolo hanno qualcosa in più (oltre a eventuali travestimenti, che poi a ben pensarci potrebbero avere gli altri due): un manuale, o anche più di uno.

Per giocare a un gioco di ruolo occorrono delle regole ben precise, che consentono di compiere liberamente delle azioni e impediscono di imbarcarsi in altre. Qui sta il nocciolo della questione: come stanno assieme le due anime di un gioco di ruolo? Da una parte ci sono i giocatori, che mettono in moto la fantasia e si muovono nel mondo di gioco, creandolo collettivamente. Dall’altra c’è il manuale, con pagine e pagine di regole, che modellano quel mondo, in maniera anche piuttosto stringente. Ovviamente ogni gioco ha bisogno di qualche regola, altrimenti vale tutto e il gioco non è più un gioco, ma un guazzabuglio di gente che fa cose, tipo i bambini che giocano ai pirati e facciamo che tu eri una barca ma poi adesso siamo pompieri.

Fin qui tutti d’accordo, ma nei giochi da tavolo in cui si gioca di ruolo i manuali e le regole che contengono fanno qualcosa di più: provano a rendere consistente il mondo di gioco in cui i personaggi si muovono. Mi spiego meglio. Nonostante sia un gioco fantasy di spade, bestie magiche e antri oscuri, rimane il fatto che non tutto è possibile, che certe azioni non sono permesse o che sono destinate al fallimento. Esiste nel gioco un incantesimo che permette di volare. Riporto il testo dal Player’s Handbook di D&D, 5°Edizione:

Per lanciare questo incantesimo l’incantatore ha bisogno di avere con sé la piuma dall’ala di un qualsiasi uccello. Quando l’incantesimo viene lanciato la piuma si consuma e deve essere cancellata dall’inventario dell’incantatore.

L’incantatore tocca una creatura consenziente. Il bersaglio ottiene una velocità di volo di 18 metri per la durata dell’incantesimo (fino a 10 minuti). Quando l’incantesimo termina, il bersaglio cade se era ancora sospeso in aria, a meno che non abbia modo di impedire la caduta.

Plancia D&D



Servono componenti specifici per lanciare alcuni incantesimi e non tutti possono essere soggetti all’effetto di questa magia. Inoltre, il tutto può durare solo 10 min. Davanti a regole così specifiche, che contemplano casistiche particolari, eccezioni e numeri precisi, mi sorge sempre un dubbio: fino a che punto posso essere fantasioso? Insomma, è un gioco dove può succedere di tutto, ma nel concerto non tutto è possibile.

I giochi come D&D hanno questo strano potere: mostrare in maniera chiara un crogiolo (ma possiamo anche chiamarlo mischione) in cui si mescolano senza soluzione di continuità i due elementi fondamentali che concorrono a creare un gioco. Regole e fantasia.

La fantasia senza limiti porta ai giochi dei bambini, le regole senza fantasia portano al manuale di grammatica latina che al liceo usavo come cuscino per sonori pisolini. Ma come stanno insieme queste due cose? Come può un sistema di regole prevedere cosa è sensato vietare o permettere e nel contempo lasciare delle maglie sufficientemente larghe per i giocatori, che avranno pure il diritto di divertirsi e muoversi liberamente nel mondo di gioco?

Provo a rispondere. Le regole di un buon gioco di ruolo sono sostanzialmente dei simulatori di realtà, nella quale è possibile muoversi con una certa libertà. Alcune cose non possono semplicemente accadere (qualcuno mi dà un calcio e io prendo fuoco), altre sono verosimili e le regole le contemplano. Nel manuale del Game Master c’è una pagina straordinaria che esamina e cataloga le porte, le botole, i portoni, le cancellate e le inferriate. Le ordina per grandezza e resistenza, con dovizia di particolari sui materiali con cui sono costruite, sulla loro resistenza e sui luoghi in cui è possibile trovarle. Puntiglioso e forse un tantino troppo approfondito? Forse, ma rende bene l’idea. Cosa se ne fa la fantasia di tutte questi dettagli e di queste regole?

Dovremmo chiederlo al mio amico, quello che interpreta il guerriero intrepido. Quando si trova davanti alla porta, mi dice che la tira giù a spallate e lancia il suo dado. Mi guarda raggiante, ha ottenuto un tiro alto. Dovrò spiegargli che questo è un tipico portone in legno di quercia, fasciato in metallo. I suoi spessi cardini lo fissano saldamente alla parete, il chiavistello che lo chiude dall’altro lato deve sicuramente essere molto robusto. L’altro amico, quello che interpreta il mago, ha già pronto l’incantesimo che apre le serrature. Fortunatamente il manuale chiarisce che per quanto una porta sia resistente e ben costruita, un incantesimo “apriporta” funziona sempre.

Avanti avventurieri dell’immaginazione, avanzate intrepidi e fantasiosi! Solo, state attenti alle regole.

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