Nuovissima normativa del cosiddetto fine vita o biotestamento

Il 31 gennaio entra in vigore la disciplina sul cosiddetto testamento biologico contenuta nella legge 219/2017. Questa non è una legge come tutte le altre: anzi, è densa di significato sia politico che etico, ma soprattutto giuridico. Il legislatore ha chiuso una volta per tutte l’annoso dibattito circa le disposizioni sul fine vita dando una disciplina ufficiale alla procedura.

La vera innovazione sta nell’art. 4 della legge, rubricato Disposizioni Anticipate di Trattamento, comunemente chiamate DAT. In pratica questa norma consente a un soggetto capace di intendere e di volere e dotato di capacità di agire (maggiore età) di poter fare due cose. In primo luogo gli consente di dichiarare che, in caso di perdita di capacità, gli dovranno o non dovranno essere somministrate determinate cure, terapie ovvero diagnosi. Questo significa che con una previsione su una futura situazione, anche lontana di anni, io posso già oggi manifestare la mia volontà (sempre revocabile fintanto che sono capace); ma soprattutto che questa volontà sarà vincolante per il medico (art. 4 comma 5). In secondo luogo e contestualmente alla DAT è possibile nominare un fiduciario, il quale farà le veci del dichiarante quando sopraggiungerà l’incapacità. Ovviamente la DAT può essere fatta sia che si tratti di una persona completamente sana, sia che si tratti di un paziente le cui condizioni si aggravano di giorno in giorno in modo irreversibile fintanto che è capace. È altresì importante evidenziare che il medico rispettando la volontà contenuta nella DAT non incorre in nessun tipo di responsabilità, né civile né tantomeno penale (art. 1 comma 6).

Il fiduciario si occupa dei rapporti con il medico e più in generale si prodiga affinché la volontà del dichiarante venga rispettata il più possibile. È una figura di grande importanza poiché in accordo con il medico può decidere di variare la disposizione del paziente divenuto incapace. Questa via di fuga permette di rimodellare l’esito qualora sopraggiungano innovazioni tecnologiche tali da consentire una effettiva miglioria dell’incapace, innovazioni che ad esempio non erano presenti quando vi fu la dichiarazione.

Il medico svolge anch’egli un ruolo di primo ordine. Per ciò che attiene alle modifiche all’esito della DAT bisogna ricordare che è lo stesso medico ad avere il potere di dare impulso alla modifica: il fiduciario può solamente dare il benestare. Il medico deve anche mantenere un dialogo aperto e continuo con il paziente informandolo costantemente sugli esiti delle diagnosi, sulle possibili alternative ma anche, prima di iniziare la terapia, sui rischi e i benefici (art. 1 comma 3).

È interessante anche la scelta che il legislatore ha operato sulla forma (art. 4 comma 6) delle DAT. Infatti ha previsto un ventaglio di possibilità per tutti i casi. Si parte da una forma più garantista, cioè tramite atto pubblico che può essere conservato dal notaio, con il vantaggio che i notai dispongono di un sistema di catalogazione nazionale in grado di rendere reperibile la disposizione presso tutte le strutture sul territorio. Oppure può essere presentato direttamente all’ufficio di Stato Civile nel Comune di residenza o per scrittura privata autenticata. Viene previsto che in casi d’urgenza possano anche essere prodotte tramite videoregistrazione o altro strumento idoneo. Questa disposizione è stata pensata per coloro i quali, ancora capaci, siano in una situazione degenerativa che gli impedisce i movimenti ovvero la scrittura. Infine anche le strutture sanitarie possono dotarsi di apposito registro e raccogliere le disposizioni.

Ad accompagnare l’intera disciplina vi è la cosiddetta relazione di cura, cioè quello stretto rapporto che intercorre tra paziente e medico ma quel quale possono essere resi partecipi anche i congiunti (art. 5 e art. 1 comma 2). Viene data ampia libertà al paziente sulla scelta di coinvolgere o meno altre persone, ma in ogni caso la pianificazione delle cure è collaborativa. Il medico quale esperto in materia propone al paziente indicando tutti i dettagli (alternative, rischi, ecc..), e il paziente a questo punto può solamente accettare o rifiutare. Il diritto a essere informati è comunque un diritto disponibile: il paziente cioè può decidere di non ricevere le informazioni ovvero che queste vengano date a una persona di sua fiducia che lo rappresenterà dando il consenso. Anche in caso di consenso prestato da altra persona il medico sarà ugualmente vincolato ed esente da responsabilità come all’art. 1 comma 6. Il consenso è sempre revocabile con il solo limite della capacità, ossia al momento della sopravvenuta incapacità questo non sarà più revocabile. Ai sensi dell’art. 1 comma 5 è comunque revocabile anche qualora vi siano delle cure già in corso. In caso di revoca, il medico è tenuto a informare circa le conseguenze e le alternative di tale decisione, anche avvalendosi del supporto di psicologi.

di Michele Chierici

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