La fisica del mancante e le onde gravitazionali

Ripetiamo con Lavoisier: niente diminuisce, tutto si trasforma

La rappresentazione più chiara e dimostrativa dell’esagramma 41, su cui verte questo numero, è data a mio parere da due versi dell’I Ching:

Al piede del monte sta il lago: L’immagine della minorazione.

Il concetto di “diminuzione” di cui trattiamo non è cioè un processo di mero sgretolamento e annichilimento, quanto piuttosto una trasformazione ed evoluzione naturale, nella stessa misura in cui il ghiacciaio “si diminuisce” nel lago. La scienza declina questo principio in svariate sfumature che possono essere riassunte più in generale dal celebre motto coniato da Antoine-Laurent de Lavoisier: “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.

Nello specifico, si parla di principi di conservazione quando una certa grandezza fisica resta invariata entro un sistema “isolato” (in cui cioè non interveniamo dall’esterno per fornire o prelevare nulla): tale grandezza può variare nelle sue forme e trasferirsi da un corpo all’altro, ma nella “scatola” sarà costante la sua “quantità complessiva”. Un esempio illustrativo può essere l’energia totale di un sistema isolato quale è un bacino idroelettrico: l’energia elettrica prodotta dall’acqua di una diga non è altro che la trasformazione della sua energia cinetica (cioè legata alla velocità di caduta), che risulta a sua volta dalla “trasfigurazione” dell’energia potenziale dell’acqua[1] man mano che questa perde quota. Confrontando l’energia totale del bacino a monte e quella prodotta dalla centrale a valle probabilmente i conti non torneranno: ma state pur certi che quando l’ingegnere della centrale vi fornirà i numeri precisi dell’energia dispersa dall’impianto, legata ad esempio all’efficienza delle turbine, sarete convinti della conservazione dell’energia.

La diga delle Tre Gole | Fiume Azzurro, provincia di Hubei (Cina)

La diga delle Tre Gole | Fiume Azzurro, provincia di Hubei (Cina)

La conservazione dell’energia è un principio universale, non limitato ai soli sistemi terrestri: anche stelle e pianeti legati dall’interazione gravitazionale, in assenza di interventi esterni, mantengono costante la loro energia totale. Pur trattandosi di un principio universale e generale, non va sottovalutata la possibilità che esso porti a considerazioni rilevanti, magari da Premio Nobel. A partire dal 1974, Russel Hulse e Joseph Taylor si accorsero che l’orbita del sistema binario PSR B1913+16 (composto da una stella di neutroni e una pulsar) risultava in contrazione: un’evidente indicazione di perdita di energia del sistema. Dove andava a dissiparsi l’energia “scomparsa”? Il risultato strepitoso di Hulse e Taylor fu quello di notare come la “diminuzione” di energia fosse confrontabile con l’energia prevista per l’emissione di onde gravitazionali da parte di un sistema come quello in osservazione: un risultato che valse loro il Nobel per la Fisica (1993) per aver osservato (seppur indirettamente) una delle previsioni della Relatività Generale di Albert Einstein che erano rimaste fino ad allora pura speculazione teorica.

Perché la Relatività Generale (1915) ha stravolto il concetto di gravità, fino ad allora firmato Isaac Newton (1687)? La teoria di Einstein prevede che la gravità non sia una forza qualunque, quanto piuttosto la manifestazione della geometria dello spazio-tempo in cui viviamo: l’Universo è, per così dire, immerso in un ambiente di “plastilina”, deformato all’occasione dalla presenza di massa. Quando i corpi si muovono nello spazio ne seguono così la struttura geometrica dettata dagli “avvallamenti” dovuti ai corpi più massicci. A questo proposito, per chiarire le idee mi piace riproporre il paragone proposto da Sandro Ciarlariello[2]: se stiamo viaggiando su una strada dritta, quando arriviamo nei pressi di una rotonda (un corpo particolarmente massiccio) saremo obbligati a curvare il nostro viaggio, pur rimanendo sulla nostra strada. Nel caso studiato da Hulse e Taylor, man mano che le due stelle di neutroni si avvicinavano esse alteravano la distribuzione di massa, ridisegnando la geometria dello spaziotempo circostante, che ha iniziato ad agitarsi come uno stagno in cui cade un sasso.

Estensione dei dati di Hulse e Taylor del decadimento dell’orbita di PSR B1913+16 nel tempo: i dati e la previsione della Relatività Generale sono perfettamente sovrapposti | Fonte: J. M. Weisberg and J. H. Taylor, “Relativistic Binary Pulsar B1913+16: Thirty Years of Observations and Analysis”, 2004.

Estensione dei dati di Hulse e Taylor del decadimento dell’orbita di PSR B1913+16 nel tempo: i dati e la previsione della Relatività Generale sono perfettamente sovrapposti | Fonte: J. M. Weisberg and J. H. Taylor, “Relativistic Binary Pulsar B1913+16: Thirty Years of Observations and Analysis”, 2004.

Se questo effetto è particolarmente pronunciato laddove la gravità è più forte, chissà cosa può succedere vicino a un buco nero. Il piatto è servito: c’era una volta un buco nero di 29 masse solari che più di un miliardo di anni fa si è fuso con un altro buco nero, di 36 volte la massa del Sole, dando origine a un unico buco nero di 62 masse solari. Fermi tutti, Lavoisier già scalpita: 29 + 36 fa 65, dove son scomparse le altre tre masse solari? La risposta viene proprio da Einstein: in un certo senso, il pachidermico (ma neanche troppo) buco nero risultante s’è sudato via qualche chilo di troppo scuotendo lo spaziotempo con una scarica di onde gravitazionali. Ciò che rende particolarmente notevole il mio racconto è che sappiamo dell’emissione di quell’onda per osservazione diretta.

Risalgono agli anni Ottanta i primi tentativi per costruire uno strumento in grado di “ascoltare” i sussurri con cui si agita lo spaziotempo. Ci son voluti più di trent’anni per progettare e costruire LIGO negli Stati Uniti e pochi meno per VIRGO, un analogo italofrancese che si trova in provincia di Pisa. Lo scetticismo sulla riuscita dell’esperimento non era da trascurare, eppure il 14 settembre 2015 LIGO rileva l’onda gravitazionale[3] di cui sopra. L’analisi dei segnali confermerà con una confidenza estrema che quel che si stava misurando erano vere e proprie onde gravitazionali, risultato che porterà Weiss, Thorne e Barry Barish a vincere il premio Nobel per la Fisica del 2017[4].

Forse un po’ per invidia per tutta questa attenzione mediatica sui buchi neri, la scorsa estate le stelle di neutroni sono tornate alla ribalta bussando alla porta di LIGO e VIRGO. Lo scorso 17 agosto (2017) le antenne hanno registrato la quinta onda gravitazionale mai registrata: per la prima volta, però, pochi secondi dopo la registrazione, i satelliti Fermi e INTEGRAL hanno a loro volta riscontrato un lampo gamma proveniente da una galassia a 130 milioni di anni luce da noi (NGC 4993). Cos’era successo? Due stelle di neutroni, fondendosi fra loro, hanno dato luogo a un evento particolarmente luminoso (una kilonova), avviando la formazione di molti metalli pesanti (quali platino e oro) di cui ancora non era chiara la genesi. Inoltre, altre dozzine di strumenti e telescopi hanno fatto in tempo a osservare la scena, coprendo ogni possibile banda dello spettro elettromagnetico come solo i migliori paparazzi avrebbero potuto fare. Per la prima volta, dunque, non solo si è osservata un’onda gravitazionale generata dalla fusione di due stelle di neutroni, ma si è riusciti a effettuare un’osservazione multibanda della sorgente.

È inutile: in questo momento le scoperte scientifiche ci aprono gli occhi, mostrandoci il mondo diversamente da come lo abbiam visto fino a ieri, sotto una luce nuova che potevamo magari pensare ma non avremmo immaginato di scorgere per davvero. Le domande sull’Universo così non si riducono, ma… diminuiscono: dal ghiacciaio al lago, muovendoci verso il mare.

Note

[1] L’energia potenziale è forse un concetto meno intuitivo per un lettore poco avvezzo al lessico della Fisica; si consideri questa forma di energia come un’energia “in potenza”, data dalla posizione in cui è posto un corpo: un vaso su un balcone al quarto piano ha più energia potenziale dello stesso identico vaso al piano terra, giacché se cadesse il primo, potrebbe arrivare a una velocità (e quindi a una energia cinetica) maggiore rispetto al secondo.

[2] Sandro Ciarlariello è fisico all’Institute of Cosmology and Gravitation di Portsmouth e tiene un interessante blog di divulgazione scientifica: quantizzando.it.

[3] B. P. Abbott et al. (LIGO Scientific Collaboration and Virgo Collaboration), Phys. Rev. Lett. 116, 2016 (https://journals.aps.org/prl/abstract/10.1103/PhysRevLett.116.061102).

[4] In realtà, il trio era in principio un quartetto, di cui faceva parte anche Drever, morto purtroppo nei primi mesi del 2017.

di Amedeo Bellodi

Autore

  • Unisce orgoglio classicista (voleva dedicare la sua vita alla letteratura greca), curiosità scientifica (è poi finito a studiare astrofisica) e passione per la musica (il pianoforte su tutti).