Caduta di massi e armonia leggera

La rottura delle barriere armoniche nella dodecafonia

Disposizioni orizzontali delle scale su cui, in verticale, si sviluppano accordi diatonici. Schönberg e la corrente dodecafonica infrangono le regole della composizione classica per trovare nuove soluzioni atonali.

«Sul gradino più basso, l’Arte è semplice imitazione della Natura.»[1]

Trovo che sia soddisfacente, nonché delucidativo sulla conoscenza di sé, arrivare una volta tanto a un’intuizione che davvero andava scovata, prima o poi. Qualcosa di simile è accaduto nel momento in cui le mie incerte e quanto mai sporadiche connessioni cerebrali hanno voluto indire una riunione straordinaria, evento che viene a manifestarsi ogniqualvolta mi viene chiesto di trovare un argomento per il nuovo articolo della Tigre.

Ho deciso di prendere in mano le briglie del mio ambito di competenza: ho pensato che, fino ad ora, non avevo mai esaminato il fatto musicale con quella dose di tecnicismo e competenza che in altri articoli di questa grande rivista è facile reperire. Dopo giorni di maldestre occhiate allo schermo del computer con un volto simile a quello di Jim Carrey nel film The Mask, le mie sopracciglia hanno cambiato improvvisamente direzione nel momento in cui un’amica musicista mi ha fatto tornare alla mente la figura di Kenny Wheeler[2].

Non ho però intenzione di svolgere il mio elaborato verso l’ennesimo racconto di vita di un musicista: Wheeler è solo un esponente più recente che fa parte integrante di un avvenimento partito nei primi anni del Novecento grazie alla ricerca di grandi compositori classici, e sviluppatosi poi nella musica jazz, e oltre, proprio grazie allo spessore di figure quali Wheeler e tanti altri.

Cercherò allora di partire direttamente dalle radici teoriche ed esecutive riguardanti la composizione di un brano classificabile come moderno, cioè tendenzialmente non di musica classica.

Nel momento in cui ci si ritrova con lo strumento in mano e il desiderio di comporre un brano, appena si trova l’ispirazione per selezionare un accordo da associare a una melodia, questo pone dei confini: il fine vero dell’esistenza di un accordo è la sua diretta associazione a una scala di riferimento, ricavabile estendendo l’accordo in questione fino al massimo disponibile. Considerando che un accordo si forma sovrapponendo almeno tre note di una scala a distanza di terza, l’estensione di cui parlo consiste nel continuare a svolgere questa prassi intervallare acciuffando tutte le note che si trovano sul nostro cammino. Per fare un esempio, i musicisti sanno che se vogliamo prendere in analisi un accordo di Fa maggiore, composto dalle note Fa, La e Do, la sua scala di riferimento è la maggiore di Fa, perché se continuassimo a procedere per intervalli di terza ricaveremmo le note Mi, Sol, Si bemolle, Re. Raggruppando tutte le note che abbiamo scovato e mettendole in ordine otteniamo: Fa, Sol, La, Si bemolle, Do, Re, Mi: la scala di Fa maggiore, appunto.

Alcuni degli intervalli di terza necessari a estendere l’accordo sono minori, altri maggiori[3]. Per spiegare questo dovrei andare davvero per le lunghe, e non ho abbastanza battute a disposizione. Per sbrogliare il dubbio, preferisco citarvi l’inizio del quarto capitolo del celeberrimo Manuale di armonia di Arnold Schönberg[4]:

La nostra scala maggiore […] può ritenersi nata dall’imitazione della natura; intuizione e combinazione empirica hanno concorso a creare una nuova concezione della proprietà più caratteristica del suono, cioè la serie degli armonici, che noi immaginiamo disposta verticalmente come ogni sonorità simultanea: infatti essa è stata trasposta nella dimensione orizzontale, nella non contemporaneità, in sonorità successive[5].

La serie degli armonici, i suoni effettivi della natura, ci raccontano la sonorità della scala maggiore. Su questo filone, continuiamo considerando che, disponendo la nostra scala maggiore in orizzontale, e svolgendo il lavoro delle note in verticale a distanza di terza per ogni nota di questa scala, disegneremo e creeremo ciò su cui si basano i maggiori studi sull’armonia: l’armonizzazione di una scala. Scoprendo tutti gli accordi che risultano da questo schema, riveleremo quali sono gli accordi diatonici[6] alla tonalità di impianto: se la nostra tonalità è Fa maggiore, gli accordi (disposti per quadriadi, non solo triadi) diatonici saranno: Fa maggiore settima, Sol minore settima, La minore settima, Si bemolle maggiore settima, Do settima di dominante, Re minore settima, Mi semidiminuito.

Egon Schiele, Ritratto di Arnold Schönberg, acquarello guazzo e matita, 1917.

Egon Schiele, Ritratto di Arnold Schönberg, acquarello guazzo e matita, 1917.

Nel corso della storia della musica, i compositori europei hanno sempre studiato soluzioni interessanti e innovative, spinti non solo dal personale interesse per la ricerca, ma anche – per fortuna – da un desiderio di comunicazione ed espressione di volontà propri del periodo storico in cui si ritrovavano. Arnold Schönberg rappresenta uno dei principali compositori e ricercatori in grado di fornire del materiale letteralmente rivoluzionario ai posteri. Il suo percorso è lungo e in divenire: già nel suo celebre Manuale d’armonia, dopo aver enunciato in maniera eloquente tutti gli elementi necessari al conoscimento della materia, accenna, negli ultimi capitoli, qualche personale idea e modifica – diciamo così – del percorso.

Schönberg, e dopo di lui parecchi altri, hanno portato avanti il totale sgretolamento di un sistema, quello che il mio prolisso discorso su accordi e diatonicità di poco fa ha cercato di spiegare: si tratta del sistema tonale.

Tutto ciò che ha una diretta relazione con la consonanza di accordi e melodia in una tonalità di impianto[7] può essere definito parte di un sistema tonale. Ciò su cui successivamente il compositore austriaco lavorerà saranno studi sempre più specifici verso un’evasione dal sistema, che potremmo meglio definire un suo tentativo di aumentare le possibilità di usufrutto, scardinando un modello non più obbligatorio. Tra i suoi lavori, la dodecafonia (come principio della musica seriale o serialismo)[8] sviluppa un principio di atonalità (che il compositore in realtà definiva pantonalità). È impossibile che io abbia spazio e tempo necessari a spiegare con accuratezza i mondi appena citati, anche perché non possiedo, ahimè, la competenza necessaria per non essere superficiale. Ciò di cui potete stare certi è che si tratti di Sgretolamento dei confini. La pantonalità può essere definita come un personale percorso del compositore che inventa attorno alla tonalità un sistema valido e stabile, su cui costruire il proprio personale metodo compositivo: per questo motivo Schönberg non approvava il termine atonalità, poiché intrinsecamente ossimorico.

Max Oppenheimer, Ritratto di Anton Webern, ca. 1908.

Max Oppenheimer, Ritratto di Anton Webern, ca. 1908.

Torniamo ai nostri accordi in tonalità di Fa maggiore: una volta che avrò esteso e studiato l’armonizzazione di questa mia scala potrò iniziare ad assecondare le regole dell’armonia funzionale, scrivendo brani che abbiano questi accordi, con melodie che abbiano a che fare con la scala. Nel corso del tempo, le sperimentazioni hanno portato a movimenti armonici sempre più complessi. I musicisti di jazz, per esempio, studiosi e sperimentatori anch’essi, hanno iniziato a muovere la fantasia modellando percorsi sempre più curiosi e tortuosi per i quali gli accordi iniziavano ad avere un ruolo vagamente estetico[9], più che funzionale, nelle progressioni. Il culmine, e qui torniamo alle mie prime battute, fu raggiunto da musicisti che si sono decisi nel rischiare fino in fondo, evadendo verso una soluzione esclusiva e personale del discorso armonico. Questi stessi sperimentatori, memori degli studi mostrati da Schönberg, cioè Anton Webern e Alban Berg, hanno deciso di inserire all’interno della composizione jazzistica la seguente metodologia: ogni accordo rappresenta, specialmente se costruito su uno dei modi gregoriani, un colore, una ben definita sonorità, dalla più chiara (quindi maggiore, aperta, positiva), alla più scura (minore, cupa, chiusa). Il compositore decide quindi di associare a una melodia un accordo sulla base del colore che questo produce, affibbiato alla data nota cantante. Questo processo porta alla composizione di progressioni armoniche assurde, alle volte, ma che creano inevitabilmente sonorità decisamente più imprevedibili, un’armonia inspiegabilmente leggera. Kenny Wheeler, Wayne Shorter, McCoy Tyner, Herbie Hancock, Charles Mingus, Frank Zappa, Stevie Wonder sono solo alcuni dei primi compositori di jazz e musica moderna che hanno preso questa grande direzione ardimentosa. Ciò di cui si sono fondamentalmente occupati può essere riassunto nel concetto di sgretolamento dell’armonia tonale classica, come principio di ricerca e studio verso il proprio personale metodo compositivo.

Note

[1] A. Schönberg, Manuale di armonia, a cura di L. Nono, Il Saggiatore, Milano 2008, p. 20.

[2] Kenny Wheeler (1930-2014), trombettista e compositore canadese.

[3] L’intervallo di terza maggiore è di un semitono più ampio di quello minore.

[4] Arnold Schönberg (1874-1951), compositore austriaco naturalizzato statunitense.

[5] A. Schönberg, Manuale di armonia, cit., p. 20.

[6] Con il termine “diatonico” intendiamo proprio: risultante dell’armonizzazione della scala, riferente alla tonalità, all’interno della tonalità.

[7] Così si dice quando si pone come principale una sola tonalità, o centro tonale, alla quale far ricondurre l’inizio e la fine di un brano.

[8] Metodo di composizione con dodici note imparentate solo le une alle altre. Schönberg, costruisce un sistema che crei nessi tra tutte le note e che non favorisca un centro tonale riconoscibile.

[9] Per “estetico” intendo appositamente inserito sulla base della sonorità che produce, più che per il ruolo armonico cadenzale che potrebbe mai avere sugli accordi precedenti o successivi.

Bibliografia

A. Schönberg, Manuale di armonia, a cura di L. Nono, Il Saggiatore, Milano 2008.

A. Schönberg, Stile e idea, Pgreco, Roma 2012.

R. Vlad, Storia della dodecafonia, Suivi Zebroni, Cremona 1958.

Discografia

Arnold Schönberg, Notte trasfigurata Op. 4.

Arnold Schönberg, Serenade Op. 24.

Anton Webern, Sinfonia per orchestra da camera Op. 21.

Wayne Shorter quintet, Speak No Evil, Blue Note Records, 1966.

McCoy Tyner Quartet, The Real McCoy, Blue Note Records, 1967.

Kenny Wheeler, Keith Jarrett, Dave Holland, Jack DeJohnette, Gnu High, ECM 1976.

di John De Martino

Autore

  • Studia batteria jazz alla Civica di Milano. È un musicista nato, anche se per capirlo ha dovuto studiare per un anno filosofia. Ora vive praticamente nel suo box, dove si esercita e invita gli amici musicisti.