Un’opinione su Anelante

“Anelante”, di Antonio Rezza e Flavia Mastrella, è in scena all’Elfo Puccini fino al 6 marzo 2017. Photo courtesy Giulio Mazzi, © 2016

Il 28 febbraio ha esordito Anelante, spettacolo ideato da Antonio Rezza e Flavia Mastrella. Premesso che l’ho già visto (qui l’intervista fatta a suo tempo ai protagonisti), ho potuto constatare come fosse vero che questa performance è sempre diversa, cambia ogni volta che ti ci rapporti. In essa si possono raccogliere vari particolari, varie presenze e assenze, che costituiscono un atto per-formativo multiforme e capace di comunicare sempre qualcosa di differente nella sua riproposizione quasi identica.

Rezza pare protagonista assoluto, proprio perché parla, è protagonista nel linguaggio; in un atto performativo però bisogna considerare anche la forma, per l’appunto, forma per cui gli atti locutivi si mischiano ad atti corporali. Ed è qui il nucleo: lo spazio e la parola si fondono e trovano senso nell’iniziale discorso geometrico, in cui la parola costituisce con dati matematici le figure geometriche; questo il preludio, l’introduzione a uno spettacolo in cui, sì, svetta Antonio Rezza quale protagonista assoluto, ma i performer che lo circondano sono fondamentali nella misura in cui costituiscono lo spazio del linguaggio. Infatti, questi ultimi contribuiscono alla forma dello spettacolo, determinano in maniera netta e fondante lo spazio e, di conseguenza, il linguaggio. Questo si evidenzia nei giochi non dialoganti, in cui Rezza si sovrappone a tre discorsi contemporanei (e uno in collegamento, da lui acceso e spento), a mostrare come lo spazio del linguaggio si complica: ogni spettatore, la maggioranza credo, si concentra sulle parole di Rezza, percependo come fumose quelle degli altri attori, quasi prive di senso. Eppure acuendo l’udito si sarebbero percepite affermazioni di senso compiuto contrapposte: dipende dallo spettatore in realtà scegliere chi ascoltare. Questo quadrato comunicativo mostra come spazio e linguaggio possono determinare l’attenzione su chi parla, su base sia prosodica sia spaziale (Rezza è al centro del tavolo).

Antonio Rezza pare essere un direttore d’orchestra, anche nei suoi gesti, nel guidare l’alternarsi delle voci e dei silenzi e dei movimenti, avvolgendo il pubblico in un’atmosfera dove la realtà, nelle sue dinamiche, diventa palpabile e inconsistente al tempo stesso. Parlare di teatro dell’assurdo sarebbe sbagliato, perché qui si tratta di tematiche comprensibili che vogliono essere comunicate: dal rapporto conflittuale col proprio padre e la propria madre, fino ai dialoghi tra i grandi della terra, fino a un discorso esplicitato nei corpi sulla guerra e sui confini, senza dimenticare poi la religione e la figura di Dio. In Rezza non c’è incomunicabilità: la comunicazione riesce ed è potente, poiché non coinvolge solo il linguaggio, ma anche i corpi, in tutte le loro forme possibili, nella loro molteplicità. Questa è la forza di un teatro alla lettera, in cui l’idea in quanto visione e forma prende vita.

Anelante è in scena all’Elfo Puccini fino al 6 marzo.

Autore

  • Tre anni di Lettere Antiche, ora a Medicina e Chirurgia. Per non perdere l'identità si rifugia nella letteratura, da cui esce solo per scrivere qualcosa. Può suonare strano, ma «Un medico non può essere tale senza aver letto Dostoevskij» (Rugarli).