Nessuna macchia

Un ragazzo di venticinque anni e il suo contrabbasso: Scott LaFaro, accompagnando ensemble di grande prestigio, rivoluziona e sovverte l’apporto del suo strumento, lasciando un’eredità musicale ineguagliabile.

Copertina di The Legendary Scott LaFaro (1978)_bn

Copertina di The Legendary Scott LaFaro (1978)

Il jazz fa parte di una ristretta cerchia di mondi dentro i quali poter pescare molti argomenti, per poi ridiscuterli. Questa musica è a tutti gli effetti il suono delle persone illuminate, di qualche pazzo condottiero senza madre né padre.

Leggo attentamente la consegna, non ho dubbi sul significato e lʼeventuale messaggio; mi sembra evidente cosa si possa raccontare, con un tema simile.

E invece no. Avrei potuto muovere la mia lente verso il pianeta della musica di relazione: avrei potuto scrivere pagine e pagine su quanto sia bello raggiungere il fine ultimo di quella musica, cioè produrre un unico suono con un ensemble, come se lʼentità fosse sempre stata una.

Preferisco far scappare dal cilindro un coniglio giallo, una specie di mosca bianca con un occhio solo, una pecora nera, talmente nera da aver subito atti di razzismo da un alieno. Un tizio con un sombrero in Siberia, con il kilt a Nuova Delhi: insomma, potrei andare avanti, anche perché è piuttosto divertente immaginare scenari buffi.

La compagnia devʼessere una molteplicità, raggruppata organicamente. Voglio esprimere con parole comprensibili ciò che accade alla mia pelle quando faccio partire la riproduzione del brano Gloria’s Step, la prima traccia dellʼalbum Sunday at the Village Vanguard, pubblicato nel 1961 dalla Riverside Records. I primi dieci secondi sono fatali.

Ho letto e mi sono informato abbastanza su questo personaggio, e solo a un certo punto ho colto il significato della parola coesione come fine ultimo, in musica.

Lʼalbum citato è stato pubblicato dal trio di Bill Evans, un uomo che spesso ho difficoltà a ricordare senza una velata commozione: è probabilmente il pianista che più mi emoziona. Cʼè poco altro da dire, ho già ampiamente tessuto le sue lodi in un precedente articolo, anche se ancora oggi ascoltandolo rimango senza parole.

Alla batteria, in questo trio, cʼè uno degli attuali geni dello strumento, sia per come suonava allora insieme agli altri due, sia per come è riuscito a evolvere e diventare un compositore e sperimentatore di finissima sensibilità: Paul Motian.

È qui che torno sui miei passi e provo a riproporre una versione musicale dei termini coesione e comunanza, lʼemblema del ruolo della musica che, con il passare degli anni, ha sviluppato molteplici modalità di interconnessioni tra sensibilità umane.

Ci sono infatti alcuni personaggi che non hanno fatto apposta ad avere tanta sensibilità ed energia musicale al tempo stesso: come spesso accade, la loro presenza è di breve durata, su questo così strano pianeta, che quasi sembra accettarli per poi portarli via precocemente, quasi fosse una forma di acida possessione.

Il contrabbassista del trio di Bill Evans si chiamava Scott LaFaro, e quando il disco sopraccitato fu pubblicato, aveva la mia età: venticinque anni, da poco compiuti. Morì dieci giorni dopo, in un maledetto incidente stradale.

Questo ragazzo – perché di un ragazzo stiamo parlando – ha radicalmente modificato e innovato il ruolo del contrabbasso e del bassista nella storia della musica, lasciando ai musicisti futuri delle pagine che pochissimi altri potrebbero eguagliare in fatto di rarità e impatto. Quando morì, Bill Evans smise di suonare in pubblico per quasi un anno.

Ecco dunque cosa succede alla mia pelle quando ascolto il suono del disco citato. Personalmente, non riesco a levarmi di dosso uno spesso strato di malinconia. Il pensiero che ad aver prodotto quel suono fosse uno della mia età probabilmente mi offusca un poʼ i pensieri, dandomi modo di associare Scott a quella cerchia di conigli gialli che, con un sombrero e il kilt, non verranno mai davvero capiti, se non forse da un alieno razzista.

Se dovessi riassumere brevemente ciò che una figura come la sua ha portato nel mondo della musica e di coloro che cercano di coglierne anche i lati non prettamente musicali, credo che dovrei citare lʼesagramma di turno e il suo sviluppo: prima di tutto la Compagnia fra uomini, con una visione nuova, la quale crea una forma di Sovvertimento.

LʼI Ching dice: si viene avvolti nella pelle di una vacca gialla. Il libro consiglia di rimanere temporaneamente fermi e solidi, di fronte a una forte novità, con una certa diffidenza.

Due Danzatrici | Antonio Canova, tempera su carta, 1829-1830

Due Danzatrici | Antonio Canova, tempera su carta, 1829-1830

In realtà, quello che succede è che il contrabbassista, da LaFaro in poi, non avrebbe più avuto il ruolo che fino a quel momento era verosimilmente costretto a mantenere. Allʼinterno di quel geniale trio, non ci sarebbe più stato un solista, ma un ensemble di figure primarie: queste sovvertono le caratteristiche per cui potrebbero essere chiamate tali, cioè primeggiare, raggiungendo un livello di finezza tale per cui non smettono di svolgere tale ruolo, amalgamandosi con gli altri due solisti in un unico suono vivo, pionieristico.

È come immaginare tre falò, con la loro ipnotizzante fiamma in movimento e unʼingente quantità di legna da ardere che, incontrandosi reciprocamente, anziché spaventarsi e porsi in posizione dʼattacco, accolgono i compagni, ballando con loro su un suolo di roccia.

Scott LaFaro balla con i suoi compagni, subito, appena tocca lo strumento. Non cʼè mai un momento in cui il suo ruolo non sia quello di un solista aggiunto, sempre mantenendo una linea da bassista. Tutta una serie di procedimenti di tipo melodico, armonico e ritmico sul solista di turno, che spezzano le briglie: anche durante i soli di batteria spesso è presente il suo rotondo suono.

Lʼuomo diventa signore del mutamento e della natura, se egli ne riconosce la regolarità e suddivide corrispondentemente il corso del tempo: questa splendida citazione del Libro dei Mutamenti ha un bel risvolto, se applicato alla musica. Il corso del tempo, il flusso copioso di energia, viene preso per una manciata di argilla, soggettivamente modellabile in ogni sua parte, nutrito dalla passione e dallʼinterazione. La manodopera può essere raffigurata dal desiderio di scardinare gli schemi, sovvertire lo spazio convenzionalmente disponibile, incidendo nel tempo che passa. È come se la scelta artistica di Scott fosse stata quella di inserire unʼulteriore forma di dialogo, una lingua ancor più eccentrica, in un campo dʼazione già votato alla comunanza.

Il fuoco sotto e il lago sopra si combattono e si annientano lʼun lʼaltro. Fuochi e colori sono in movimento, ecco dunque che la mia mente fotografa due opere dʼarte dallo stesso titolo. La danse: un quadro del 1925 dipinto dal pittore Pablo Picasso nel suo periodo surrealista. Tre figure evidentemente godono di un suono che le rende vive e colorate, nelle loro forme accese. Il secondo, La danse, una coppia di tele firmate da Henri Matisse tra il 1909 e 1910, raffigura un gruppo di cinque giovani danzanti, esprimendo un forte senso di ritmo e di scorrimento del flusso temporale: il prorompere inarrestabile della vita. Tutti si prendono per mano, è un ciclico movimento costante, ed è totale assenza di apprensione per il futuro; tutto ciò che si valorizza è il presente e il concetto di coesione. Compagnia tra esseri umani.

Discografia

1960 · Steve Kuhn, Scott LaFaro, Pete La Roca, PJL Records.
1961 · Bill Evans Trio, Sunday at the Village Vanguard, Riverside Records.
1972 · Ornette Coleman, Free Jazz, Atlantic Records.
1978 · The Legendary Scott LaFaro, Audio Fidelity.
1986 · Tony Scott, Sung Heroes, Sunnyside Records.
1991 · Kamuca, Feldman, Tjader featuring Scott LaFaro, Vantage Records.

di John De Martino

Autore

  • Studia batteria jazz alla Civica di Milano. È un musicista nato, anche se per capirlo ha dovuto studiare per un anno filosofia. Ora vive praticamente nel suo box, dove si esercita e invita gli amici musicisti.