Il transito del vivere

I ching ghilardi

di Marcello Ghilardi

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L’esagramma dell’accrescimento a confronto con il suo stesso retroterra: la cultura cinese, dal soffio vitale del ‘qi’, ai pensieri dominanti del Daosimo, dell’Yin-Yang e dei Classici confuciani. Essi mostrano che l’accrescimento non si può isolare dai suoi contrari né interpretare come mera crescita.

Nel pensiero cinese la cosmologia e la visione della natura, che informeranno lo sviluppo della concezione giapponese, si basano sull’idea di qi 氣, il soffio vitale che opera e circola in ogni tipo di realtà, visibile o invisibile. La logica circolatoria è binaria e alternata: alla condensazione segue la rarefazione, all’inspirazione l’espirazione – per questo diminuzione e accrescimento si concatenano, si danno il cambio, si incentivano l’un l’altro. Il qi è il principio dell’energia che dà vita e forma ad ogni cosa nell’universo, senza soluzione di continuità tra esseri umani e rocce, piante o animali, e anche le realtà spirituali sono comprese nell’insieme dei movimenti del soffio. Non vi è dunque cesura tra la dimensione umana e quella dell’ambiente naturale. Salute fisica e salute morale sono contigue, l’una prosegue nell’altra: la coltivazione e la custodia del soffio vitale fa tutt’uno con la coltivazione morale della persona, accrescere una dimensione implica accrescere l’altra, nella consapevolezza che non vi può essere accrescimento continuo, in(de)finito, ma che questo trova il proprio equilibrio e la propria igiene soltanto se viene inscritto in un processo che contempla anche la discesa, la riduzione, il ritrarsi di caratteristiche e potenzialità. Decisiva è quindi la capacità di cogliere i momenti di svolta, i segni che il processo della natura offre per indicare l’inizio di una fase nuova: dal grande yin della ritrazione al nuovo inizio dello yang, dello sviluppo; dalla fase di massimo dispiegamento yang, a quella incipiente dello yin, del decrescere. Tutto è in perenne movimento e in genesi continua, ma non secondo un’unica direzione di progresso. Yin e yang sono i termini che indicano le due grandi “rubriche”, la polarità “femminile”, umbratile, fredda, umida, ricettiva e quella “maschile”, solare, calda, secca, penetrante.

Nel capitolo 42 del Daodejing è scritto che «Il Dao genera l’Uno, l’Uno il Due, il Due il Tre e il Tre i diecimila esseri»: il Due indica proprio la dualità di yin e yang, che nella loro alternanza instaurano il dinamismo intrinseco alla dimensione vitale nel suo complesso. Associati a queste due polarità complementari e dinamiche, rivestono grande importanza i cosiddetti Cinque Agenti (o Cinque Movimenti), wuxing. Il pensiero tradizionale cinese non è interessato tanto alla descrizione di successioni di fenomeni, quanto alla registrazione di alternanze d’aspetto: il ritmo alternato di yin e yang, contrazione ed espansione, discesa e risalita, è il ritmo dello stesso qi che anima l’universo. Il qi che si espande e si muove è yang, il qi che si ripiega su se stesso e torna alla quiete è yin. Come è detto nel capitolo Hongfan dello Shujing (Classico dei Documenti), «i cinque agenti sono: acqua, fuoco, legno, metallo, terra. È nella natura dell’acqua inumidire e scorrere verso il basso, in quella del fuoco di bruciare e di innalzarsi in aria, in quella del legno di esser curvato e raddrizzato, in quella del metallo di essere duttile e di accettare la forma che gli si imprime, in quella della terra di prestarsi alla coltivazione e alla mietitura». Ciò che risulta importante nello studio dei Cinque Agenti, o Fasi, è soprattutto la dinamica relazionale per cui, secondo una precisa concatenazione, c’è «generazione» l’uno dell’altro (il fuoco genera la terra riducendosi in cenere, la terra produce i metalli, il metallo si scioglie fondendosi, l’acqua nutre il legno, il legno genera il fuoco bruciando) e, secondo un altro ciclo, c’è «conquista» l’uno dell’altro (l’acqua spegne il fuoco, che fonde il metallo, che taglia il legno, che ara la terra, che argina l’acqua). Il significato funzionale delle Fasi naturali indica come nulla in natura sia privo di rapporti con ciò che lo circonda. Anche in questo caso non c’è aumento indeterminato e continuo, ma ad ogni fase che si dispiega nella sua potenzialità subentra una fase successiva, in un ciclo che si mantiene operativo e vitale proprio in quanto registra continue alternanze di aspetti.

Il carattere yi 益, che descrive l’esagramma 42 (“accrescimento, aumento”), richiama probabilmente un flusso d’acqua che si propaga. La diffusione è ampia, inizialmente impercettibile, e per questo tanto più pervasiva ed efficace; non mira ad un unico scopo determinato, ma impregna di sé una pluralità di relazioni, coinvolge la globalità, non è settoriale – se la si sa accogliere in tutte le sue sfumature. In questo senso l’aumento in questione è ben diverso da una crescita o da un profitto delimitati – un tornaconto personale, un guadagno esclusivo e individuale; non si colloca né solo su un piano materiale, né solo in un ambito spirituale, ma transita tra l’uno e l’altro, è come un rigoglio spontaneo che investe con il suo profumo tutta l’atmosfera circostante. L’insegnamento che la tradizione cinese ci consegna è quello di sapere far comunicare l’interiore e l’esteriore, in continuo scambio ed evoluzione, senza pensare di proiettare su un piano di essenze immobili la continua capacità trasformativa delle forme visibili e invisibili. Lasciar passare, prendere e rendere, inspirare ed espirare, accettare di perdere e di ricevere con tempi e modalità non sempre prevedibili è la necessaria condizione per una condotta della vita che non si fissi nelle secche di un pensiero troppo astratto, né in quelle di un attivismo fisico sordo alla dimensione più sottile del reale. Se si sapesse prestare ascolto alla modulazione e alla continua trasformazione (hua 化) all’opera nel mondo, muterebbe anche l’atteggiamento nei confronti della nozione di “crescita” applicata all’economia, al progresso, alla competizione sociale e politica.

Non si può isolare l’esagramma 42, dunque, da quello che lo precede (sun, numero 41: la “diminuzione”). È la continuità del processo e l’equilibrio tra i suoi fattori, tra le polarità che lo veicolano, a dare continuità alla vita. Come non ha senso pensare a un accrescimento senza una parallela decrescita, che si rivela salutare e portatrice di equilibrio se accompagnata e vissuta con intelligenza e saggezza, così non è pensabile identificare l’idea di decrescita con quella di recessione: compito dell’essere umano che aspira alla saggezza è quello di individuare le linee di forza (shi 勢), la propensione delle situazioni in atto senza forzarle, come in una respirazione fisiologica. Non c’è respiro, e non c’è vita, senza le svolte che permettono il trapasso dall’inspirazione all’espirazione, e viceversa, senza fratture. Imparare ad accompagnare la crescita fa tutt’uno con la consapevolezza di accogliere il momento in cui la linea tracciata si flette e cambia direzione, sapendo entrare in comunione con ogni stagione della vita.

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Autore

  • E' ricercatore in Estetica all'Università di Padova e membro del gruppo di ricerca sull’immaginario «Orbis Tertius» dell'Università di Milano-Bicocca. Specializzato in cultura e pensiero sino-giapponese, ha tenuto conferenze in diverse università italiane e straniere, ed è stato visiting scholar presso l'università di Hong Kong. Ha tradotto e curato testi di Cassirer, Jullien, Merleau-Ponty, Nishida, oltre al trattato di Shitao, Discorsi sulla pittura del monaco Zucca Amara (Milano 2014).