Sanzioni e popoli indigeni

di Riccardo Mazzola

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Il morso che spezza, inteso come sanzione giuridica, può assumere valori diversi a seconda del contesto antropologico. Chiarire le distinzioni è utile in merito alla definizione del concetto di ‘legge’ rispetto alle nozioni di ‘consuetudine’ e ‘principio morale’.

Law has teeth, and teeth that can bite

Edward Adamson Hoebel [1]

Secondo l’antropologo Edward Adamson Hoebel sono tre le caratteristiche fondamentali che distinguono la legge [law] dalla consuetudine [custom] e dai principi morali [morals]:

(i)                   la forza [force];

(ii)                 l’autorità [authority];

(iii)                la regolarità [regularity]. [2]

Hoebel riconosce in particolare che il “sine qua non della legge” [“the sine qua non of law”] è costituito, in ogni tipo di società, dall’uso legittimo della coercizione fisica [physical coercion]. [3] Il sintagma “uso legittimo della coercizione fisica” assume in Hoebel un significato ben preciso:

è l’impiego di un potere fisico, attraverso minacce oppure di fatto, ad opera di una parte privilegiata, per una causa legittima, in un modo legittimo ed in un tempo legittimo. [4]

Secondo Hoebel, una norma sociale [social norm] è norma giuridica [legal norm] se ad ogni sua violazione consegue l’impiego di un potere fisico nei confronti del trasgressore, esercitato da un individuo (o da un gruppo di individui) munito di un privilegio sociale [social priviledge]. [5]

Sulla scorta di tali premesse, Hoebel riflette sulla natura di alcuni fenomeni sociali descritti dagli antropologi nel contesto delle comunità indigene. [6] In particolare, egli considera l’istituto della proprietà immateriale [incorporeal property] descritto per la prima volta dall’antropologo Robert Harry Lowie [1883-1957] nell’opera Primitive Society (1920). Attraverso il sintagma “proprietà immateriale” Lowie si riferisce al diritto proprietario esercitato da alcuni individui su beni immateriali, quali canzoni, racconti, tecniche medicinali.[7] Hoebel nega la natura “giuridica” della proprietà di beni immateriali presso le comunità indigene, attribuendo piuttosto ad essa una connotazione magico-religiosa: ciò poiché Lowie non menziona « richieste di danni, di inflizione di pene punitive, di discussioni condotte dinnanzi a corti primitive » [8] conseguenti alla violazione del diritto.

Considero in questo mio articolo un caso specifico di proprietà immateriale: la proprietà delle immagini sacre presso le tribù di Aborigeni australiani. La proprietà delle immagini consegnate dalle divinità ancestrali agli uomini è attribuita, in alcuni contesti, al clan nel suo complesso e non ad un singolo individuo: si tratta di un caso di proprietà collettiva. [9] È così, ad esempio, nel caso dei clan appartenenti alla tribù Yolngu, che abita una porzione del territorio australiano conosciuta come East Arnhem Land.

Vi sono due considerazioni a favore della natura “giuridica” della proprietà di immagini sacre presso gli Yolngu. In primo luogo, secondo alcuni antropologi, le norme Yolngu sono norme giuridiche a prescindere dall’esistenza di sanzioni, poiché il concetto aborigeno di “norma giuridica” muta rispetto alla relativa nozione nel pensiero giuridico occidentale. Ad esempio, l’antropologo Ronald Murray Berndt [1916-1990] ritiene che vi siano due elementi che caratterizzano i sistemi giuridici Aborigeni:

(i)       il riferimento ai modelli di comportamento descritti nei miti che raccontano le vicende delle divinità ancestrali (descritti, cioè, nel Dreamtime);

(ii)     il riferimento ai modelli di comportamento attribuiti convenzionalmente ad un individuo in virtù dei suoi rapporti di parentela (ad esempio: ad un individuo in quanto “padre” o “fratello”).[10]

Secondo Berndt tali elementi sono a tal punto connaturati alla psiche aborigena da scoraggiare comportamenti trasgressivi, a prescindere dall’esistenza di sanzioni. Ad esempio: è difficile che uno Yolngu decida consapevolmente di utilizzare un’immagine sacra contravvenendo ai precetti del diritto aborigeno, poiché così tradirebbe le divinità protettrici del clan. Lo stesso Hoebel, d’altronde, vede nel ruolo delle divinità un elemento di primaria importanza: egli afferma che «in molte culture primitive esse [le divinità] possono più propriamente essere intese come delle autorità che comminano delle sanzioni, operanti – per così dire – al livello di “equità” [equity] quando lo “stretto diritto” [common law] profano non è in grado di fornire dei rimedi».

La seconda considerazione che identifica la proprietà di immagini sacre con un istituto giuridico è invece di carattere empirico: l’effettiva esistenza di sanzioni, anche di carattere corporale, nei confronti dei trasgressori. Un esempio proviene da un documento giudiziale. Faccio riferimento in particolare al procedimento George Milpurrurru, Banduk Marika, Tim Payunka and the Public Trustee of Northern Territory v. Indofurn Pty Ltd et al., deciso con sentenza dalla Federal Court of Australia (Darwin) il 13 dicembre 1994. Il procedimento riguardava la pretesa violazione, da parte di una società vietnamita con sede a Perth, del diritto di proprietà sulle immagini sacre della tribù Yolngu, riprodotte senza autorizzazione su di una serie di tappeti. L’artista aborigena Banduk Marika, chiamata a testimoniare nel processo, descrive nel suo affidavit un complesso di sanzioni previste dal suo clan di appartenenza per l’artista che non avesse preservato la “sacralità” dell’immagine (in quel caso, consentendo che l’immagine venisse utilizzata da non-Aborigeni per scopi meramente commerciali):

In passato il trasgressore poteva essere ucciso. Oggi sono più probabili altre pene, come la preclusione dal diritto di prendere parte alle cerimonie, la rimozione del diritto di riprodurre dipinti di quella storia o di altre storie del clan, l’emarginazione dalla comunità, l’obbligo di pagare una somma di denaro [11].

Marika precisa tuttavia che, nei casi più gravi, l’artista possa ancora oggi essere condannato a morte.

Per approfondire il rapporto fra La Tigre di Carta e il mondo del diritto, consigliamo gli articoli di Giovanni Amedeo Conte e Wojciech Żełaniec


Note:

[1] Edward Adamson Hoebel, Man in the Primitive World: An Introduction to Anthropology, McGraw-Hill, New York, 1949, p. 364.

[2] Ibidem.

[3] Ibidem.

[4] Ivi, p. 363 (traduzione mia).

[5] Edward Adamson Hoebel, Il diritto nelle società primitive: uno studio comparato sulla dinamica dei fenomeni giuridici (traduzione italiana di Antonino Colajanni), Il mulino, Bologna, 1973, p. 28. Alcuni autori affermano che, sebbene Hoebel intenda distinguere la legge dalla consuetudine, egli tuttavia non fornisca una definizione di quest’ultima. Cfr. ad es. Kenneth Maddock, Sceptical Thoughts on Customary Law. In: Waking Up to Dreamtime. The Illusion of Aboriginal Self-Determination, a cura di Gary Johns, Media Masters, Singapore, 2001, p. 120.

[6] Utilizzo qui “indigene” al posto di “primitive” [primitive].

[7] Cfr. ad es. Robert Harry Lowie, Primitive Society, Routledge, London, 1920, pp. 224-232.

[8] Edward Adamson Hoebel, Il diritto nelle società primitive: uno studio comparato sulla dinamica dei fenomeni giuridici, cit., p. 99.

[9] Per quanto, in realtà, la descrizione del rapporto tra individui e immagini sacre come “diritto proprietario” appaia tuttalpiù una riduzione in termini giuridici di un’esperienza umana più ampia. Sul tema è in corso una mia ricerca. Cfr. preliminarmente, ad es., Michael Fobes Brown, Who Owns Native Culture?, Harvard University Press, Cambridge (Mass.), 2003.

[10] Roland Murray Berndt, Law and Order in Aboriginal Australia. In: Aboriginal Man in Australia, a cura di Roland Murray Berndt e Catherine Helen, Angus and Robertson, Sidney, 1965, p. 169. Berndt, in ogni caso, individual anche l’esistenza di vere e proprie sanzioni di carattere corporale.

[11] Citato nella sentenza Milpurrurru, p. 5 (http://www.case.edu/affil/sce/authorship/milpurruru.pdf.).

Autore

  • Dopo la laurea in Giurisprudenza, svolge un dottorato presso la cattedra di Filosofia del Diritto dell'Università degli Studi di Milano, per un progetto di ricerca che combina la teoria del diritto con l'antropologia sociale.