Quando un macaco ha fame

di Filippo Scacchi

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Animali più o meno sociali, vantaggi e svantaggi delle decisioni di gruppo. I rapporti all’interno dei branchi sono più complessi delle apparenze e non sempre i loro leader sono i membri più forti o autoritari.

 In un mondo di persone che si svegliano all’alba per andare in ufficio, che si vestono con abiti scomodi e impersonali, che ogni giorno intraprendono viaggi interminabili per raggiungere il proprio posto di lavoro e che faticano per uno stipendio insufficiente, esiste un piccolo gruppo, elitario e misterioso, che ride delle convenzioni a cui queste persone si sottopongono. Questi sono gli etologi, o studiosi del comportamento animale: queste persone si svegliano all’alba (quando sono fortunate e non studiano un animale dalle abitudini notturne), si vestono con abiti scomodi e spesso maleodoranti, si sottopongono a viaggi interminabili in condizioni spesso disagevoli, per il dubbio onore di passare la giornata accovacciate nel fango ad osservare un gruppo di babbuini intento a spulciarsi o uno stormo di pappagalli decidere su quale albero posarsi per passare la notte. Essi fanno il lavoro più bello del mondo. Per molti di loro studiare il comportamento degli animali scaturisce dalla più banale e comune delle cause: la necessità di capire perché. E come. Perché quest’albero e non un altro? Perché alcuni babbuini sono spulciati più di altri? Come fa uno sciame di formiche a coordinarsi per portare a termine un compito? Gli etologi vivono in un mondo pieno di domande che si pongono solo loro. Se anche voi avete sentito, in qualche momento della vostra vita, la chiamata della musa delle scienze naturali avete probabilmente risposto osservando qualche animale nel suo ambiente naturale. Vi sarete sicuramente resi conto che quasi tutti gli animali presentano comportamenti sociali, più o meno complessi, più o meno stabili; a un estremo troviamo gli animali prettamente solitari, che si riuniscono eventualmente solo per le attività legate alla riproduzione e subito dopo si separano, all’estremo opposto troviamo gli animali cosiddetti sociali, che vivono la loro intera vita in un gruppo di conspecifici. In mezzo c’è l’infinito spettro della variabilità naturale. Questa variabilità non è casuale ma è il risultato del delicato equilibrio fra due diverse forze: il vantaggio che un animale avrebbe ad essere solitario (maggiore possibilità di foraggiamento, minore competizione) contro il vantaggio che avrebbe ad essere sociale (minor rischio di predazione, maggiore possibilità di riprodursi). Specie diverse, e a un certo livello individui diversi, trovano questo equilibrio in punti diversi. Gli animali sociali si trovano quotidianamente a dover prendere un gran numero di decisioni di gruppo: al livello più semplice ciò comporta il coordinamento delle attività e della direzione di viaggio. In gruppi d’insetti, uccelli e pesci, molto di questo coordinamento può essere il risultato di modelli d’interazione relativamente semplici tra i membri del gruppo. Tali sistemi sono auto-organizzati, e spesso non richiedono capi specifici o seguaci. Tuttavia, in gruppi socialmente più complessi ciò non basta per ottenere un’azione collettiva; il consenso può essere raggiunto attraverso la media delle preferenze (democrazia), o seguendo le scelte di leader specifici (dispotismo). Abbiamo già visto i costi e benefici della socialità per gli animali, tuttavia perché gli individui possano massimizzare i benefici e minimizzare i costi, sono tenuti a essere coordinati almeno in parte nelle loro attività. Al livello più basilare questo richiede che membri del gruppo non intraprendano attività tali da comprometterne la coesione: per esempio avviando un’attività di foraggiamento mentre il resto del gruppo rimane ad un sito di riposo. Coordinarsi nelle attività può comunque presentare un costo per l’individuo se gli richiede di rinviare un’azione che gli sarebbe vantaggioso compiere in questo momento per adeguarsi a quello che il resto del gruppo sta facendo. Immaginate per un momento di essere un babbuino: è notte ed avete fame, il resto del branco sta dormendo e non ha nessuna intenzione di muoversi prima dell’alba. Ovviamente posticipare l’attività che vorreste fare adesso (mangiare) per assecondare ciò che sta facendo il gruppo (dormire), presenta un costo, ma separarsi dal gruppo presenta anch’esso un costo (da soli si è molto più vulnerabili che in gruppo). Che fare quindi? Se non state morendo di fame vi conviene aspettare che il resto del gruppo si svegli, ma se non potete aspettare, potete provare a convincere il branco a seguirvi adesso. A volte il leader non è necessariamente l’individuo migliore o il più forte, ma semplicemente quello che ha più fame. È evidente quindi che in ogni decisione sociale è presente un conflitto d’interessi, in quanto ogni possibile alternativa comporta un costo per gli individui coinvolti, e ci si aspetterebbe che il gruppo scelga la soluzione che comporta il minor costo medio per gli individui, seguendo un principio che potremmo definire democratico. In alcuni animali si osserva effettivamente che il corso d’azione scelto sembra risultare dalla media delle preferenze, ma altri presentano comportamenti chiaramente dispotici; a volte specie biologicamente molto vicine esibiscono atteggiamenti agli antipodi. Per esempio si è osservato che i Macachi Rhesus (Macaca mulatta) sono una specie altamente gerarchica e clientelare , mentre i Macachi di Tonkean (Macaca tonkeana) sono spesso più tolleranti ed egualitari in natura (Thierry 2004; Sueur e Petit 2008). Sueur e Petit hanno esaminato l’organizzazione del branco in cammino nelle due specie e trovato che il modo in cui i macachi si dispongono riflette i differenti sistemi sociali: nei Macachi Rhesus i maschi anziani e più dominanti erano spesso alla guida del branco, al contrario i macachi di Tonkean sembravano muoversi senza un ordine specifico. Queste osservazioni suggeriscono che i Macachi Rhesus dominanti hanno un’influenza particolarmente forte sul comportamento del gruppo, e un ruolo che può sicuramente essere descritto come leadership.

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Un recente studio condotto da King (King et al. 2008) sembra confermare le previsioni di Sueur e Petit che le relazioni sociali possano avere una grande influenza sulla capacità di un individuo di agire come un leader, e dettare il comportamento dei compagni di gruppo. Nell’esperimento venivano costruite alcune patch alimentari sperimentali nel territorio di due branchi di babbuini. Nelle zone sperimentali l’assunzione di cibo tra i membri del gruppo era molto asimmetrica, in modo che una minoranza di membri del gruppo (dominanti) avesse accesso a grandi quantità di cibo, mentre la maggior parte dei membri del gruppo (subordinato) ne ottenesse molto meno. Al contrario, in zone naturali, l’assunzione di cibo individuale è solitamente diffusa in modo relativamente uniforme tra i membri del gruppo. Ci si aspetta quindi che i gruppi scelgano una patch sperimentale su di una naturale solo se gli individui dominanti sono in grado di agire come leader, e suscitare comportamenti da seguace nei subordinati. Se invece gli individui dominanti non sono in grado di agire come leader, allora i gruppi dovrebbero scegliere le patch naturali al posto di quelle sperimentali. Si è osservato che i gruppi di babbuini visitano costantemente le patch sperimentali, e che gli individui che seguono più fedelmente i maschi dominanti sono quelli che condividono con questi i legami sociali più forti. Non si sono mai osservati comportamenti coercitivi da parte degli individui dominanti. Tale comportamento è sconcertante, perché ci si aspetterebbe che comportamenti egualitari vengano selezionati su comportamenti dispotici nella maggior parte delle situazioni (perché comportano un costo complessivo minore). Sueur, Petit e King hanno dimostrato sperimentalmente che i legami sociali sembrano essere la chiave per interpretare questi modelli di comportamento. Ma perché il desiderio di seguire un membro di status sociale alto è così forte? È probabile che associarsi al maschio dominante porti un vantaggio diretto alle femmine e alla loro prole, nei termini di maggior difesa dalla predazione e aumento della sopravvivenza infantile, tale da superare i costi a breve termine. In un altro esperimento (Flack et al. 2003), venivano temporaneamente rimossi gli individui dominanti da un branco di Macachi Nemestrini (Macaca nemestrina). Si è osservato che la loro rimozione ha comportato riduzioni drammatiche nelle dimensioni e la connettività delle reti sociali, e di fatto de-stabilizzato i gruppi sociali. Le dinamiche sociali sono un argomento altamente complesso e da non affrontare con leggerezza, e questo breve articolo non ha nessuna pretesa di completezza. Il tema è particolarmente delicato quando si compie il tentativo di applicare le osservazioni dell’etologia alla specie umana. Se tale tentativo è possibile, o anche solo sensato, non è argomento di questa rubrica, e sicuramente esula dalle capacità del suo scrittore; il quale si limita volentieri a studiare quegli animali che non si sentono offesi ad essere paragonati a degli animali.


Bibliografia:

  • Thierry B, author. Macaques Societies: A Model for the Studies of Social Organization. 2004. Cambridge: Cambridge University Press; p. 267–284
  • Sueur C, Petit O, authors. Organization of group members at departure is driven by social structure in Macaca. Int J Primatol. 2008;29:1085–1098
  • King AJ, Douglas CMS, Huchard E, Isaac NJB, Cowlishaw G, authors. Dominance and affiliation mediate despotism in a social primate. Curr Biol. 2008;18:1838
  • Flack JC, Girvan M, De Waal FBM, Krakauer DC, authors. Policing stabilizes construction of social niches in primates. Nature. 2003;439:426–429. [PubMed]

Autore

  • Laureato in Scienze Naturali e appassionato di subacquea, è scappato sei mesi alle Maldive. Lui sostiene che stesse facendo un master, le foto con tartarughe e squali sostengono il contrario. È uno dei redattori interni della rivista e gestisce la rubrica di Biologia.